FORZE ARMATE E OBIEZIONE DI COSCIENZA

(intervento alla VII Commissione Difesa nella seduta del 25/11/71 da Giuseppe Niccolai)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle proposte di legge d'iniziativa dei senatori Marcora ed altri. «Norme per il riconoscimento della obiezione di coscienza», approvata dal Senato; e dei deputati Martini Maria Eletta ed altri: «Riconoscimento giuridico dell'obiezione di coscienza»; Servadei: «Riconoscimento dell'obiezione di coscienza»; Fracanzani ed altri: «Riconoscimento dell'obiezione di coscienza e servizio civile».

Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
 

NICCOLAI GIUSEPPE. Non se ne dorranno coloro che portano avanti l'obiezione di coscienza, sulla scia dei valori dell'amore, della solidarietà, della libertà, della non violenza se, rifacendomi a Pisacane, socialista rivoluzionario, faccio mia un'affermazione del suo testamento spirituale: «Considero filosofi e teorici la peste del nostro e di ogni altro paese».

La classe politica, con questa proposta di legge, ancora una volta dimostra di legiferare con estrema leggerezza, come cullata al suono di tante belle parole, ma sempre più distaccata dalla realtà che la circonda.

Essa legifera al suono delle belle parole; incanta ma, all'atto pratico, fa del male, allarga fossati, apre ferite, soprattutto mette allo sbaraglio chi sta in basso.

Sono gli umili a pagare le dissennate iniziative che, avvolte nella untuosa carta velina della demagogia, altro non fanno che dar forza, alla lunga, ai prepotenti, ai violenti.

Forse non ve ne rendete conto, ma sono queste iniziative che, uccidendo, assassinando valori, scatenano sempre più i bassi istinti primordiali: in breve, la violenza.

Scrive il relatore, che la presente proposta di legge, ispirandosi all'amore e alla solidarietà, è la testimonianza del moto perenne della libertà verso la verità.

Può essere. Però io vorrei chiedere al relatore, a questo spirito ribelle per amore, che cosa accadrà di noi, quando, seguendo questi criteri, avremo smantellato, uno per uno, i valori che fino a ieri hanno retto la società; valori che non sono, nella realtà presente, sostituiti da nuovi. Nessuno li indica.

La domanda è questa: intorno a quali valori, visto che quelli di ieri sono superati, addirittura nocivi, chiamerete le giovani generazioni a misurarsi e a vivere ?

Va bene, la Patria l'avete incenerita. È stata incenerita nel momento in cui i comunisti, non quelli di casa nostra, per carità, ma quelli che contano e che decidono sulle sorti del mondo, quelli che hanno piglio imperiale, si sono rivelati formidabili costruttori di patrie e di eserciti dovunque siano arrivati al potere. Non c'è dubbio che il giovane soldato sovietico crede, oggi, nel valore del suo esercito, nella missione della sua patria. Da noi: tabula rasa.

Basta vedere -e ne parlerò subito dopo- la prosa con cui, di solito, ci si avvicina ai militari e ai loro problemi.

Democratizzare, si dice, ma facendo in modo che i militari diventino gladiatori muti, senza opinioni e senza idee. Patria e forze armate sono argomento di sospetto da noi, non sono certo valori.

Contro la violenza. Di solito, i proponenti l'obiezione di coscienza, la violenza la combattono su diversi fronti, spaziando su diverse aree internazionali, avendo sempre cura di vedere magari la pagliuzza del Biafra e non le menzogne convenzionali che, dietro quella guerra, c'erano e che facevano sì che gli aggrediti fossero, in realtà, autentici aggressori e che dietro le belle parole molti facessero un grosso e sporco traffico di armi.

Si sostiene che approvando questa legge s'interpretano le giuste richieste del paese. Mi chiedo: i cattolici impegnati, per disinnescare la violenza in atto nella società italiana, dovevano proprio cominciare dall'obiezione di coscienza? Queste candide anime hanno dato uno sguardo, quando si accingono a comprare il giornale, alla carica di violenza che, con la pornografia, investe le giovani generazioni?

Cooperate a combattere la violenza portando il colpo mortale alla famiglia, ai valori rappresentati dalla madre, dai genitori, dallo intero istituto familiare? Cancellando anche questo valore, ritenete che la società italiana vada più speditamente verso l'amore e la fratellanza? Va verso la pornografia e la droga, in nome della libertà che marcia verso la verità e in nome di questa società permissiva.

Ho detto all'inizio, riferendomi a Pisacane, degli spaventosi danni che gli idealisti, in buona fede, possono fare al proprio paese. Uno di questi danni è costituito dai provvedimenti al nostro esame e non perché l'obiettore vero non possa e non debba trovare comprensione, ma perché fate di questo falso problema un deterrente che, ancor più, mette a terra il paese, soprattutto i giovani a cui rendete del tutto deserto il campo dei valori, degli ideali, spingendoli sulla strada di altri «valori» come la droga, il denaro, la vita facile per cui il passo alla rapina e al delitto è breve. Perché studiare e faticare, quando con una rapina, se tutto va bene, ci sistemiamo per tutta la vita? La società permissiva, senza valori, è scatenatrice di violenza.

Venendo al nodo della questione dell'obiezione di coscienza, ho voluto procedere ad una indagine che sta, per usare termini molto in voga oggi, fra la ricerca sociologica e quella psicologica. Ho voluto cioè riscontrare, verificare negli uomini di punta, nei vessilliferi, nei campioni intemerati di questa iniziativa, in coloro che portano la palma di essere stati i primi in questa legislatura a presentare proposte di legge in tal senso, se il loro amore per la pace, per l'umanità, per i problemi di coscienza, per la democrazia, per la libertà, si concretizza non solo in parole facili come quelle che si possono buttare a piene mani nei preamboli dei disegni di legge, ma nei fatti. Vedere cioè se coloro che scrivono queste cose e perentoriamente chiedono giustizia per chi obietta, ispirino poi la loro vita a principi analoghi o similari; cioè il loro immenso, apostolico, ecumenico amore lo calino nei fatti soprattutto quando si tratta delle loro vicende. La mia delusione è stata grande perché ho potuto constatare che coloro che negli atti parlamentari travasano la loro bontà universale, protestando dovunque il male e l'ingiustizia si annidi, poi, nelle loro piccole cose, quando è in gioco molto meno -che so io- il possesso di un direttivo sezionale, una segreteria provinciale, ecco che i loro atti vengono a qualificarsi con un comportamento contraddittorio che, dalla documentazione che possediamo, si caratterizza con metodi che vanno dal tesserare i morti, dall'impedire ogni discussione, dalla eliminazione fraudolenta delle minoranze e così via.

Dico questo perché, come i colleghi possono testimoniare, abbiamo ricevuto in casella ciclostilati vari invitanti tutti noi ad appoggiare il riconoscimento dell'obiezione di coscienza, corredati da una serie di firme. Dati i precedenti che ho descritto c'è da domandarsi se quelle firme hanno la stessa consistenza dei tesseramenti fasulli, di cui questi pellegrini della pace e della dignità umana conoscono tutti i segreti e i relativi marchingegni.

Ecco, in linea generale, si può dire che molti dei promotori dell'obiezione di coscienza ci sembrano riuscitissimi personaggi di Hitchcock che, scarsamente sanguigni nei tratti umani perché macerati dai problemi di coscienza e dallo smisurato amore verso gli uomini, gli animali e le piante, poi, all'imbrunire, subiscono una trasformazione da capovolgere la propria personalità che con gli uomini e gli animali si diverte in modi non certo simpatici. Cito un caso. Il settimanale della sinistra democristiana, "Politica", è un antesignano della obiezione di coscienza, così come lo è nella lotta alle speculazioni sulle aree fabbricabili. Ebbene, se dalle parole si passa ai fatti, notiamo che in Firenze i più abili speculatori delle leggi progressiste -quelle che avrebbero dovuto tagliare le unghie alla rapina delle aree fabbricabili, per dar modo ai lavoratori di avere le case- sono proprio i militanti di una certa sinistra democristiana che, come a Fiesole, grazie alla legge n. 167, a quella sui mutui agevolati, con accordi di vertice su piani regolatori concordati in consiglio comunale, si costruiscono ville con i sudati quattrini degli italiani. Non case popolari, ma ville. Non case a chi non ne ha, ma ville a chi ha già appartamenti in città e altrove. Ecco le belle parole di "Politica" e i relativi fatti che da quelle parole discendono.

Per l'obiezione di coscienza è la stessa cosa. Non vogliamo dire che tutti i predicatori siano così. Diciamo che molti predicatori dell'obiezione di coscienza, come quel frate, predicano bene, ma razzolano male.

Ora veniamo alla predicazione e al clima in cui questa predicazione ha luogo. Non so se gli onorevoli colleghi hanno fatto caso alla circostanza, cioè al contesto dell'attuale momento politico in cui si discutono queste proposte di legge: le forze armate sono sottoposte ad una avvilente, degradante, ignobile azione di denigrazione. Io posseggo gli atti di un movimento extraparlamentare di sinistra che si è riunito a congresso qualche mese fa a Bologna, e i cui echi vengono, con dignitoso sussiego, commentati e divulgati dalle colonne della stampa miliardaria e democratica, "il Corriere della sera", "La Stampa", "Il Messaggero".

Ecco qua un opuscoletto: "Indicazioni di comportamento politico", che può essere condensato nella direttiva: l'unica via di uscita, la smitizzazione di tutto e la disubbidienza organizzata. La camerata: una vera e propria assemblea di lotta. Forme di lotta: il rifiuto del rancio, di prestare i servizi, di fare la guardia, di alzarsi alla sveglia, di fare l'addestramento, di obbedire agli ordini. Processo agli ufficiali, definiti veri e propri cani da guardia. L'esercito: organizzazione padronale di sfruttamento bestiale. Tra l'altro si scrive: «Ancora una volta dobbiamo capire che gli ufficiali sono i nostri nemici, pagati solo per sfruttarci, umiliarci, trattarci come bestie da soma. Non pensano però che è vicino il giorno in cui si troveranno davanti alle canne di quegli stessi fucili con cui ci hanno armati per reprimere i proletari»; «sappiamo che l'esercito è una barca che fa acqua da tutte le parti e il nostro lavoro ha già aperto delle buone falle: loro hanno più paura di noi». «Come nelle fabbriche e nelle scuole, impediamo anche all'esercito dei padroni di funzionare». E, in un clichè dove è raffigurato il capo di stato maggiore c'è un bersaglio sforacchiato da una raffica di mitra.

Sono alcuni dei tanti fiorellini che si possono raccogliere in questa letteratura che germoglia, in parallelo alla discussione sull'obiezione di coscienza, intorno alle forze armate. Le anime candide non dicono una parola su quanto accade. Questa, per loro, non è violenza. Pare un castigo a cui sono condannate le forze armate: nello sgretolarle occorre la diffamazione.

È in questo clima che anche il fiorellino dell'obiezione di coscienza viene annaffiato e cresce. Basta vedere il giornale "Politica": in parallelo alla campagna sull'obiezione di coscienza ha pubblicato un servizio sulle forze armate diffamatorio. Certe saldature sono indicative: si va da "Lotta continua" alla sinistra democristiana.

Voglio specificare e sottolineare un altro dato. Quando il nostro lavoro riesce a travalicare le mura di questa stanza della Commissione difesa e a interessare l'opinione pubblica circa la vita delle forze armate, ciò accade unicamente perché le forze armate vengono sistematicamente messe sotto accusa. 0 si fa dell'ordinaria amministrazione, perdendoci nei labirinti, nella selva degli scatti di stipendio, umilianti di per sé -è la tattica di tappare un buco per aprirne un altro-, dei provvedimenti settoriali; oppure c'è la vicenda del SIFAR, del colpo di Stato, dell'obiezione di coscienza, dei terremotati che non vogliono fare il servizio militare, ed è questa l'occasione per buttare manate di fango sulle forze armate. Anche questo provvedimento serve a questo scopo. Io personalmente non drammatizzo l'obiezione di coscienza. È, una anomalia che si riscontra in percentuali ridottissime. Sono dei poveri infelici a cui la coscienza crea degli impedimenti supplementari, non registrati dalla morale naturale né, a stretto rigore, da quella religiosa. Un reparto non guadagna nulla ad averli nei ranghi. Già al tempo di Mosè, quando gli ebrei conquistarono a fil di spada, palmo a palmo la terra promessa, e la Bibbia ne è testimone, si preferiva mandarli indietro. «C'è qualcuno che è timido, che si sente venir meno? Vada, torni a casa sua, affinché anche ai suoi fratelli non venga meno il coraggio, come a lui». È una saggezza di tremila anni fa. Le commissioni di leva non hanno solo il compito di scartare i piedi piatti, i toraci stretti, ma anche altre cause di inidoneità militare.

L'obiezione di coscienza è riconosciuta in Inghilterra -ed è da Napoleone che gli inglesi vincono ogni guerra a cui partecipano-, in Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia -dal '63, governo De Gaulle-, nelle due Germanie, in Norvegia, Olanda, Polonia, Svezia e Stati Uniti.

Non è la fine del mondo la sua introduzione anche perché, con una legge redatta bene, dura nel suo insieme per chi vuole provare e testimoniare il suo spirito di pace in attività bucoliche, disinnescherebbe uno spunto di fastidiosa, cattiva, ingiusta polemica contro le forze armate. Si passa il segno, però, quando si prende lo spunto dall'obiezione di coscienza per smantellare, soprattutto moralmente, le già smantellate forze armate; quando si tenta ,di trasformare alcuni casi di ipersensibilità e di anomalia morale in un modello da propagandare come vera interpretazione della legge divina, come fanno certi settori della sinistra democristiana, divenuti una filiazione dei testimoni di Geova e non più gente che si rifà alla tradizione cattolica.

Lasciamo andare i sacri testi della Bibbia, il travisamento e la mutilazione delle sacre scritture che la sinistra democristiana, per provare la propria tesi, con una disinvoltura degna della miglior causa, compie, e fermiamoci ai tempi nostri.

Come si fa a dedicare venti pagine della rivista "Italiacronache" -agosto '69- alla obiezione di coscienza e passare, nello stesso numero, tranquillamente come se nulla fosse, ad un inedito di Camillo Torres, il prete guerrigliero, ucciso, armi alla mano, anni fa in Colombia in uno scontro a fuoco con l'esercito regolare? Come si fa a idealizzare e a proporre a modello contemporaneamente le due posizioni: quella dell'obiettore di coscienza -al quale, però, l'onorevole Fracanzani il fucile da caccia come svago glielo vuol dare; poverini, se no si annoiano: agli uccelletti possono sparare- e quella del prete guerrigliero? Come fate a fare dell'obiezione di coscienza il cardine di una nuova teologia morale, benedetta, fra l'altro, da quel Kennedy, citato nella relazione introduttiva della proposta presentata dall'onorevole Fracanzani, le cui rivelazioni del rapporto Mac Namara non ce lo dipingono certo come un agnellino, ma come un tipo che, dietro le belle parole, assassinava con la tranquillità dei personaggi di Hitchcock già citati? Sono contraddizioni evidenti e sono tollerabili in un Fabrizio Fabbrini, uomo di confusionaria buona fede, che però sa pagare di persona; diventano intollerabili quando, con la Bibbia alla mano travisata e mutilata, vengono portate avanti da riviste e uomini che vogliono disarmare il proprio paese nel momento in cui si esaltano davanti al fucile di Camillo Torres e al popolo guerriero della Cina di Mao che vogliono all'ONU con la cacciata della piccola e abbandonata Cina di Formosa.

Si può essere d'accordo con l'obiezione di coscienza, ma non siamo più d'accordo quando se ne vuole fare una nuova teologia morale coesistente con i preti guerriglieri.

Noi preferiamo, anche se con qualche riserva, la figura del prete guerrigliero. Scriveva Camillo Torres: «Non serve il moralismo per condannare la lotta guerrigliera. È come per l'esercito: non possiamo approvarlo e condannarlo con qualificazioni morali astratte. Bisogna vedere a che servono gli uni e gli altri, guerriglieri ed esercito».

Con questa giustificazione della violenza da parte del Torres, torniamo all'antica distinzione tra guerra giusta e ingiusta che gli obiettori di coscienza non sono disposti a riconoscere.

La teologia morale più avanzata sta oggi riconsiderando i valori positivi della violenza, a certe condizioni, proprio sollecitata dal timore di perdere altrimenti ogni contatto con i movimenti di rivolta nazional-popolare dell'America latina.

L'obiezione di coscienza perde così il proprio valore di modello per ridursi a qualche caso penoso di fronte al quale usare, come in altri paesi, un atteggiamento di pietà così come si fa davanti ad un uomo colpito da una menomazione fisica o morale. Tutto qui.

Che dire del testo di legge al nostro esame? Che dire, soprattutto, di questo testo in ordine alla società italiana? A tagliato per questa società? Quali saranno le conseguenze che determinerà?

È un testo sufficientemente elaborato perché attraverso le sue smagliature non si sbrachi tutto da far sì che il sacro dovere di servire la patria in armi si trasformi nel sacro dovere di non servirla più?

Ecco, per noi, questo testo di legge, uscito dal Senato, non è un testo severo, e, diciamolo pure, degno di coloro che, in verità, credono nell'obiezione di coscienza. È un testo allegro.

Mi soffermo all'articolo 1, là dove si dice che il soggetto in stato di obiezione, per essere esaminato, deve aver fatto, in precedenza, manifesta professione di fede antimilitarista. Riteniamo inclusi nella categoria i militanti di "Lotta continua"? Questi princìpi di fede antimilitarista sono rispettati nella prosa del "il Manifesto" del 12 novembre '71? L'oggetto è la tragedia della Meloria dove hanno perso la vita 42 paracadutisti della brigata Folgore.

Ecco che cosa ha scritto, in proposito, "il Manifesto": «Nessuno di loro è morto per la difesa della libertà, ma per gli sporchi interessi dei padroni. La sciagura pone una serie di considerazioni:

1) la funzione del corpo speciale di repressione interna;

2) l'addestramento che da anni viene fatto fra i paracadutisti ha una funzione precisa, far perdere di vista la propria integrità fisica per assumere una visione eroica e fascista della vita.

Per questo affermiamo la nostra più ferma determinazione a continuare la lotta nelle caserme e per crescere e maturare l'organizzazione di massa dei soldati e la loro unità con tutti i proletari contro le divisioni e l'isolamento, contro la gerarchia, contro la nocività e contro l'oppressione».

È vero: siamo davanti ad una prosa da ubriachi, ma, dati i tempi, chi ci dice che questa prosa non sia presto portata avanti come manifestazione profonda di convincimenti morali atti a dimostrare la propria ripulsione al servizio delle armi?

Il relatore scrive: «Le città offrono oggi ai giovani il terreno adatto per una dialettica civile, viva e impegnata».

Ve la immaginate voi la caterva di certificati, di dichiarazioni con cui, ahimè, una grande parte di giovani si darà da fare per ottenere e per dimostrare che in precedenza hanno avuto crisi da obiezione di coscienza? E perché lasciare al Ministro la facoltà di decidere sull'esito della domanda? Voi svuotate del tutto uno dei punti di forza della legge: la commissione. O questa ha valore vincolante, o non serve a nulla. Sicché capiterà quello che è accaduto, per la legge Pedini: come gli esentati dal servizio per la legge Pedini sono tutti del collegio elettorale del Sottosegretario agli esteri, così gli obiettori di coscienza saranno tutti del collegio elettorale del Ministro della Difesa che, fatalmente, da Ministro della difesa, si troverà ad essere il Ministro degli obiettori. Un bell'esempio per il paese!

Scrivete che non saranno ammessi ad avvalersi dei benefici della legge coloro che sono stati condannati per detenzione e porta abusivo di armi. I vagabondi sì; i pregiudicati per reati di violenza, i delinquenti abituali, i viziosi amorali e antisociali sì. Per costoro, la scuola dell'esercito potrebbe essere e significare la redenzione. Ecco che questi, pur che dimostrino di avere profondi convincimenti morali in fatto di obiezione, li ammetterete tutti all'esame.

Credete voi che le raccomandazioni, le pressioni laiche, clericali, partitiche, economiche, non avranno campo in questo settore? Se siete convinti di questo, ci permettiamo di dire che o non siete in buona fede o vivete sulla luna o siete degli ingenui pericolosi. La realtà del paese è sotto gli occhi di tutti ed è quella che è. Nessuno la può cancellare.

E a chi adempie serenamente al dovere di cittadino, a chi non obietta, a chi, in questi tempi, tiene fede al dettato costituzionale, che cosa date? Nulla!

Nessuna norma sancisce, tanto per fare un esempio, che la validità del servizio prestato sotto le armi, sarà computata ai fini dell'anzianità di lavoro, ai fini pensionistici.

Nessuna norma dice: la nazione è veramente grata a chi ha fatto il proprio dovere.

Una simile legge calata in questa realtà, ahimè, avrà effetti deleteri, dirompenti sull'intero paese al quale, dopo aver distrutto, la scuola, farete mancare un'altra scuola, quella dell'esercito, mai tanto utile come in questa società dei consumi dove i giovani vengono giornalmente avvelenati dal malcostume, dalla corruzione, dai cattivi esempi, dalla pornografia, dalla forza bruta e allucinante del denaro. Smantellate così un altro pallido baluardo di difesa. Crolla davvero, tutto! E voi sapete benissimo, fra l'altro, che un paese senza forze armate è un paese senza vita civile, senza fabbriche, senza attività produttive, senza avvenire, senza politica estera.

La solitaria, povera, ma virile Somalia -e prendo un paese del Terzo Mondo- ha una presenza che noi non abbiamo perché popolo, e forze armate che vivono in un disegno collettivo, credono in qualche cosa.

Non l'avrà più l'Italia con le sue forze armate ridotte a terreno di contestazione, di diffamazione, dove, impunemente, gli ideologi, di cui parla Pisacane, possono fare tutti gli esperimenti anche quello di renderle completamente inutili alla vita del proprio paese che, disarmato soprattutto moralmente, è destinato a contare sempre meno, e, cosa più grave, ad essere preda delle «armi» altrui.

Giuseppe Niccolai