INTERVISTE

Quale partito costruire

intervista a cura di Mario Bernardi Guardi

Ci siamo rivolti a Mario Bernardi Guardi -intellettuale di area, storico, collaboratore di prestigiose testate- affinché esprimesse il proprio ricordo di Beppe. E Mario, suo carissimo amico, vi ha aggiunto qualcosa: un inedito. Alcuni quesiti postigli da Beppe immediatamente dopo il XV Congresso di Sorrento. Meditiamoli insieme. Domande e risposte potrebbero essere tesi da confrontarsi nelle assise di Rimini, a gennaio.

 

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D. - Quali eresie e trasgressioni avrebbe (o dovrebbe) commettere il MSI?

R. - Il MSI nasce da una eresia: l'esperienza della Repubblica Sociale Italiana. Si può discutere quanto si vuole su ciò che nella RSI vi fu di forzato, di condizionato dalla storia, dalle circostanze (eventi bellici, rapporti con i tedeschi, venir meno del sostegno dato al Fascismo da gruppi, organismi, correnti di opinione, che avevano sostenuto la «normalizzazione» mussoliniana), ecc., ma è indubbio che, forse per la prima e unica volta nella storia d'Italia, una scelta viene vissuta con tanto pathos ideologico, con tanta convinzione -certamente non da parte di tutti, ma da parte di molti- di rappresentare un'idea totalizzante di società, di Nazione, di Europa. Il mondo dei «Repubblichini» gioca tutto sé stesso sul banco di un grande azzardo storico: l'avventura di chi, pur impegnato nelle atroci contingenze della guerra e della lotta civile, disegna o magari percepisce, intuisce, sogna una realtà politica di rottura o, quanto meno, di superamento. Delle vecchie categorie di Destra e di Sinistra in nome dello Stato sociale, che si pone come Stato di tutti e che chiede sacrifici e promette un destino nella misura in cui è Stato di tutti. Una comunità fortemente caricata di ideologia e di passione, segnata dall'idea della Terza Via, da volontà sacrificale, da miti d'azione che danno senso all'esistenza del singolo e lo fanno sentire parte di una pulsante realtà organica: l'Italia. Quella dilaniata, quella che soffre, quella che si deve fare: anche con l'apporto delle energie creative che possono venire dal fronte opposto, dalla Resistenza, e che molte volte hanno i loro referenti, guarda caso, nel dibattito che si è sviluppato dentro il Fascismo. Ereditando la lezione della storia italiana, coniugando e oltrepassando le antitesi, la RSI può diventare l'Italia. Nel travaglio feroce della lotta è un sogno, nella mente di chi non si ferma all'oggi è un disegno, un progetto, magari fumoso in certe sue linee, via via da aggiustare, ma già con certi suoi contorni.

Ora, la ragione della nascita e dell'esistenza del MSI mi sembra consistesse nell’obbligo etico e politico di trasformare in realtà di tutti e per tutti gli Italiani il sogno-disegno dei combattenti repubblicani. Ebbene, se questo non è avvenuto, le colpe vanno equamente divise tra la cecità e il livore della fazione antifascista, e l’ottusità e la miopia di un neofascismo oscillante tra nostalgismo reducistico, compromessi col regime democristiano, anticomunismo viscerale, atlantismo sfegatato, moralismo bigotto, ecc. Non tutto il MSI è stato questo ed è da quarant'anni che si ripropongono i termini del dibattito su ciò che il MSI doveva o dovrebbe essere; ma il MSI che ha imposto la sua immagine, il MSI che ha prevalso è stato soprattutto questo: una Destra nazionalista, clericale, benpensante, fondamentalmente venticinqueluglista, certamente non in sintonia con lo spirito e il magistero della fronda fascista durante il Ventennio, altrettanto sicuramente non in sintonia con la lezione dei disperati pieni di speranze di Salò.

La prima trasgressione da commettere? La rivendicazione piena, nei fatti, del ruolo di movimento sociale, interprete non di una parte, ma di tutta la Nazione.

 

D. - Il significato del 40° (1946 - 1986): cosa è stato?

R. - Nostalgismo, liturgia, buoni propositi, qualche ottima conferenza, senza alcuna volontà di sbocchi politici capaci di incidere sulla realtà, di cambiarla, di travolgerla.

 

D. - L'immagine, l'identità del MSI fra la gente: quale?

R. - Ogni missino (o quasi) è portatore di una idea circa l'eredità fascista: lo sappiamo. Non lo sa, o lo sa poco, la gente per cui l'immagine del MSI è quella che ha prevalso (vedi sopra)

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D. - La sopravvivenza «elettorale» ha sommerso ogni cosa?

R. - Non vorrei rispondere con un brutale «si»: può darsi che la classe dirigente, coloro che hanno vinto nel MSI e avvinto il MSI, abbiano avuto una sincera intenzione di far politica. Ma quale politica hanno fatto, per chi, in nome di che cosa? Dove è andata, dove va, dove andrà questa politica? Forse serve a conservare un partito, facendogli seguire di volta in volta umori e interessi contrapposti (da Reggio Calabria ai bottegai ...): certamente non serve all'Italia, non serve l'Italia.

 

D. - Eresia, trasgressione, tradimento del fascismo. Il pensiero del tradimento arresta l'eresia che pur ve ne sarebbe bisogno. Perché la trasgressione-eresia di Mussolini del novembre 1914 fu, da molti, anche fascisti, definita tradimento? Quale preoccupazione dominante fu in Mussolini in quei giorni? Perché il complesso del tradimento pesa molto in casa missina? Tradimento? Ma verso chi e che cosa?

R. - Tradimento, in senso politico, significa venir meno, per proprie scelte opportunistiche o per condizionamenti esterni di varia natura, ai motivi ideali che hanno animato le nostre scelte, significa rinnegare il senso e il valore di una milizia, significa dimenticarsi, annullare la memoria storica di sé, di fronte a gratificanti prospettive di successo. Vedo invece trasgressione ed eresia in termini di un superamento, di una strategia dell'oltre, dove ci sono dentro il come eravamo e il come dobbiamo essere non in contrasto, ma in logico sviluppo con i precedenti della nostra battaglia. Direi che la trasgressione è necessaria, quando l'Idea viene meno alle sue potenzialità creative e cerca di rimpolparsi col dogmatismo, col sentimentalismo, con la retorica; trasgressione ed eresia sono allora le condizioni uniche per salvare l'Italia, avvilita da interessi meschini, da compromessi, ecc.; isterilita, boccheggiante, con potenti iniezioni di verità e di spregiudicatezza. Significa dare -ridare- all'Idea i contenuti e la dignità che hanno accumulato, metterla di fronte all'attualità, verificando la bontà dei princìpi, la capacità dei princìpi di tradursi in fini, in mete politicamente (alta politica non bassa cucina elettorale) vincenti.

Mussolini traditore? Contro chi supera e, quindi, provoca (cioè chiama a dibattere e a riveder le bucce a tutto) ci son sempre state e sempre ci saranno accuse. Potranno venire dai mestieranti della politica, da chi ha la vista corta, anche dagli idealisti puri che però non capiscono che l’eresia è riattivazione dell'origine (è ossigeno), non è rinnegamento. L'eresia maciulla i dogmi perché i dogmi sono diventati gabbie per i princìpi. Da una parte. Dall'altra, l'eresia sconvolge i paesaggi del dilettantismo politico, dell'affarismo, del compromesso. L’eresia è medicina per un corpo che si abbandona al languore o che cerca di nascondere il sudicio di una malattia mortale con abbondanti dosi di biacca e rossetto.

Il MSI non ha il complesso del tradimento ma la paura della continuità intelligente; non sa essere il fascismo degli anni 2000 e cerca di salvare la memoria storica con i piagnistei e gli appelli; è spesso complice del regime e nasconde complicità e compromessi agitando bandiere e urlando parole d'ordine a cui sono tutti sensibili. Si tirano fuori roboanti appelli al fascismo, per non fare il fascismo, per non essere fascisti.

 

D. - Perché dopo una gestione di quasi vent'anni di Giorgio Almirante, al momento della sua successione, i suoi successori si rendono frammenti?

R. - Nel bene e nel male, Almirante ha saputo creare aggregazione, ha saputo parlare, muoversi con abilità in mille circostanze, lanciare appelli suggestivi (ma non di alta politica) al momento giusto. Sotto di lui non c'è una classe dirigente: ci sono, in fondo, uomini che rispolverano le diverse vite dell'Almirante politico: dalla riattivazione dell’esperienza di Salò alla grande Destra neoconservatrice. Ogni corrente del MSI finisce col riattaccarsi a un Almirante: il sovversivo degli anni Cinquanta, o quello che nei primissimi anni Settanta faceva l’occhiolino agli extraparlamentari di Destra, o quello che appena qualche anno dopo accoglieva a braccia aperte massoni, conservatori, monarchici, clericali, comunisti travestiti da liberali scettici (Plebe), ecc., nella Destra nazionale. 0gnuno combatte contro Almirante -o difende Almirante- in nome di un suo Almirante. Manca il progetto politico, la volontà di rifondazione reale, l'impegno a rispondere ai problemi che sono sul tappeto in termini non evasivi, la spinta a creare una classe dirigente che faccia politica e non oscilli tra polemica, reducismo, accomodamento.

Il chi siamo, il dove andiamo, il con chi stiamo esigono risposte unitarie. Nel MSI non può continuare ad esserci per l'eternità tutto e il contrario di tutto. Ci vuole una politica capace, anche, di mandare ognuno a casa sua. Vincerà un MSI che dirà: io sono questo. Di volta in volta posso collaborare con Tizio o Caio, ma da pari a pari: restando il fatto che io sono questo. Non questo e quest'altro. Il nuovo segretario dovrà avere il coraggio di strappare le troppe facce, per salvare l'anima: ed è quest'anima che significa politica vincente.

 

D. - L'anticomunismo: quale eresia concettuale e politica compiere nei suoi riguardi, visto che il vecchio logoro anticomunismo è superato?

R. - Il comunismo ha fallito. Come comunismo ha fallito. Ha vinto come logica di conservazione, come imperialismo, come nazionalismo. In Occidente ha vinto quando ha interpretato degli interessi o dei disagi o delle attese di cambiamento di varia natura; quando ha indossato la dignità, la diversità, il rigore. Ma più in termini etici che in termini politici. Perché politicamente un comunismo consequenziale alle proprie radici marxiste non ha da dare risposte. Marx è un profeta che non ha più neppure un pelo alla barba. Come essere anticomunisti? Lavorando in termini politici, economici, spirituali, morali -e riattivando, anche in questo senso, la lezione delle eresie fasciste- per far capire alla gente che il nostro progetto di società nuova, di Italia diversa, di altra Europa è il solo rivoluzionario. Perché recupera l'uomo nella sua integralità e fa della comunità un organismo vivente.

Che sia tutto maledettamente difficile a tradurre in ipotesi di lavoro e in formule politiche, è vero. La gente sguazza nel consumismo, i modelli non sono più i Che Guevara, ma i grandi capitalisti; e i giovani credono nel denaro e nel successo. Ma i movimenti (da CL ai Verdi) che costantemente attraversano lo scenario apparentemente opaco della nostra società ci dicono che esistono dei fermenti; e che questi fermenti possono essere interpretati, rappresentati, tradotti in proposta politica non rapsodica o qualunquistica, ma fondata. Una Proposta che parta dal passato, che non tema di parlare di valori, che convinca di avere un avvenire perché portata avanti da persone che non solo fanno colore politico (come i Verdi o gran parte di loro) ma hanno una politica di vasto respiro da proporre. Una politica che con chiarezza dica dei si e dei no: si fa questo sulla base di, si fa questo perché, si fa questo in funzione di. Un radicalismo senza utopie. Il radicalismo realista delle grandi lezioni della Storia e della Tradizione ripensata: con amore furioso e critica spietata.

intervista a cura di Mario Bernardi Guardi

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