Infezione di colera a Napoli
(intervento alla Camera dei Deputati il 2 ottobre 1973)

 

PRESIDENTE - L'onorevole Giuseppe Niccolai ha facoltà di svolgere la sua interpellanza n. 2-00340.

NICCOLAI GIUSEPPE - Signor Presidente, onorevoli colleghi, secondo quanto il ministro della sanità, la cui latitanza da questo dibattito ora non si giustifica più, ha dichiarato dinanzi alla Commissione sanità della Camera il 13 settembre 1973, al momento dello scoppio dell'epidemia colerica esistevano, fra le altre, 229.950 dosi di vaccino "Sclavo", le quali sono state subito impiegate. Può dirci qualcosa, il ministro, circa la loro efficacia? Apprendo infatti dalla sua relazione che il vibrione colerico accertato fin dalle prime ore è del tipo "El Tor", che secondo gli esperti, è più raro del tipo '"Ogawa", contro il quale vengono generalmente preparati i vaccini specifici.
La stampa di fine agosto così si esprime: «Non è chiaro se quel vaccino è efficace contro il vibrione "El Tor". Anche per questo nella strategia da seguire per combattere il male si verificano divergenze. Non tutti, per esempio, sono d'accordo sulla utilità della vaccinazione con i preparati disponibili al momento». Evidentemente, onorevole sottosegretario, sono giudizi raccolti nell'ambito del Consiglio superiore di sanità, e lo sbandamento è comprensibile ed è giustificato.
Certo è che all'inizio dell'infezione erano circolanti preparati atti a combattere il vibrione colerico classico, l'"Inaba" e l'"Ogawa", come si può constatare dalle istruzioni allegate al vaccino in commercio in quel momento critico. E che le perplessità che sto ora manifestando sull'efficacia di quel vaccino vi fossero, lo dimostra il fatto che, isolato il germe e accertato che si trattava del tipo "El Tor", la società "Sclavo", in data 1° settembre 1973, ha posto in vendita un nuovo vaccino che, oltre a contenere i vibrioni uccisi del tipo classico, ha i due biotipi "El Tor", e il prezzo -guarda caso- aumenta di 100 lire nei confronti del vecchio vaccino.
Le chiedo: le 229.950 dosi di vaccino distribuite al momento dello scoppio dell'infezione quale efficacia possono avere avuto? Acqua fresca, signor sottosegretario? E come mai -ecco la seconda domanda- era in commercio quel vaccino, quando dalla stessa relazione svolta dal ministro il 13 settembre davanti alla Commissione sanità della Camera si apprende che erano stati presi, fin dal 1970, provvedimenti precauzionali quando per la prima volta -sono parole del ministro- la settima pandemia di colera sostenuta dal biotipo "El Tor" si era affacciata nell'area del Mediterraneo? Perché non avete provveduto, sapendo fin dal 1970 che l'infezione era portata dal biotipo "El Tor", a correggere ed a potenziare i vaccini, cosa che avete fatto solo con il settembre 1973, e cioè quando l'infezione era già in atto?
Non ci dica, e non ci si dica, che siamo in cerca di motivi allarmistici: «sciacallismo», direbbe l'onorevole Armato. La nostra preoccupazione è più che giustificabile, signor sottosegretario, se un ministro in carica -non so come l'onorevole Armato definirebbe il ministro dell'ambiente, il ministro dell'ecologia, l'onorevole Corona- su "Il Corriere della Sera" dichiara testualmente: «Altro che cozze! Il colera era in giro da tempo, ne abbiamo le prove schiaccianti. Quante gastroenteriti nascondevano una diversa realtà?».
Immagino la risposta del ministro, improntata all'ottimismo. C'è nell'aria -è il tentativo dell'onorevole Armato, il cui intervento è proprio teso a questo- in tema di colera tutta una azione concertata tendente a minimizzare, a far dimenticare, come per dire che questi napoletani hanno stancato: che cosa sono, in definitiva, 24 morti?
Si era partiti, protagonista "il Corriere della Sera", con parole di fuoco e col chiedere la testa dei responsabili di tanta imprevidenza e di tanta incuria: occorre stroncare i poteri invisibili! Erano stati attaccati con virulenza perfino i redattori televisivi del Telegiornale. Ora assistiamo ad una ritirata generale: si minimizza, si tenta di dimenticare! Cosa vogliono questi «missini» che hanno chiesto che anche alla Camera la vicenda del colera fosse posta all'ordine del giorno? I responsabili? Ma sono le cozze! Non sono nere, direbbe l'onorevole Armato? Sono nere, quindi sono responsabili del colera!
E il golfo di Napoli, cloaca a cielo aperto? E le speculazioni di ogni tipo, e l'inceneritore tutto d'oro, e le siringhe a «borsa nera», e gli acquedotti che non ci sono, e il sudiciume in cui affogano i meridionali? E le dichiarazioni di Donat Cattin -anche lui «sciacallo», secondo l'onorevole Armato- su come vengono amministrati i soldi della Cassa per il mezzogiorno e su dove vanno a finire?
State a sentire, è il ministro della Cassa per il mezzogiorno che parla: c'è una società, di cui non si conosce nemmeno la sede, che ha ricevuto contributi per la costruzione di un albergo. Questo albergo è invece, onorevole Armato, la villa di un notabile democristiano; un bel villone per lui, la moglie e tutti i figli. Il bello è che tutti lo sanno, che lo dicono e non succede niente!
Con questa offesa permanente davanti agli occhi, come è possibile che in quel paese continuino a votare per la democrazia cristiana? Non voglio fare il moralista, non sono il tipo, ma di vicende simili se ne raccontano parecchie. Adesso voglio arrivare a capo di questa faccenda. Se imbrogliano le carte, vuoi dire che le imbrogliano sempre. E i pescherecci? C'è il medico di fama -democristiano, onorevole Armato- che fa chiedere da un marinaio il contributo per l'acquisto di un peschereccio; poi il peschereccio diventa uno yacht e il medico di fama assume il marinaio al suo servizio, pagandolo anche profumatamente. E tutte le ville sulla costa che va da Capo Miseno in giù? La Cassa! La Cassa: paradiso degli imbroglioni! I napoletani muoiono di colera, le fameliche clientele politiche aumentano il volume del loro portafoglio.
Ebbene, siamo in fase di stanca: dalla denuncia si passa al disimpegno e poi alla normalizzazione. Quello che è accaduto è roba di secondaria importanza. Che volete che sia, quando vi sono italiani che «crepano» dinanzi al dramma del Cile? Lo avete notato? Se sfogliate i resoconti parlamentari di questi giorni, avrete dei dati molto istruttivi. Un fatto straordinario: i parlamentari comunisti, che pure sono disseminati nel Mezzogiorno, tacciono sul colera, come se si fossero passati una parola d'ordine. Nemmeno la più slavata delle interrogazioni compare sul tavolo del Governo nei giorni del dramma! I rappresentanti del popolo non si accorgono che sono gli umili a pagare con la vita lo scempio delle varie «bande» (di cui mi dicono ora sia in auge quella di De Mita, con protagonista il figlio del Presidente della Repubblica), che hanno fatto del potere pubblico nel Mezzogiorno un sistema di rapina. Guai a disturbare il manovratore! Noi di questo dobbiamo congratularci con l'onorevole Rumor, ma l'appoggio comunista al Governo si paga; e lo pagano gli umili, che, più quell'appoggio diventa aperto, più soffrono socialmente. È proprio questo il dato più illuminante, che scaturisce dalla vicenda sanguinosa e drammatica del colera. Dinanzi al disfacimento delle strutture civili e amministrative, compiute da una classe politica che nel Mezzogiorno concepisce il potere come diritto di abusarne per i propri affari non puliti, i comunisti tacciono, adoperano il silenziatore. E tacciono dinanzi ad una sciagura nazionale, popolare al tempo stesso, se è vero -come è vero- che le conseguenze del colera significano perdita di credibilità nel mondo, di valuta turistica, danni nei commerci; in breve, un ulteriore peggioramento nella vita della povera gente, che lavora, che tira la carretta, che fatica.
Il silenzio del partito comunista italiano, il Mezzogiorno a terra, depredato dalle clientele partitiche fameliche, affogato nello stereo, e l'ottimismo! Non cambia nulla. La sfuriata è già passata; Governo e stampa minimizzano: domani sempre meno colera.
Non fu così, del resto, per l'alluvione del Polesine, per la tragedia del Vajont, per l'alluvione di Firenze e per il terremoto del Belice? La tragedia periodicamente scoppia e le piaghe di casa nostra vengono alla luce del sole. I responsabili vengono chiaramente individuati e poi dalla denuncia si passa all'ottimismo, vola qualche straccio, si riprende a tessere la tela dei mulinelli di parole, di discorsi devianti: le cozze sono nere, ma tutto va bene, perché altrimenti si fa il gioco della destra eversiva. La classe politica si rimette a tavola a vivere alle spalle del prossimo.
I meridionali, signor ministro, si sono accorti che di questo andazzo permissivo si muore; ma in alto ciò non avviene. E allora, signor ministro, ritengo che di margini di ripresa e di salvezza per tutti noi, come classe politica, non ne restino molti: rendiamocene conto, prima che sia troppo tardi.
(Applausi a destra)

Beppe Niccolai

 

 

 

 

PRESIDENTE - L'onorevole Giuseppe Niccolai ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto per la sua interpellanza n. 2-00340.

 

NICCOLAI GIUSEPPE - Signor Presidente, signor ministro, la mia insodisfazione più che dalla esposizione dell'onorevole Gui, ricca di considerazioni e di dati e indubbiamente venata da un rigore morale di cui gli diamo atto, deriva da una sensazione che il suo intervento non è riuscito a fugare: che la classe politica, cioè, neppure dopo questa tremenda prova, dopo questa «frustata» -come lei, signor ministro, l'ha definita- si sia resa conto che il colera è innanzitutto una malattia politico-amministrativa derivata dal disordine e dall'imprevidenza.

Qual è la lezione che se ne deve trarre? Non provvedendo, signor ministro, questa classe politica alle necessità elementari, ha finito essa stessa col produrre il colera... Quando dai dati più minuti, onorevole Gui, lei è passato alle componenti di fondo che hanno determinato il male, facendone il drammatico elenco, è venuta fuori la verità: cioè che lo «sfarinamento» degli istituti civili ed amministrativi ha costituito l'habitat ideale per i vibrioni del colera. A monte del disfacimento delle strutture civili ed amministrative esiste -ritengo che anche lei, signor ministro, sia d'accordo, pur se non lo ha detto- la corruzione, lo sperpero del denaro pubblico, i doveri civici sempre meno rispettati e sempre più negletti. Ne viene fuori la cosiddetta società permissiva.

I meridionali si sono accorti che di questo andazzo permissivo si muore; e crepano gli umili, signor ministro, coloro che stanno e faticano alla base della piramide sociale. Ed ora c'è nell'aria -la avvertiamo quasi fisicamente, quasi la tocchiamo- una manovra tendente, sul dramma colera, non solo a minimizzare, ma a dimenticare. Il problema non si risolve certo con i cantieri di lavoro, ma con opere civili di grosso impegno finanziario e soprattutto con una volontà politica sorretta da fede dura e tenace. Noi dubitiamo che vi siano questi due ingredienti. Non vorremmo che le autentiche sofferenze del Mezzogiorno, sconvolgendo i piani di La Malfa e della cosiddetta troika finanziaria, fossero destinate a passare drammaticamente in seconda linea. In breve, che si dica: non ci sono soldi, tutto deve restare come prima.

II «come prima» significa: a pagare sarai ancora una volta tu, cittadino del meridione! Non so se gli interessi dei petrolieri, cari in questo momento (lo vorrei dire all'onorevole Reichlin) al presidente della regione Emilia, Fanti, ex-repubblichino, abbiano la prevalenza su chi muore nei «bassi» napoletani, abbandonato alla sporcizia ed al male. Certi episodi, certi comportamenti, sembrano dire di sì. La mia insodisfazione, signor ministro, nasce da questi elementi.

(Applausi a destra).

Beppe Niccolai

Ringraziamo il ricercatore Andrea Biscàro - http://www.ricercando.info - e la Camera dei Deputati

per averci dato la possibilità di pubblicare questo Intervento