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30 anni senza Beppe

 


 
(
30 ottobre 2019)   

 

Beppe Niccolai era un Missino Eretico, ricordato pochissime volte nelle celebrazioni dai vari convegni o nella storiografia d’area, era scomodo come tutte le coscienze critiche che si opponevano ad un repentino cambiamento della destra che invece di parlare al popolo si apprestava ad indossare il doppiopetto. Beppe era un pisano di ferro, uno di quei personaggi che Dante avrebbe destinato ad un ruolo di vituperio delle genti, ma vituperio solo sul piano delle idee provocatorie, era in realtà un personaggio amabile, ben lontano sia da Almirante che da Rauti, custodiva con gelosia i quaderni di Berto Ricci, il fascista Ribelle!

Pietrangelo Buttafuoco così lo ricorda: «Odiava la pesca delle occasioni, non avrebbe mai cavalcato la protesta del popolo delle tasse o la guerra dei tassinari e le sollevazioni dei bottegai».

Era ben lontano dal prototipo di fascistone prepotente con le granitiche certezze. Fu volontario in Africa e poi prigioniero nel Fascists’ Camp di Hereford, per fedeltà al suo Fascismo.

Apprezzato quasi più dagli avversari, Leonardo Sciascia così si espresse ad una televisione francese: «La sua relazione in Commissione antimafia è una cosa seria».

Era il fulcro di un giornale toscano, "L’eco della Versilia" in cui raccontava di un lascito ideologico di Benito Mussolini, oramai prossimo alla sconfitta che invitava i Camerati ad aderire al Partito socialista di Pietro Nenni.

Nel 1988 aveva fatto approvare alla direzione del MSI un documento contro i potentati economici dal contenuto duro ed anticapitalistico, fu approvato con vivo entusiasmo dalla Direzione missina, poi Niccolai sulle pagine del "Corriere della sera" raccontò che quel documento era stato ripreso da un comitato centrale del PCI; tali dichiarazioni scatenarono l’ira funesta dell’allora neo segretario missino Gianfranco Fini che lo espulse dal partito. Fu poi riammesso per dovuta intercessione di Giuseppe Tatarella da sempre portatore di armonia interna nel partito. Questo coraggioso gesto non rappresentava affatto una beffa ma era un modo per far comprendere come oltre alle storiche divergenze con la sinistra vi erano però punti che accomunavano le due aree politiche.

Concludiamo questo ricordo con una lettera che Beppe scrisse, prima della sua improvvisa morte, al Secolo d’Italia; una lettera mai pubblicata perchè oramai il partito stava prendendo la via conservatrice che da AN si trasformò poi in PDL un decennio più tardi, e questa lettera era scomoda perchè era un saggio sull’odio politico: «Far fuori l’altro, lo sconosciuto, il rosso o il nero, rientra nella necessità di mettere a tacere il nemico, il barbaro, l’altro a cui è tolto ogni valore, primo fra tutti quello di essere uomo, erano quelli i tempi in cui le bombe teleguidate e moderate aiutavano questo disegno, che se si fa caso, ha contrassegnato la storia dell’Italia repubblicana, dalla prima strage di Portella della Ginestra a seguire (…) Ma l’Italia più bella, quella di ieri e quella da costruire è proprio quella dei pazzi. Primi fra tutti i Santi e gli Eroi. Non quella che sta alla finestra in attesa, a cose fatte, di appendervi gli scalpi di coloro che alla finestra non sono mai stati».

 

In ricordo di Beppe Niccolai (Pisa 26 novembre 1920 - Pisa 31 ottobre 1989).

Fonti: Marcello Veneziani, Luca Telese, Pietrangelo Buttafuoco.

 

(30 ottobre 2019)