postato su Internet, 14 settembre 2005
In ricordo di Beppe
Niccolai
Senza memoria non c'è futuro
Non correva buon sangue tra Almirante e Beppe
Niccolai. Gli uomini erano diversi, per esperienze e sensibilità. Li divideva
sopratutto il modo di fare politica.
Occidentale, atlantista, duro e puro, il primo, antiamericano di razza il
secondo.
Bruciavano ancora sulla pelle di Beppe le scelte del MSI del '60 e del '72 e i
quattro lunghi anni di campo di concentramento passati a Hereford nel Texas. Era
lì che aveva visto morire per stenti e dissenteria, bastonature e pazzia, per
sfinimento e colpi di fucile dalle torrette di guardia, molti dei ragazzi che
con lui dividevano quelle squallide baracche di reclusione. Pagarono tutti un
prezzo crudele. Morti e rimpatriati.
La colpa stava nell'essersi dichiarati prigionieri non cooperatori. Un vissuto
straziante, un tempo enormemente dilatato di allucinata sofferenza, fisica e
morale. Razioni da fame che straziavano lo stomaco per giorni, settimane,
mesi... anni... fino a renderti un osso senza forze, lancinati dalla voglia
struggente di tornare a casa.
Lasciò il segno. L'america di Beppe, di Silvia Baraldini, di Guantanamo e oggi
di Abù Graib. Perle di democrazia e libertà.
Egualmente feroce e lucidamente folle, ieri come oggi. Impastata di una
inestinguibile sete di vendetta per chi non si arrende. Un America invelenita,
corrosa dal tempo e dalla Storia.
Beppe non parlava mai della prigionia ma i suoi occhi si accendevano di collera
quando Almirante lustrava le scarpe alla NATO e agli USA. Quel servilismo lo
imbarazzava, lo faceva star male dentro. Non riusciranno mai a capirsi.
Gli stralci che seguono raccolti da una conferenza che tenne a Livorno nel 1985
ci dicono cosa fosse Niccolai. Se ne andrà, osservando un silenzio carico di
dolorosa disillusione, nell'Ottobre del 1989, con le tasche vuote e la faccia
pulita. Lascia un eredità da stringere gelosamente tra le mani.
... quali tradizioni educative possono esserci in un Paese che continua a
demonizzare il passato dei padri, uccidendo il sentimento della nazione, cioè la
memoria.
Anteponendo il divieto di guardare al passato, con verità e giustizia, è nato
l'uomo massa, l'uomo senza identità secondo il modello americano; quel modello
che tutti i giorni attraverso i network ci porta in casa cronache dell'orrore,
di bande giovanili, di droga, di culti demoniaci, di consumismo, di corse al
danaro, all'apparire piuttosto che all'essere.
Vivi, questo è il mondo!
Il cinema, i modelli dell' italiano alla Alberto Sordi, scroccone, vile,
(partigiano) vanesio, opportunista, disimpegnato.
E poi che dire della "cultura" del progresso "illuminato", travolgente, senza
legami, senza i ricordi. Che vale oggi la storia di un borgo medioevale, nel
rispetto di chi ci ha vissuto, parlato, camminato, prodotto cultura e fiabe per
bambini?
Che vale conservare un paesaggio, un fiume, un ruscello? Anche quelli sono
valori della tradizione. L'uomo non è fatto solo per produrre e consumare;
l'uomo è anche pianta, albero-figlio della terra, della sua terra. La città a
misura d'uomo. L'uomo, il rispetto della sua complessa unicità.
A chi abita nelle "batterie" degli uomini da lavoro resta oggi una sola via, da
percorrere per conservare la stima di sè: non rimuovere dalla coscienza la vita
di chi gli è accanto, di chi ci è compagno di sventura: non dimenticarlo, non
chiudersi nel più completo isolamento. Si abita sullo stesso pianerottolo e non
ci si conosce. E si fa di tutto per evitare di conoscersi. A tanto ci hanno
fatto arrivare. Si chiudono con i tramezzi i balconi.
Perchè? Per paura di vedere riflessa nel vicino la propria immagine disperata di
uomini al lavoro in "batteria".
E i figli? Scendono dalle nuove zone di frontiera le bande. Che possono fare se
sono cresciuti in questa "cultura" che ha ucciso con la memoria storica, città e
territori?
Vandalismi?
E come possono avere rispetto se ciò che vedono (e in cui vivono) è triste e
brutto? Centinaia di migliaia di abitazioni che si distinguono solo per i numeri
civici. Quei quartieri disegnati da quale "cultura", da quali "architetti"?
I ragazzi oggi, abituati ad essere consumatori, sfiorano l'angoscia,la noia per
sazietà di stimoli fuorvianti. Via la terra dei Padri, via le religioni, quelle
profonde, via ogni fede, via ogni autorità naturale, tutto è permesso!
Viva la città senza bandiere, senza altari, senza idee, senza politica vera che
scatena i demoni!
La città senza limiti all'inibizione, dove si può tutto senza avere nulla. Ed
ecco la noia, infelicità, il collasso. Come si esce da questa crisi
metapolitica, da questa crisi di "religione"?
Occorre ritrovarsi, stare insieme!
Tornare ad un modo di vivere che infonda speranza e dia un senso alla vita.
Superare la vacanza della Storia che ci ha portato alla perdita dell'identità,
dell'appartenenza.
Tornare Comunità, tornare Memoria.
Ecco il sig. Almirante ha messo da parte Beppe Niccolai per portare avanti,
sentite, sentite, un certo Matteoli.
La... lunga strada... da Democrazia Nazionale a Fiuggi passava anche per queste
scelte. Alternativa Sociale e Libertà d'Azione sono effetti collaterali
successivi di successori. E niente succede mai per caso.
Successivi, successori, succede.
Fin tanto che ci saranno strutture organizzative piramidali vertice base, che si
sono dimostrate storicamente permeabili dall'esterno e ampiamente trasferibili
sul piano elettorale dall'interno o non esisteranno uffici politici di sicurezza
interna, dotati di amplissimi poteri, state pur certi che non ne usciremo. La
nostra vocazione al suicidio procurato continuerà fino alla testimonianza
residuale o all'annientamento. Dove ci sono catene di comando a pochi segmenti,
vedi case editrici, lì, siamo stati capaci di raggiungere risultati permanenti
di un certo spessore. L'infiltrazione eterodiretta in questi spazi ha scarse
capacità di presa.
Giancarlo Chetoni
postato su Internet, 14 settembre 2005
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