L'ADDIO
Un dovere che ti dobbiamo Enzo Capaldo Caro Niccolai, diverse volte ci siamo scritti, non molte purtroppo perché ci siamo conosciuti tardi, e tu pubblicavi sempre le mie lettere, anche quelle che volevano essere personali per te. Perché questa era la tua principale caratteristica: l'assoluta trasparenza tra il «pubblico» e il «privato», la totale identificazione della tua moralità con la tua qualità di uomo e di scrittore politico. Ancora una volta oggi ti scrivo e sarà l'ultima, con l'animo e la sincerità di sempre perché tu meriti sincerità come nessuno, ma non sarai tu a pubblicare. Te ne sei andato e non ti rimpiangeremo mai abbastanza perché un altro uomo come te non sappiamo proprio dove trovarlo, ma anche e soprattutto perché hai lasciato incompiuta la tua opera ed essa era la cosa più importante e decisiva che si possa immaginare per l'avvenire del MSI, quindi, di un «Italia in cui valga la pena di vivere»: ed era la «coltivazione» ideale dei giovani, la loro educazione a fare dell'impegno politico una responsabilità morale, e di questa responsabilità lo strumento per una crescita del partito fondata non sulla vuotezza delle parole o sulla scalata degli organigrammi interni ed esterni, ma sulla severità della preparazione degli uomini, sulla loro capacità di sacrificio per i fini della Comunità, sulla pulizia dei propositi e dei comportamenti. Che è la sola crescita reale e possibile, come i risultati elettorali ora dimostrano. Chi ha vissuto attivamente nel MSI di quaranta o trent'anni fa e lo confronta con quello odierno, di una cosa soprattutto si stupisce e si addolora: che esso abbia perduto la quantità, il fervore, la qualità dei giovani che allora riempivano le sue sedi. Ricordo lunghe riunioni e conversazioni intense di attenzione, appassionati dibattiti, decine di occhi intenti a riscontrare nelle parole, nei comportamenti degli anziani che avevano vissuto il fascismo, la conferma delle loro attese, delle motivazioni che li spingevano a credere, ad offrire sé stessi al Movimento fino al sacrificio. E ricordo certi attivismi e volontarismi quasi eroici nelle campagne elettorali, tra maneggi di manifesti, pennelli, barattoli di colla e di colori nelle spedizioni di affissione notturna, che non erano sempre senza rischi per l'incolumità fisica, come sarebbero oggi se ve ne fossero ancora. Non esistevano distinzioni formali e «sviluppi separati» tra giovani e meno giovani, allora, né tanto meno contrasti generazionali. Si faceva quasi tutto in comune, si era davvero una comunità-vivente nella «religio» dello stare insieme che tu, Beppe, invocavi nel tuo straziante ultimo scritto -«Pietà!»- che rimane il tuo testamento spirituale e insieme una impressionante premonizione di congedo. Di giovani come tu li pensavi, ferreamente motivati, culturalmente capaci, disposti all'impegno e al sacrificio senza presentare il conto il giorno dopo, ha urgentemente bisogno il MSI per invertire la rotta che lo sta allontanando dal consenso degli Italiani; non certo di fieri fusti che gridano «boia chi molla» nei comizi e nei funerali, o di accorti carrieristi che s'impegnano solo se e quando gli conviene nella caccia agli incarichi e ai voti. E dei giovani validi, utili per il partito e non per sé stessi -che ci sono, ci sono anche oggi, per saperlo basta leggere le lettere che arrivano dalla base a "L'Eco della Versilia" e ad altri periodici di periferia-, tu eri la speranza, l'orgoglio, il punto di riferimento a qualunque «corrente» appartenessero, perché i giovani hanno un fiuto infallibile nel discernere tra il Maestro e il ciarlatano, tra il Missionario e il carrierista, tra l'Uomo e l'ominicchio. Tu stavi portando, o riportando, o affezionando al MSI i giovani di questo tipo, ed è quest'opera che viene a mancare con la tua morte: ed è una cosa tragica, perché un partito povero di giovani, e anzitutto di giovani che pensano, che non si adattano al conformismo e non rinunciano al diritto di battersi per le proprie opinioni anche se sono scomode per i «principali» di turno, di giovani che non concepiscono il partito come una professione da coltivare per sé e la famiglia, ma come struggente idea-forza da proiettare nella Nazione per smuoverla e renderla migliore; un partito povero di giovani così è fatalmente destinato all'estinzione. Te ne sei andato, caro Niccolai, e hai lasciato orfani questi giovani che sono la sola semente valida per il futuro del MSI. Tu eri schivo e modesto, ti saresti magari arrabbiato se ti avessimo detto che eri un Maestro. Non lo sapevi e non ci tenevi, ma era così, e da tutta Italia (ora lo sappiamo ancor meglio di prima) essi ti seguivano nei tuoi scritti, nelle tue conferenze, nei tuoi interventi ai congressi grandi e piccoli, trovando sempre in te qualcosa di loro. Ora che sei Lassù, ancora una cosa essi ti chiedono: di dare ai tuoi amici, ai tuoi camerati migliori la forza, le idee, i mezzi per trovare il modo di continuare in nome tuo l'opera che hai dovuto interrompere: far «crescere» il partito in quello che più conta e che esso ha di più prezioso: la sua gioventù. Troppa storia e troppa passione italiana, troppo patrimonio ideale e sangue di Caduti antichi e recenti stanno dietro il MSI perché esso possa contentarsi di essere un partitino tra gli altri, con la sola funzione di mandare e mantenere in Parlamento, nei consigli regionali, comunali e altri simili luoghi, qualche decina di uomini più o meno retribuiti a spese del contribuente. Per questo è stato fondato? Farà comodo a loro, ma a che serve per l'Italia? Ti abbraccio, Enzo Capaldo |