Anno XIX (1972) - n° 4 - Aprile 1972


 

Sommario:

1) Al maggio "rosso" del 1968, un maggio "tricolore" 1972
2) Come si fabbricano i Deputati (nel PRI)
3) Il caso Rauti. Battere la congiura
4) Elettore...
 


 

Al maggio "rosso" del 1968, un maggio "tricolore" 1972

Non ci sono dubbi: gli Italiani hanno ribaltato il proprio stato d'animo che, nel Maggio 1968, li portò a votare a sinistra.
Il maggio 1968 fu un maggio rosso.
Una indiscussa vittoria della sinistra democristiana che, vincendo nel 1962 a sinistra nel Congresso di Napoli su «tutta» la DC, aveva gettato sementi atte a raccogliere comunismo.
1968-1972. Sono passati quattro anni.
Che significato ha avuto andare a sinistra, più a sinistra ancora?
Crisi su crisi, ingovernabilità, violenza, disoccupazione, anticipato scioglimento delle Camere.
Il Paese oggi, piaccia o no, è a destra. Non ne può più. Come e stato possibile questo «miracolo», in un'Italia pigra, torbida, aggrappata ai suoi proverbiali, difficilmente sradicabili, pregiudizi ?
Cosa è accaduto?
Per capire qualcosa occorre rifarsi al 13 giugno 1971. A quel voto «popolare» che, non lo si dimentichi, per la prima volta in questi ultimi dodici anni, fece registrare, con il sorgere di un grande schieramento di opinione anticomunista, un regresso elettorale del PCI.
Ma perché quello che non era riuscito al partito dell'on. Malagodi, anche quando gli elettori erano stati con lui generosissimi, è riuscito al MSI, cioè spostare a destra un'Italia che, da anni, scivolava nelle braccia del PCI, consenziente la DC?
Perché quei voti, confluiti sulla DC e sul PLI «perché il Paese andasse a destra», erano stati utilizzati, sia dalla DC sia dal PLI, nel senso opposto al quale e per il quale erano stati dati.
Passata la festa elettorale, quei voti confluivano nella torbida palude del conformismo e della paura, cioè dell'apertura a sinistra.
Quei voti non determinavano né una volontà, né una politica perché coloro che li ricevevano, non avendo né volontà né coraggio, avevano, da tempo, alzata bandiera bianca nei riguardi del comunismo.
Diverso il voto del 13 giugno 1971.
Perché quei voti hanno pesato?
Perché quei voti hanno determinato il cambiamento di tendenza?
Perché fra l'elettore e l'eletto c'è stata una perfetta coincidenza di volontà morale, sociale, politica, nazionale.
Sono andati nel giusto senso perché chi votava sentiva (e sente) di votare, non tanto per un uomo o per un gruppo di uomini, ma per un'idea, per un principio, per un costume.
Quei voti hanno pesato e hanno spostato a destra l'asse politico perché partivano dal coraggio e al coraggio arrivavano.
Perchè partivano dalla volontà di cambiare e armavano una autentica volontà di rinnovamento.
Perché dicevano si va a destra ed erano (e sono) indirizzati ad uomini che, a diversità dell'on. Malagodi, sono decisi ad andare a destra. Perché quei voti erano (e sono) voti semplici, umili, di cittadini in buona fede, di ceti sociali che cercavano (e cercano) nel gran buio e nella sozzura (è il caso di dirlo) della politica italiana un gruppo di uomini in buona fede, ai quali indirizzarsi e dai quali non venire traditi.
Ecco il peso morale di quei voti del 13 giugno.
Ecco perché l'Italia va a destra.
Ecco perché quei voti hanno determinato l'inversione di tendenza, di idee, di vocazioni.
Si tratta ora, con il voto del 7 maggio, di andare innanzi sulla stessa strada.
Coraggio, Elettore, la strada del 13 giugno è la strada buona.
Al maggio rosso del 1968, un maggio tricolore 1972.
La via della speranza e della rinascita.
Nella libertà, nell' ordine, nella giustizia.




Come si fabbricano i Deputati (nel PRI)

Al «moralizzatore» La Malfa, feroce censore dell'Ammiraglio Birindelli, vogliamo ricordare l'interrogazione sotto riportata e pubblicata nel Bollettino della Camera dei Deputati del 30-3-1971.
L'on. Gunnella, chiamato in causa, si è guardato bene dall'invocare l'art. 58 del Regolamento della Camera che prevede la richiesta, da parte del deputato accusato di fatti che ledono la sua onorabilità, per la nomina di una Commissione di inchiesta la quale giudichi sulla fondatezza dall'accusa
È stato zitto.
On. La Malfa, come fa con simili precedenti, ad ergersi a giudice di uomini come l'Ammiraglio Birindelli?

Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell'interno per sapere se è a conoscenza di quanto scrive "la Voce Repubblicana" preoccupata della «cospirazione di destra», «dello Stato ormai paralitico per la decomposizione dei suoi organi», e della necessità di «recidere le unghie anche a quelle frange del sistema che alimentano, direttamente o indirettamente, la sovversione di destra e di bloccare il fascismo pseudo legalitario, quello che si esprime nella truculenza di linguaggio, nel fosco cipiglio di Almirante»;
per sapere se non ritiene di doversi informare presso il Commissario del Governo se è esatto che mentre "la Voce Repubblicana" così si esprimeva, tutta la stampa italiana apprendeva che un parlamentare del PRI, eletto in Sicilia, già consigliere delegato dell'Ente minerario, aveva assunto alla vigilia delle elezioni del 1968 alle dipendenze dell'Ente, il capomafia Giuseppe Di Cristina, già grande elettore della DC;
per sapere se è esatto che questo grande capoccia mafioso ha fatto riversare diverse migliaia di voti nella lista di La Malfa e di Gunnella;
per sapere se è esatto che il Di Cristina è stato assunto dal Gunnella all'Ente minerario con altri tre compari;
per sapere se è esatto quanto scrive la stampa italiana per cui il giornalista De Mauro, misteriosamente prelevato e scomparso senza lasciare traccia, aveva denunciato il funzionario Di Cristina, protetto di Gunnella, e la sua banda, ma il consigliere delegato Gunnella aveva trattenuto il Di Cristina all'Ente minerario;
per sapere se è esatto che il Di Cristina, funzionario dell'Ente minerario per virtù del Gunnella, è stato denunciato come il mandante di quattro ribaldi, che, travestiti da infermieri, sono penetrati nell'Ospedale di Palermo per accoppare a colpi di lupara un disgraziato che si era rifugiato in ospedale perché stanco di uccidere per commissione;
per sapere se questo non sia proprio uno di quei tipici casi in cui potere politico, delinquenza mafiosa e dominio economico, a braccetto fra loro, estendono la loro organizzazione criminale, di stampo mafioso, a ventaglio sulle tre province centro occidentali della Sicilia, quelle di Palermo, Caltanisetta e Agrigento;
per conoscere come sia possibile che un grande paese, come l'Italia, concentri le sue attenzioni su «complotti eversivi di quattro pensionati» e dimentichi invece situazioni di questo tipo dove lo «Stato» è messo alla mercé della criminalità più feroce;
per conoscere se sia in corso, anche in questo caso, da parte del PRI, la campagna per la moralizzazione della vita pubblica.

Niccolai Giuseppe



Il caso Rauti
Battere la congiura

Avevamo appena finito di scrivere: «accuseranno Almirante del terremoto di Ancona», che arrestavano il giornalista Pino Rauti.
Dobbiamo ammettere che sono « bravi ».
Una montatura più diabolica non potevano certo immaginarla e costruirla.
Lo hanno fatto. Con maestria. Le dichiarazioni, subito raccolte dalla Televisione, degli uomini politici dell'arco che va dal PCI alla DC e al PLI, sembravano già preparate «in anticipo».
Il "Corriere della Sera", come sempre informatissimo, dopo le disperate fatiche per difendere Feltrinelli, si è disteso sulla notizia, fornendo a "l'Unità" argomenti da registrare e ampliare.
La congiura, in tutti i suoi elementi, è sotto gli occhi degli Italiani. Va dai circoli miliardari della Milano-bene (che fanno capo al "Corriere della Sera" e a "l'Espresso" attraverso la «tenera» amicizia di Donna Giulia Crespi con Ripa di Meana), a "l'Unità", a "Potere Operaio", a "Lotta Continua", per saldarsi, alla fine, con la DC. Il sale della congiura è una solo:
dare fiato al PCI perché la destra non vinca.
A che serve il caso Rauti? Perché una inchiesta, che durava dal 1969, scoppia ora alla vigilia delle elezioni?
Il caso Rauti è un tentativo diabolico di far dimenticare agli Italiani la tragedia che stanno vivendo. È una trappola utile, al tempo stesso, alla DC per cantare il solito ritornello elettorale «dai i voti a me, io sola sono capace di difenderti», e al, PCI che, messo alle corde dalla vicenda Feltrinelli, può riprendere fiato.
Nulla di mutato sulla scena politica italiana: la DC non vuole alternative. Il gioco politico italiano è riserva di caccia per la DC e il PCI. Tutti gli altri sono bracconieri che vanno eliminati. Con qualunque mezzo. Ricorrendo a tutto. Guai se qualcuno si intromette a rompere il tacito accordo.
Il PCI è indispensabile al gioco della DC, come la DC è indispensabile al gioco del PCI.
Se una delle due pedine viene ad essere indebolita ecco che scattano tutti i congegni (anche i più mostruosi) atti a rimettere la partita in pari.
Infatti, quale forza persuasiva può avere la DC oggi, se non intimorire gli Italiani con la paura del comunismo con il quale (facci caso elettore!) torna puntualmente a collaborare subito dopo, a elezioni avvenute?
E il PCI non ha forse bisogno di questa democrazia cristiana da accusare, per prendere i voti ai proletari, di tutte le nefandezze, salvo poi, a elezioni passate, trescare con la stessa DC per questioni di potere?
Il caso Rauti è la dimostrazione limpida di questa collaborazione. Non serve, come scrive "la Nazione", la centralità democratica. Serve ed è utile alla collaborazione fra la DC e il PCI.
Il caso Feltrinelli, scoppiato in tutta la sua terrificante verità davanti agli occhi degli italiani, rappresenta la cartina di tornasole della validità delle tesi e della presenza della destra politica.
Salta (è il caso di dirlo) tutto. E in primo luogo il tacito accordo che, alla vigilia di ogni competizione elettorale, si instaura in Italia fra la DC e il PCI.
Io do a te la paura (del comunismo), e tu dai a me malgoverno (della DC). Con la «paura» io democrazia cristiana prendo i voti di una parte dell'elettorato; tu, partito comunista, con il malcontento generato dal malgoverno, ne prendi l'altra fetta.
Il sorgere della destra politica manda all'aria questo scambio di amorosi sensi.
Saltano non gli ideali, i princìpi, i sentimenti. Non ci credono più, né gli uni, né gli altri. Vanno all'aria poltrone, indennità, affari, prebende, tutta una «dolce vita», non certo nutrita di pane e cipolla.
Sono in gioco i miliardi arraffati in tutti questi anni. Da una parte e dall'altra.
L'intera «ragnatela», che succhia sangue e denaro del Popolo italiano, rischia di saltare.
E credete voi che, davanti ad una simile prospettiva, cioè quella di perdere le gioie di una vita «proletaria» in cellula e in parrocchia, ma «miliardaria» nei fatti, costoro si decidano a perdere scioccamente e tranquillamente la partita?
Ricorrono a tutto.
Ricorreranno a tutto.
Non si fermeranno davanti a nulla.
Si serviranno di tutto.
Del falso, della menzogna, del carcere. Di tutto.
Ecco da dove parte e si sviluppa il caso Rauti.
Il diabolico patto fra la DC e il PCI deve restare in piedi. In tutta la sua sostanza e in tutta la sua forza distruttiva. Fino a quando il patto scellerato non si trasformerà in un cappio che, ahimè, insieme alla DC (questi irresponsabili il cui lardo accumulato ha fatto perdere loro ogni giudizio), strozzerà gli italiani.
Caro elettore, se hai compreso il disegno mostruoso e diabolico, ribellati.
Con l'ira, santa e civile, in cui il coraggio si sposa all'intelligenza. Cuore, cervello, coraggio.
Solo così puoi battere il comunismo.

da "l'Unità":

«riconoscibilissimo, sotto l'elmo del legionario romano che trafigge Gesù,
il missino Pino Rauti»

Elettore...

Elettore,
se desideri che Pisa esprima un suo Senatore, ricorda che né la DC, né il PCI, né tantomeno gli altri partiti, hanno speranza di farcela.
Butti via il voto.
L'unico partito che può sperare è il MSI, il cui collegio di Pisa risultò, quando si votò nel 1968, il primo dei collegi toscani.
Non disperdere il tuo voto, elettore.
Vota perché Pisa abbia un suo Senatore, perché Pisa possa contare su un Senatore pisano.

Ringraziamo Giacomo Mannocci (PI) per il materiale di questa pagina