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"L'Eco della Versilia", n° 1 Anno XVI 31 Gennaio 1987

 

Da una grande "rappresentazione"

alla costruzione di una "politica"

Giuseppe Niccolai

 

Tutto il Comitato Centrale ha sancito: senza Almirante non c'è avvenire.
Non siamo di questo avviso.

 

I giornali hanno scritto che Almirante è l'indiscusso padre-padrone del MSI. Affermazione esatta. Se qualcuno, a tale proposito, avesse avuto dei dubbi, per fugarli, sarebbe stato sufficiente assistere all'ultima seduta del Comitato Centrale del MSI (18 gennaio 1987).
Dal massimo vertice politico, ai membri del Comitato Centrale periferici, il coro è stato unanime: unico, insostituibile, inarrivabile, senza di Te siamo perduti, non andartene, resta, Tu sei il Verbo, la guida.
Non esagero, fotografo una situazione reale. È così. Il MSI si è incarnato in Giorgio Almirante, e solo il suo paventato allontanamento getta nello smarrimento una intera classe dirigente.


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In questa situazione, rimanendoci dentro prigionieri, non solo è difficile, ma impossibile procedere alla sostituzione del Segretario. Non ci sono le condizioni. Perché non sono possibili ragionamenti politici; perché, senza possibilità di ragionare, non possono essere trovate soluzioni, di alcun genere.
Come ha potuto crearsi una situazione simile?
Vogliamo tentare l'analisi?
È perché questa classe dirigente del MSI è cresciuta, si è plasmata, si è formata intorno alla «grande rappresentazione» che Giorgio Almirante ha dato di sé e del MSI. Questo MSI gli appartiene. Nessuno, dico nessuno, può rappresentarlo meglio di lui. Ed è autentico il panico di alcuni collaboratori di vertice che, sinceramente turbati, profondamente commossi, supplicano: «non andartene». Perché sanno che, senza di lui sulla scena, essi non saprebbero più che dire, apparirebbero, non tanto per quello che sono, ma per quello che hanno voluto essere: dei comprimari; abbagliati, paralizzati, frastornati dalla regia del grande protagonista.


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La crisi, per la successione del MSI, è qui. È, cioè, l'impossibilità di risolverla nel solco di Almirante. I grandi, grandissimi attori sono irripetibili. Il copione, con la loro arte, non può essere interpretato, né tantomeno trasmesso ad altri. Se si vuole uscire dalla crisi, è giocoforza che quel «copione», quell'opera, con tutti gli onori possibili e doverosi, venga messo da parte. Magari con la scritta a memoria: un capolavoro, nessuno come lui. Irripetibile, inutilizzabile. Da non toccare.


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Questa è la prima operazione che l'intera classe politica del MSI deve compiere: la rimozione, dentro di sé, di quella insuperata rappresentazione. Altrimenti non ci si leva le gambe.
Verrò senz'altro crocefisso -diranno che bestemmio- ma sono uso dire quello che penso: se il Segretario (al quale, da tempo, ho cercato, senza riuscirvi e, ahimé, con lacerazioni che hanno lasciato il segno, di parlargli a cuore aperto) vuole veramente, come ama dire, dare una mano al suo successore, lo può fare in un solo modo: aiutandolo a capire che cosa è stato il mito Almirante, poi a superarlo, e a farlo superare a tutta la collettività missina.


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Ho parlato di grandezza di una recitazione. Non ho nulla da rettificare. Giova ripetere: la grandezza di Almirante sta nell'avere incarnato una Comunità e di averla tenuta sul proscenio con la sua arte insuperata. Arte, non politica. Lascia un'arte, non una politica. Non ha perciò eredi.
Nella seduta del Comitato Centrale -su ricordata- la relazione del Segretario è stata da tutti definita: alta, completa, solenne, definitiva. II programma per il 2000.
Sì, può essere, ma nessuno ha rilevato che quella relazione, per restare valida, pone una condizione tassativa: può essere interpretata solo dal Segretario. In bocca al suo successore quella relazione, nel tentativo di portarla in mezzo al Popolo, di tradurla in formule politiche, muoverebbe al riso.
Parliamoci francamente: se qualcuno fra noi coltiva l'idea di ripetere l'arte del Segretario, rimanendo attaccato alla sua eredità e al suo "miracolo" (non ho tema di scriverlo), che è consistito nel tenere insieme una Comunità umana discriminata e ghettizzata, con una "tecnica" di volta in volta inventata ma sempre straordinariamente capace di difendere l'orticello elettorale del MSI; se qualcuno pensa di rinverdire e di impersonare lui l'almirantismo, laddove il Segretario si è guadagnata l'attenzione e il rispetto dell'avversario, troverebbe Io scherno e il riso.


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Questo è il punto. La crisi della successione il MSI può superarla, ma ad una condizione: superare, vincere dentro di sé I'almirantismo.
Al suo posto che cosa, allora?
La costruzione di una politica e di un partito che, anziché essere spettatore passivo di una grande recita, diventi lui protagonista di politica. Così e solo così il trapasso generazionale diventa reale.
Ma è possibile costruire una politica, per l'Italia del 2000, con una classe politica che, chiamata al trapasso generazionale dei poteri, cioè a rispondere ad un fatto di natura, si mette a gridare: «no, no, tutto deve restare così, non te ne andare, se no sono perduta»?
Lascio la risposta ai miei colleghi di vertice, specie a quelli, e ce ne sono, che hanno carattere, intelligenza, volontà. Da vendere.
E' inquietante,
questo Io devo dire, che una Comunità come la nostra si sia ridotta a riassumersi in un uomo solo.
Eppure, se volgiamo lo sguardo ad orizzonti più ampi, mai l'Italia si è esaurita in una formula e in un Uomo.
La RSI non fu infatti la catarsi, la purificazione di una Italia che, per essersi voluta esaurire in una formula e in un Uomo, era stata colpita e crocifissa?
Ed ora che ho detto la mia, mi si metta pure al rogo. Però desidererei, prima del rogo, una cosa: essere confutato. Con argomenti.
 

N. G.

 

Inviato da Daniele Balducci

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