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"L’Eco della Versilia", n° 1 Anno XX 15 Febbraio 1991 «Caro Antonio, nel 1981, quando fui eletto la prima volta, l'indimenticabile Beppe mi dette la lettera allegata e l’intervista, dicendomi: «Speriamo che tu possa rilevare qualcosa di diverso». Sono alla 2ª Legislatura, sono trascorsi 21 ami dalla nota di Beppe... ti assicuro che nulla è cambiato. Anzi. Un caro saluto». Altero Matteoli * * * All'On. Giuseppe Niccolai Camera dei Deputati Roma «Caro Niccolai, cinque anni fa, dopo un anno di vita parlamentare, ti chiesi per "Concretezza" (*) alcune impressioni. Vorrei conoscere ora se il tempo successivamente decorso ti ha confermato nell'opinione di allora o se hai dovuto rettificarla o integrarla. Cordiali saluti». Il Direttore di
"Concretezza" * * * Giuseppe Niccolai BUIO A MEZZOGIORNO Se la mente va ai «servizi» di Montecitorio, da quelli postali, di ristoro, a quelli «igienici», l'esperienza è stata di gran lunga superiore ad ogni aspettativa. Per il resto «buio a mezzogiorno». In aula sono intervenuto parecchie volte. Monologhi. In un deserto agghiacciante, davanti un membro del governo immerso in altri pensieri. In Commissione non sono riuscito ancora a conoscere il ministro. Dicono che è un «capo corrente» e come tale è esonerato dall'occuparsi dell'amministrazione del suo dicastero. Ho conosciuto invece due sottosegretari. Bei tipi. Si sostituiscono a vicenda. Specie quando l'altro è occupato in riunioni di corrente. Che accade? Accade che non conoscendo i precedenti delle «pratiche» (questa è la loro giustificazione) o chiedono il rinvio, o si rimettono ai dati e ai chiarimenti forniti dagli altri membri della Commissione. Bello, no? Il governo che chiede lumi ai deputati su proposte di legge da lui stesso presentate! In quanto alla documentazione circa le pratiche di discussione, peggio che andar di notte! Il deputato, per documentarsi deve sudare le classiche sette camicie e quasi mai ci riesce. Nei consigli comunali viene messo a disposizione tutto il fascicolo. Il consigliere comunale trova tutti i precedenti nella pratica. Nel Parlamento no. Al deputato arriva solo l'ordine del giorno di convocazione della Commissione con le proposte di legge allegate. Punto e basta. Se vuole sapere di più, se non vuole fare la comparsa e votare «senza sapere quello che fa», deve mettersi in moto e cercare. Affannosamente. Se poi per caso, si propone di sapere qualcosa che riguarda il funzionamento interno della Camera (gli accordi sulle indennità, su certe spese, sul funzionamento delle Commissioni di inchiesta, ecc. ...) è peggio ancora. Come un riccio l'ambiente si chiude, ringhia e diventa più impenetrabile di una base atomica. Ho potuto, per altro, svolgere pratiche per gli elettori presso i ministeri? Nemmeno per sogno. I ministeri quando non erano in sciopero, erano occupati. Nulla da fare. Ho potuto conferire con qualche membro del governo onde illustrare alcuni «casi» angosciosi del mio collegio? Peggio che chiedere di conferire con la regina Elisabetta. Se sono riuscito ad agguantare (l'espressione è esatta) qualcuno in aula, fatica sprecata. Il signor ministro, distratto, assente. Aveva altro da pensare: la crisi socialista, il Congresso, la riunione di corrente. E chi è questo «novellino» che mi viene a scocciare su problemi concreti del collegio? Ma che, sono questi i momenti di parlare di queste cose? Glielo si leggeva in faccia al signor ministro. Le interrogazioni? Ne ho fatte tante. Da ricevere addosso l'ironia dei rotocalchi italiani. Ma questo era scontato. Per le interrogazioni ho preso anche dei rimproveri. Perché, hanno detto, non erano redatte in termini parlamentari; perché contenevano delle ironie. Ho fatto il mio esame di coscienza. Non sono riuscito a darmi torto. Il governo, se risponde, risponde con enorme ritardo, quando l'interrogazione, travolta dai fatti, superata, non ha più senso. E le risposte? Il più delle volte insultanti su come i fatti denunciati vengono manomessi, distorti. E allora? Se il Parlamento non riesce, come i fatti dimostrano, a dar vita o morte ai governi (a questo ci pensano le segreterie dei partiti o, meglio, le correnti), se il Parlamento non controlla, se il Parlamento legifera non documentando i parlamentari, se i ministri pensano a tutto fuorché alle «cose» del proprio dicastero, se i sottosegretari rinviano le pratiche perché «si devono documentare», se i parlamentari sono gli ultimi ad essere informati delle «decisioni» che contano e che, normalmente, si prendono fuori dall'aula di Montecitorio, ecco la domanda: Qual è la funzione del deputato? Io non sono riuscito ancora a saperlo. Ne sono addolorato. Ecco: se dovessi definire, in una parola, di che cosa soffre il deputato, risponderei: impotenza. La colpa è certamente mia se non riesco ad intravvedere spiragli. Vuole essere così gentile il direttore di "Concretezza", che ne sa più di me (e di gran lunga), di spiegarmi in che consistono i compiti del parlamentare? Gliene sarei, tanto grato. E una cosa ancora: dove sta il potere, signor direttore? Giuseppe Niccolai |