CAMERA DEI DEPUTATI
V  legislatura
(dal 18 giugno 1968 al 9 marzo 1972)


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del Deputato Niccolai Giuseppe
Presentata il 22 giugno 1968
 

Istituzione del Parco nazionale di
San Rossore-Migliarino

Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge che presento, in merito alla istituzione del Parco nazionale San Rossore-Migliarino, è quella elaborata a suo tempo dall'Associazione "Italia Nostra" e che non ha trovato, fino ad oggi, alcun parlamentare deciso a portarla innanzi.
Non sarà male ricordare che sull'argomento esiste, agli atti della Camera, altra proposta di legge presentata, nella passata legislatura, dagli onorevoli Raffaelli, Malfatti, Loperfido, Seroni, Giachini, Diaz Laura, Rossi Paolo Mario, Magno, Ognibene; proposta che, in un ampio preambolo, dove si trova modo e tempo di prendersela anche con il... fascismo, si denuncia una gravissima speculazione tesa alla distruzione della meravigliosa pineta da parte di una mezza dozzina di società per l'acquisto, la vendita e la lottizzazione dei terreni, società «a larga partecipazione socialista», così come ha scritto "l'Espresso".
«Se l'ultimo articolo del codice penale servisse a qualche cosa (quello che punisce chi, mediante costruzioni, demolizioni, o in altra maniera distrugge, o altera le bellezze naturali), oggi vedremmo imputati i Ministri della pubblica istruzione degli ultimi anni, i membri del Consiglio superiore delle antichità e belle arti, soprintendenti, provveditori alle opere pubbliche, sindaci e consiglieri comunali. È infatti cominciata la distruzione della pineta di Migliarino, tra Viareggio e Pisa, una delle più intatte foreste costiere mediterranee. È l'ennesima prova che, da noi, le risorse naturali vengono normalmente eliminate per diretta responsabilità di coloro che dovrebbero custodirle gelosamente: sconfessando così il nono articolo della Costituzione, secondo il quale (ma nessuno se ne è mai accorto) la Repubblica tutela il paesaggio».
Cosi Antonio Cederna su "l'Espresso". Ma i parlamentari comunisti, presentatori della proposta di legge per il Parco nazionale San Rossore-Migliarino, ignorano (ed è molto strano) che a salire per primi sul banco degli imputati, di cui parla Cederna, dovrebbero essere assessori e consiglieri comunali del Partito comunista italiano che, dirigendo la cosa pubblica nel comune di Vecchiano, furono i protagonisti «primi» nel mettere in moto la macchina della speculazione contro la pineta di Migliarino.
Compiuta questa doverosa messa a punto torniamo, onorevoli colleghi, alla proposta di legge presentata dagli onorevoli comunisti e chiediamoci in che cosa differisca, nella sua articolazione tecnico-giuridica, dalla proposta di legge avanzata dall'Associazione "Italia Nostra".
Presto detto. Il contrasto nasce quando si affronta il problema dell'organo a cui affidare la gestione e la conservazione dell'istituendo Parco nazionale San Rossore-Migliarino. Perché mentre la proposta di legge presentata dai deputati del Partito comunista italiano affida la gestione e la conservazione del parco nelle mani degli Enti locali, cioè proprio a coloro che della «speculazione» sono i diretti responsabili; "Italia Nostra", nell'intento di allontanare le clientele fameliche che pullulano, purtroppo, intorno a comuni e province e regioni, affida il parco nelle sagge e responsabili mani dei competenti, dei tecnici, degli scienziati.
Il contrasto è tutto qui.
È stato scritto dal battagliero e benemerito settimanale "Terme e Riviere" che la proposta di legge di "Italia Nostra" non ha trovato e non troverà mai parlamentari disposti a portarla innanzi perché è «una proposta impopolare». Ebbene a questa impopolarità il sottoscritto si sacrifica ben volentieri.
Non vado oltre. Sulla meravigliosa e ineguagliabile pineta di Migliarino si è scritto tutto. Troppo. Ora è tempo che dalle parole si passi ai fatti. E ci si passi subito perché «domani potrebbe essere già troppo tardi».

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1
Per proteggere la natura, conservare la struttura e formazione geologica dei terreni, mantenere inalterati i valori figurativi del paesaggio è dichiarato Parco Nazionale San Rossore-Migliarino il comprensorio litoraneo di Tombolo, San Rossore, Migliarino, Massaciuccoli ed il Lago di Massaciuccoli con le seguenti finalità:
1) la ricerca scientifica con particolare riguardo alla flora ed alla fauna compresa nello stesso luogo di formazione biologica naturale;
2) il godimento ricreativo ed educativo per l'uomo dell'ambiente naturale e paesistico come bene di cultura.

Art. 2
La delimitazione topografica dell'area dichiarata Parco Nazionale risulta definita da un confine che a Nord, partendo dall'incrocio tra la ferrovia Lucca-Viareggio e l'autostrada E1, scende lungo l'autostrada stessa fino al Canale della Bufalina, segue il canale fino al mare, penetra al largo della costa fino ad un limite ad Est parallelo alla costa stessa e distante un miglio dalla battigia, percorre l'Arno dalla foce fino al fosso Nuovo Lamone e da questo seguendo il tracciato dell'ex tranvia Pisa-Tirrenia-Livorno risale ad Ovest lungo il canale dei Navicelli e la Via Veccia Livornese all'esterno verso Ovest dell'abitato di San Piero a Grado, prosegue ancora oltre l'Arno lungo il tracciato dell'E1 escludendo l'abitato di Migliarino, segue la ferrovia Pisa-Genova ed oltre la strada della bonifica circondando il Lago di Massaciuccoli lungo la strada pedemontana per ricongiungersi con il fosso della Burlamacca alla ferrovia Viareggio-Lucca.

Art. 3
Il territorio delimitato secondo l'articolo 2 e compreso nei comuni di Massarosa, Viareggio, San Giuliano Terme, Vecchiano e Pisa è soggetto all'amministrazione dell'Ente Autonomo Parco Nazionale San Rossore-Migliarino, Ente di diritto pubblico che viene costituito per questo scopo secondo le finalità istitutive della presente legge.

Art. 4
Per il rispetto e la protezione di una zona attigua al Parco Nazionale San Rossore-Migliarino subordinatamente agli interessi superiori del Parco, viene dichiarato soggetto a Piano paesistico secondo la legge di protezione delle bellezze naturali del 29 giugno 1939 il territorio periferico definito nei limiti topografici dalla Commissione provinciale delle bellezze naturali di Pisa integrata da un rappresentante del Consiglio direttivo dell'Ente Parco e da un rappresentante di "Italia Nostra" Associazione promotrice del Parco.

Art. 5
Per valorizzare le finalità del Parco con interessi attivi e rappresentativi di conservazione del patrimonio di flora e di fauna esistenti e con un richiamo educativo di carattere culturale di grande importanza viene data sede permanente in un nuovo organismo interno al Parco al Museo di storia naturale dell'Università di Pisa.

Art. 6
Nell'interno del Parco vengono distinte due tipi di zone definite secondo i limiti della planimetria allegata aventi i seguenti caratteri:
Zona A - Riserva integrale da conservare per l'interesse specifico della ricerca scientifica nella sua assoluta integrità. L'ingresso in questa zona è consentito solo con una autorizzazione del Consiglio direttivo dell'Ente Parco e con una guida ufficiale.
Zona B - Riserva naturale comprendente aree forestali, agricole, prative e stradali. In questa è previsto di massima l'accesso libero per l'uomo nei limiti di tempo e di spazio previsti dal regolamento dell'Ente Parco emanato per conservare e valorizzare i caratteri naturalistici del Parco in rapporto esistente ed alla fauna stabile e migratoria.

Art. 7
Nell'interno del Parco è vietato:
a) eseguire opere e sistemazioni edilizie a carattere provvisorio e permanente, aprire nuove strade o effettuare trasformazioni di quelle esistenti, escluso quanto risulti necessario alle finalità del Parco secondo le norme del Regolamento del Parco stesso;
b) esercitare la caccia e la pesca, catturare o disturbare gli animali, raccogliere o distruggere i nidi e le uova, introdursi con cani, armi ed attrezzature per la pesca di qualunque genere;
e) raccogliere o recare danno alle specie vegetali, tagliare le piante, con esclusione delle zone destinate a colture agricole;
d) aprire e coltivare cave di prestito e miniere, fare sbancamenti o livellamenti di terreni;
e) introdurre specie animali e vegetali senza regolare autorizzazione;
/) accendere fuochi all'aperto, transitare con oggetti e materiali suscettibili di accendere ed alimentare fuochi;
g) abbandonare nelle acque o sul terreno oggetti o rifiuti di qualsiasi genere;
h) produrre suoni o rumori molesti;
i) circolare o sostare con automobili o mezzi meccanici nell'interno. La presenza delle automobili e dei mezzi meccanici è ammessa soltanto sulle sedi stradali di accesso limitatamente alle zone di accesso autorizzato;
l) transitare con mezzi nautici a motore nel tratto di mare intorno al Parco e nel Lago di Massaciuccoli;
m) sorvolare a bassa quota ed atterrare con aerei ed elicotteri;
n) esercitare a carattere provvisorio o permanente qualunque attività pubblicitaria.

Art. 8
I territori compresi nel perimetro del Parco sono dichiarati di pubblica utilità e sono soggetti ad esproprio secondo le procedure della legge 15 gennaio 1885, n. 2892.
II regime delle colture agricole e forestali di tutto il territorio del Parco è concordata con l'Ente Parco in funzione degli scopi della presente legge.
I terreni e le altre proprietà del Demanio dello Stato nell'ambito del Parco si considerano concesse in perpetuo per la cifra simbolica di lire 1 all'Ente Parco, che potrà utilizzarli soltanto secondo i fini dichiarati nell'articolo 1 della presente legge.

Art. 9
I territori attualmente assegnati in dotazione al Presidente della Repubblica fanno parte del Parco Nazionale e sono integralmente assegnati alla disciplina della presente legge. Ad essi non si applicano gli articoli 56 e 57 del Testo unico sulla caccia. Nell'interno del Parco viene destinato come residenza del Presidente della Repubblica un territorio non superiore a 100 ettari comprendente la Palazzina di San Rossore e viene riservata all'uso del Presidente della Repubblica un tratto di spiaggia con via di accesso prospiciente la Palazzina.

Art. 10
La gestione del Parco è di competenza dell'Ente Autonomo Parco Nazionale San Rossore-Migliarino, che è amministrato da una commissione nominata con decreto del Presidente della Repubblica e posta sotto la vigilanza del Consiglio centrale dei Parchi nazionali, così composta:
a) un esperto nominato dal Consiglio superiore del Ministero dell'agricoltura e foreste con una specifica competenza nel campo faunistico e forestale;
b) un esperto nominato dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, con specifica competenza per la difesa del paesaggio:
e) un esperto nominato dal CNR con specifica competenza nel campo scientifico per la Biologia animale e vegetale;
d) uno zoologo, un botanico ed un geologo in rappresentanza dell'Università di Pisa;
e) il direttore del Museo di Storia naturale dell'Università di Pisa;
/) un rappresentante del Presidente della Repubblica;
g) un rappresentante del Ministero del Turismo;
h) un rappresentante di "Italia nostra";
i) un rappresentante dell'Amministrazione provinciale di Pisa ed un rappresentante dell'Amministrazione provinciale di Lucca;
l) un rappresentante del comune di Pisa;
m) un rappresentante degli altri comuni interessati.
I membri della Commissione restano in carica per tre anni e possono essere riconfermati una sola volta. La scadenza delle cariche avviene a turno quattro per ogni anno.

Art. 11
La Commissione nella sua prima adunanza elegge il Presidente, il Vicepresidente, il Segretario ed il Comitato esecutivo.
II Presidente rappresenta l'Ente a tutti gli effetti di legge.

Art. 12
La Commissione dell'Ente Parco provvede alla elaborazione entro 6 mesi dal suo insediamento di un piano di conservazione e valorizzazione del Parco e del regolamento per la sua gestione, in relazione alle finalità espresse all'articolo 1.

Art. 13
Il Comitato esecutivo è composto di 5 membri che restano in carica tre anni e sono rieleggibili per una volta; fanno parte di diritto del Comitato il Presidente dell'Ente, il rappresentante del Presidente della Repubblica ed il rappresentante di "Italia Nostra".
Spetta al Comitato esecutivo il compito di mettere in atto le delibere della Commissione e di far osservare le proposte di legge ed il relativo regolamento.

Art. 14
Il Direttore del Parco è nominato dalla Commissione che delibera con la maggioranza di due terzi dei suoi membri. La Direzione ha sede nell'interno del Parco.

Art. 15
Le infrazioni ai divieti di cui all'articolo 7 sono punite come segue:
a) quanto alle lettere a), b), c), d), con l'arresto fino a 4 mesi e con una ammenda dalle diecimila alle duecentomila lire, nonché con la confisca a favore dell'Ente Parco delle armi, delle munizioni, dei cani, dei mezzi e degli strumenti, e dell'eventuale prodotto della caccia e della pesca;
b) quanto alle lettere e), f), g), h), i), l), m), con l'arresto fino a venti giorni e con una ammenda dalle cinquemila alle centomila lire.
Chiunque abbia eseguito nel territorio del Parco opere o manufatti non autorizzati, anche a carattere temporaneo, è tenuto, a proprie spese, alla loro demolizione ed alla riduzione in pristino stato della località manomessa, nonché al risarcimento dell'eventuale maggiore danno arrecato. Se il trasgressore non ottempera alla demolizione ed alla riduzione in pristino, la Direzione del Parco provvederà d'ufficio addebitandogli tutte le spese.

Art. 16
I terreni compresi nel parco sono esenti dalle imposte e tasse sui redditi e sul capitale presenti e future. Le eventuali limitazioni allo stato attuale delle colture agrarie e forestali potranno essere oggetto di indennizzi fissati di volta in volta dall'Ente Parco in accordo con i proprietari.

Art. 17
Per le spese ordinarie e straordinarie provvede il Consiglio Centrale per i Parchi Nazionali assegnando una quota del finanziamento totale per i Parchi Nazionali iscritto nel Bilancio della Presidenza del Consiglio, in base al bilancio preventivo presentato dall'Ente Parco San Rossore-Migliarino.
Per le spese relative all'esproprio e al pagamento di canoni di affitti e di eventuali indennizzi è stabilito un finanziamento annuo di lire 300.000.000 a partire dal primo esercizio successivo alla presentazione della presente legge per una durata di anni 10.
L'Ente Parco è autorizzato a capitalizzare con un mutuo fondiario presso un Istituto di Credito specializzato le rate annuali dello stanziamento straordinario allo scopo di espropriare, con provvedimento di urgenza, le zone più interessanti del Parco.

Art. 18
Oltre allo stanziamento ordinario di cui all'articolo 17, costituisce fondo dell'Ente Parco i proventi derivati da contributi di Enti pubblici o di privati, donazioni e lasciti, redditi dei beni del patrimonio ed eventuali diritti di ingresso e di sosta.

Art. 19
L'Ente Parco è esente da ogni imposta o tassa riguardante i suoi beni e redditi. Sono pure esenti da imposte e tasse tutti gli atti che riguardano trasferimenti di proprietà donazioni e lasciti a favore dell'Ente Parco.

Norme transitorie

Art. 20
Fino all'attuazione del Consiglio centrale dei Parchi Nazionali, le competenze ad esso demandate sono attribuite al Ministero dell'agricoltura e delle foreste ed al Ministero della pubblica istruzione.


Art. 21
Fino all'attuazione del Consiglio centrale dei Parchi, alle spese ordinarie e straordinarie provvederà il Ministero dell'agricoltura con stanziamenti annui, da inserirsi nel suo stato di previsione.

Allegati

Allegato 1
I valori naturali e paesistici delle foreste San Rossore-Migliarino come patrimonio culturale ed ambiente educativo per l'uomo.

La comprensione dell'ambiente naturale da parte dell'uomo presenta caratteri di grande attualità e di rinnovato interesse per la vita moderna.
Gli antichi insediamenti abitativi sorti e sviluppati nei nostri territori per esigenze di lavoro agricolo e di vita associata per famiglie sono rimasti ancora nella tradizione di particolari strutture d'ambiente a rivelare la partecipazione attiva della persona umana alla vita dei campi e la responsabile posizione funzionale e figurativa della casa nel paesaggio.
Questo contatto diretto ha portato ad una graduale trasformazione antropica della natura, acquistando l'ambiente nuovi fattori di determinazione spaziale ed espressiva. Occorre soltanto ricordare gli aspetti della nostra campagna toscana tutta profondamente umanizzata, ricca di casolari, ville e paesi, elementi di rilievo plastico e figurativo su un paesaggio di collina e di pianura sempre vario nei suoi aspetti morfologici, nelle prospettive, nei colori.
Si è verificato poi il rapido impulso del progresso di vita economico, tecnico, industriale, che ha disertato la campagna e si è accentrato nelle città con sviluppo di attività e di cicli operativi intensi e congestionati nei rapporti collettivi di lavoro, di mercato, di residenza, di svago. La vita in campagna è rimasta misera e modesta in tutte le sue manifestazioni e lo svuotamento sociale dei territori con la corsa frenetica verso la città per raggiungere un elevato grado di benessere ha provocato il distacco dall'ambiente naturale dell'uomo sempre più attratto ed affaticato dall'urgenza di produrre e di acquisire nuove ricchezze.
Si sono quindi invertite le condizioni di vita tanto che ora si sente la necessità di un ritorno alla distensione ed al riposo cercando il recupero fisico, intellettivo e spirituale della persona umana.
L'ambiente naturale delle foreste si presenta come l'insieme delle condizioni, in cui può compiersi questo processo di rigenerazione sotto tutti gli aspetti.
Lo stato climatologico è ideale per la purezza dell'atmosfera, la protezione dei venti, per le temperature moderate senza forti sbalzi tra il giorno e la notte. A questi fattori si aggiunge la possibilità di mettere in moto l'organismo in modo completo riattivandone fisicamente tutte le funzioni.
Per documentare l'importanza soltanto di uno di questi fattori riporto il risultato di una recente indagine condotta a Parigi e pubblicala sul libro "Paris costruit". Numero di microbi esistenti in un metro cubo d'aria: 4 milioni nei Grandi magazzini, 575 mila sui Grands boulevards, 88 mila all'avenue des Champs Elysées, 1.000 al parco Montsouris, 50 nella foresta di Fontainebleau.
La presenza dell'uomo nell'ambiente della natura determina anche la possibilità di una riattivazione più ampia e profonda delle facoltà intellettive stanche dalla tensione delle applicazioni sopra gli stessi temi di lavoro della vita quotidiana.
È difficile sapere che cosa avviene nel laboratorio del nostro cervello; ma è sintomatico il fatto che specialmente gli uomini di scienza, di cultura e d'arte sentono la necessità urgente di portarsi spesso a contatto con la natura, allo scopo di ritrovare in se stessi tutte le capacità potenziali per scoprire i grandi problemi della vita.
L'assenza poi dai rumori produce e restituisce all'organismo una naturale distensione psicologica di grande importanza per la ripresa dell'attività di tutti i giorni.
La posizione romantica ruskiniana che annulla la personalità umana di fronte allo spettacolo paesistico della natura che è oggetto di illimitata contemplazione, è superata come la posizione classica, che afferma la personalità dell'uomo al di sopra dell'ambiente. La persona umana di fronte alla natura è un soggetto d'integrazione e di comprensione dell'ambiente.
La cultura del paesaggio come fonte educativa e spirituale deve intendersi in continua ricerca del soggetto dove potenzialmente si trova; quindi attività critica e creativa nello stesso tempo, interpretazione ed invenzione della persona di fronte alla fonte espressiva dell'ambiente.
Per comprendere questi valori della natura è necessario quindi che l'uomo non trasferisca in campagna tutte le abitudini di vita cittadina e borghese -case, svaghi, ristori- ma si trasformi in se stesso ritrovando la sua personalità e cambiando completamente il costume convenzionale di vita quotidiana.
Prof. Ing. Giancarlo Nuti
Sintesi della relazione tenuta al Convegno di studio sul tema: « Il Parco nazionale San Rossore-Migliarino » voluto e organizzato dalla sezione pisana < Italia nostra » il 1&17 gennaio 1965 a Pisa


Allegato 2
Sulla vegetazione litoranea

L'Ispettorato regionale delle foreste per la Toscana non ha che da sottolineare in questo convegno quello che ha già espresso nel precedente congresso indetto dall'associazione "Pro loco di Grosseto", dalla sezione "Italia nostra" della stessa città, e dalla "Società naturalistica Maremma", sulle necessità della più assoluta conservazione della fascia di vegetazione erbacea, arbustiva ed arborea del litorale di questa regione.
A parte l'enorme interesse paesaggistico dei rappresentanti più insigni di questa vegetazione come sono i boschi soprattutto di pino domestico e secondariamente di pino marittimo, a parte il notevole interesse botanico e faunistico di certe zone, prima fra tutte San Rossore, non bisogna assolutamente dimenticare che tutta la vegetazione litoranea disimpegna qui un ruolo fondamentale di consolidamento delle mobili arene nonché di difesa delle colture, dei manufatti e delle altre più importanti opere dell'uomo del retroterra, dalla violenza dei venti di mare e perciò carichi di salsedine, in modo particolare del terzo quadrante.
Né può escludersi anche da parte della stessa vegetazione, una certa funzione, arginante entro certi limiti il disordine idrico causato in determinate condizioni dal divagare delle acque in conseguenza del ristagno dei corsi d'acqua.
E cosi non può trascurarsi in questo ambiente l'estrinsecazione da parte della massa vegetante di una funzione correttrice sotto un profilo più generale di certi elementi del clima data la ben nota tendenza della foresta di crearsi gradualmente nelle stagioni secche un ambiente sempre più umido e viceversa in quelle umide un ambiente sempre più secco.
Ora è chiaro che per assicurare l'integrità di queste importanti complesse funzioni, è necessario il più assoluto rispetto di questa vegetazione nel senso che ogni nostro intervento su di essa deve essere guidato dal più rigoroso criterio della sua conservazione.
È noto che ad eccezione delle pinete in genere di pino domestico e marittimo -le quali del resto si sono perfettamente naturalizzate- tutta la nostra vegetazione litoranea è di origine naturale e formatasi date le eccezionali difficoltà dell'ambiente (alidore e offesa dei venti marini) attraverso un processo lentissimo di selezione delle specie più adatte.
Essa pertanto si distribuisce a partire dalla battigia cosiddetta del mare agitato, secondo altezze crescenti che vanno da quelle delle specie tipicamente alofìte dei generi Salsola, Hrmgium, Ammophila, Euphorbia, ecc., a quella della tipica macchia dei litorali dominata nella posizione più avanzata sul mare dal ginepro coccolone, quindi a quelle del piano di vegetazione arborea costituito in prevalenza dalle pinete di pino domestico.
Una massa vegetante siffatta, disposta perciò secondo un piano inclinato rivolto a mare, oppone una difesa elastica e della massima efficienza, alla violenza dei venti marini.
É da rilevare ancora che procedendo dal battente marino verso terra, cresce, oltre che l'altezza delle piante anche il numero delle specie di queste, per l'evidente ragione che col migliorare delle condizioni ambientali si allarga sempre più il campo delle possibilità di vegetazione per quelle via via meno frugali.
Altra circostanza importante va considerata quella che con l'infittire della vegetazione aumenta considerevolmente la funzione miglioratrice del suolo coltivato inteso questo come sede di una miriade di microrganismi vegetali ed animali che fanno del terreno un complesso ed armonico laboratorio vivente.
Sotto questo aspetto viene a configurarsi il vero significato della parola «bosco» inteso questo non già come un semplice aggregato di piante d'alto fusto, bensì come un organismo equilibrato che abbraccia in una sintesi armonica gli alberi, gli arbusti, le piante erbacee, la stessa copertura morta e tutta la lunga catena di interazioni e di cicli vitali degli esseri micro e macroscopici, che ne popolano il suolo ed il soprassuolo.
Ogni nostro intervento quindi che venga a turbare questo delicato equilibrio può avere conseguenze incalcolabili tanto più gravi ove si pensi che la ricostruzione artificiale di questo soprassuolo è bene spesso -per le difficoltà ambientali- impossibile e che la natura per portare la macchia litoranea a un grado di evoluzione come quello attuale ha impiegato senza dubbio un tempo lunghissimo.
Va poi oltretutto considerato che questa espressione naturale della vegetazione nell'ambito di una regione a intenso grado di colonizzazione agricola come la Toscana, condiziona quel rapporto fra terra coltivata e terra non coltivata che riveste un'importanza più grande di quanto non si creda in ordine all'esito delle nostre colture.
Anche l'erba selvatica del ciglio di un fosso può in determinate circostanze manifestarsi utile con l'ospitare forme di vita che controllano secondo cicli biologici più o meno complessi, lo sviluppo di altre forme di vita a noi manifestamente dannose.
Dalle poche cose fin qui dette emerge chiaramente la necessità di conservare sempre integro questo nostro patrimonio vegetale dei litorali.
Qualunque causa di danno è ben poca cosa di fronte alla grave minaccia degli insediamenti che pende costantemente sulle pinete, le quali, fra l'altro, impongono al litorale toscano un contrassegno di inconfondibile bellezza.
Ora per conservare le pinete toscane, non v'ha che di applicare ad esse, forme di governo e di trattamento conformi ai veri boschi di protezione.
La forma di utilizzazione più adatta a questo fine è quella che nelle discipline forestali è chiamata taglio saltuario da cui consegue la disetaneità dei soggetti che compongono i popolamenti arborei.
Per quanto sembri a qualcuno strano, le pinete litoranee della Toscana sono, fatte poche eccezioni, disetanee per la pratica del taglio saltuario in esse applicata.
Caratteristica fondamentale di questa forma di governo è naturalmente quella che la perpetuazione del bosco si attua secondo un processo di disseminazione naturale costantemente in atto.
In questa situazione sono del resto gran parte delle pinete esistenti nel bacino del Mediterraneo e particolarmente quelle della Spagna e dell'Anatolia le quali, anche per quanto concerne la produzione in pinoli, attraverso il tempo, non apparirebbero, da qualche confronto, in condizioni di svantaggio rispetto alle altre.
È chiaro a questo punto che l'insediamento fisso (conseguente alle lottizzazioni) e anche quello temporaneo stagionale, ma sistematico nella successione annuale, vengono a scalzare, modificando l'intima struttura del complesso e le condizioni che costituiscono il presupposto essenziale della rinnovazione, quello che è il principio base della conservazione del bosco.
Né vale l'assicurazione che viene di solito data del rispetto delle piante di pino nei singoli lotti poiché è anche troppo evidente che con le lottizzazioni il complesso vegetante non ha più il carattere di bosco quale qui è stato definito, bensì quello di una semplice alberatura.
Gli insediamenti di qualsiasi tipo devono perciò aver luogo sempre fuori dell'area occupata dalla vegetazione litoranea che ho testé descritto.
Ogni specie di compromesso infatti fra questi particolari boschi e le varie esigenze legate al turismo che premono su di essi appunto perché tali, non possono che portare alla rovina progressiva degli stessi complessi boscati e quindi degli stessi strumenti che condizionano l'eccezionale sviluppo degli insediamenti in queste zone.
La responsabilità perciò di chi è chiamato a studiare le necessarie leggi speciali adatte per l'assoluta protezione di questo bene inestimabile qual è la nostra vegetazione litoranea, nonché di chi sarà chiamato poi ad applicare queste leggi, è grande.
Ritengo comunque che un primo importante passo sulla via del conseguimento di questa alta finalità sarà fatto, allorché proprio chi ha o avrà la responsabilità che testé ho accennato sarà pienamente convinto, di quanto ora ho, modestamente, esposto.

Dottor Giuseppe Bosetto
Ispettore regionale delle foreste per la Toscana
Memoria presentata al convegno di studio sul tema «Il Parco nazionale San Rossore-Migliarino», voluto e organizzato dalla sezione pisana di "Italia nostra" il 16-17 gennaio 1965 a Pisa.


Allegato 3
L'interesse e l'importanza scientifica della fauna di San Rossore

Illustrare l'importanza della fauna di San Rossore è compito un po' difficile, perché, volendo entrare in dettaglio, sarebbe necessario riferirsi principalmente ad animali che il profano non conosce. La avifauna da sola giustificherebbe la creazione di un parco nazionale, ma la ricchezza maggiore della fauna di San Rossore è rappresentata dagli invertebrati, in pratica cioè, dalla microfauna. In genere quando si parla di protezione della fauna si pensa ad una protezione dal nemico più vistoso che è il cacciatore, e quindi può a prima vista sorprendere che si vogliano proteggere insetti e lombrichi, millepiedi e ragni che nessuno insidia. Il fatto è che il pericolo maggiore per la fauna in generale è rappresentato nelle nostre regioni dalla distruzione degli ambienti naturali e delle associazioni vegetali attraverso il disboscamento, l'estensione delle colture, le bonifiche, l'uso indiscriminato degli insetticidi e dei diserbanti, l'inquinamento delle acque. Ogni specie animale ha determinate esigenze ambientali e, per poter vivere e riprodursi, ha bisogno di condizioni ecologiche particolari e diverse. Quanto più monotona e uniforme o scarsa diventa la copertura vegetale, tanto più povera sarà anche la fauna.
La prima ragione della ricchezza della fauna di San Rossore-Migliarino è dovuta al fatto che nel comprensorio sono conservati una serie di ambienti che altrove si stanno facendo più rari o che sono estremamente ridotti in estensione. Il problema della estensione di un ambiente è estremamente importante per la sopravvivenza della specie. Se il territorio di caccia, la località adatta per la nidificazione, con una parola, l'habitat, è troppo ristretto, la specie non può viverci o si riduce ad un piccolo numero di esemplari ohe una piccola calamità naturale, come un inverno più rigido o un piccolo aumento dei predatori può distruggere. Sappiamo che nelle piccole isole, proprio per questi motivi la fauna è povera in numero di specie. Ebbene, anche un ambiente naturale, se poco esteso, è come un'isola ed è povero di specie.
A San Rossore-Migliarino alcuni ambienti per fortuna hanno conservato una discreta estensione ed un considerevole numero di specie di grande interesse. L'arenile di San Rossore è forse uno dei biotopi più interessanti. Lo sfruttamento balneare ha reso sempre più rari gli arenili in condizioni naturali dove si accumulino i detriti rigetti dal mare (e qui particolarmente abbondanti per la vicinanza delle foci dell'Arno e del Serchio) e dove, soprattutto, non sia interessata la successione ecologica con l'entroterra (i nastri di asfalto tanto cari ai lottizzatori rappresentano una disastrosa frattura in un ambiente fra i più interessati) e già si prospetta questa minaccia per la zona di Migliarino. Oltre a queste ragioni di conservazione naturale, l'arenile di San Rossore si presenta di particolare interesse perché, mentre a nord del Gombo prosegue ancora l'edificazione costiera, si ha invece tra il Gombo e l'Arno un attivo processo di distruzione della zona litoranea. Ciò consente di studiare da una parte il sorgere ed il consolidarsi delle associazioni biologiche, dall'altra la loro degradazione conseguente alla invasione del mare. La microfauna del litorale di San Rossore proprio per questi motivi ci sta particolarmente a cuore ed è oggetto continuo di studi da vari anni, soprattutto per merito del dottore Tongiorgi, che vi raccoglie e classifica migliaia di esemplari e centinaia di specie in ogni stagione dell'anno.
Gli acquitrini salmastri delle lame presso l'Arno sono un altro ambiente di grande interesse scientifico, con un popolamento misto di forme provenienti in parte dalle acque dolci, in parte dal mare e in parte tipiche delle acque salmastre. Diverse specie platelminti nuove per la scienza sono state trovate qui por la prima volta e di parecchie non se ne conoscono altre stazioni. Certe altre specie che vi vivono sono note solo per le acque salmastre del Baltico. È stata una vera iattura che la bonifica delle pasture più a monte abbia interrotto la continuità degli acquitrini nei quali si poteva avere un gradiente continuo di salinità, dalle acque completamente dolci alle acque con salinità anche elevata presso la spiaggia.
Non vi annoieremo con i nomi delle specie e nemmeno dei gruppi animali che in San Rossore presentano un interesse particolare. Ci preme però sottolineare un punto molto importante: la microfauna di San Rossore è ancora in gran parte sconosciuta, ma quello che ancora non si conosce è del più grande interesse. Ogni volta che uno specialista di un gruppo vi ha compiuto raccolte sistematiche, vi ha trovato forme di molta importanza spesso nuove per la scienza. Faremo solo un esempio. Sino al 1951 non si sapeva niente dei Nematodi (vermi cilindrici) delle sabbie dell'arenile. Il dottor Gerlach in soli nove mesi di studi vi raccolse un gran numero di specie mai segnalate in Italia e 35 specie nuove per la scienza.
Ma la raccolta e la classificazione degli animali e delle piante è solo uno dei molti aspetti della ricerca biologica condotta in natura (non meno importante e feconda di quella svolta in laboratorio). Gli studi di ecologia, cioè dei rapporti tra organismo e ambiente, e di comportamento animale fioriscono oggi in tutti i maggiori centri universitari. Per lo svolgimento di queste ricerche, una delle condizioni più importanti è di nuovo la disponibilità di un ambiente naturale, dove animali e piante vivono indisturbati, dove i rapporti fra predato e predatore, tra ospite e parassita non siano alterati, dove, insomma, si possa seguire veramente la vita in condizioni naturali. Non si può studiare la psicologia degli uccelli in una zona infestata da cacciatori ed egualmente poco redditizia sarà una ricerca sulla vita negli arenili condotta in mezzo ad una folla di bagnanti. A San Rossore, per esempio, è stato possibile condurre lunghe ricerche sull'orientamento astronomico di alcuni crostacei e di certi ragni, che certamente sarebbero state impossibili in altre zone della provincia.
L'avifauna di San Rossore-Migliarino rappresenta uno dei pregi maggiori anche dal punto di vista estetico ed educativo del comprensorio in questione. Infatti, mentre la mammalofauna è stata radicalmente alterata dall'azione secolare dell'uomo così che pur non mancando specie pregevoli anche fra i grossi mammiferi, quali il cinghiale e il daino (altre, come il gatto selvatico, la lontra, ecc., potrebbero essere utilmente reintrodotte), nel suo stato attuale deve ritenersi piuttosto banale, solo nell'ultimo quarantennio gli uccelli hanno avuto a soffrire per la sensibile e progressivamente più grave azione dell'uomo, e tuttavia a tali danni sarebbe ancora possibile ed anzi facile porre rimedio entro un breve lasso di tempo. Ancor oggi infatti il complesso della fauna ornitica di San Rossore-Migliarino deve ritenersi fra i più pregevoli d'Italia. Dobbiamo alla paziente fatica del professore Caterini un elenco completo delle specie che soggiornano o che visitano regolarmente o saltuariamente la zona. Orbene, su 510 specie finora segnalate in Italia ben 263 frequentano la zona che ci interessa, cioè quanto a dire che più della metà della fauna ornitica d'Italia può essere osservata e studiala in questa sede. Più che un elenco che, per essere lungo, riuscirebbe monotono, delle «rarità», osservate a San Rossore che, oltre a tutto, si presterebbe alla obiezione che non si costituisce un parco nazionale per la protezione delle specie migratrici accidentali o quasi in Italia e che capitano nel parco in maniera saltuaria, si deve richiamare l'attenzione sul fatto che, benché manomesso in modo grave da opere di drenaggio che definire infelice è il meno che si possa, non meno di 81 specie di uccelli nidificano regolarmente nelle due tenute ed altre 62 vi svernano regolarmente. E basterebbe ripristinare le condizioni naturali del deflusso delle acque per ricreare un ambiente idoneo a molte altre specie e soprattutto per consentire la sosta a migliaia di migratori. Un ultimo argomento vorremmo aggiungere agli altri che già rendono inestimabile il valore scientifico di San Rossore, ed è la vicinanza di un centro di studi e di ricerche quale l'Università di Pisa. Se paragoniamo la nostra conoscenza sulla fauna e sulla flora di San Rossore-Migliarino (per quanto incompletissime) con quelle di altre zone consimili ci accorgiamo della grande importanza della vicinanza di studiosi e di laboratori. Gli istituti di zoologia, di biologia generale, di entomologia agraria, di botanica, della nostra università (ma anche di altre università toscane) hanno svolto e svolgono ricerche sistematiche, ecologiche ed etologiche sugli organismi di San Rossore-Migliarino. Per i ricercatori è una fonte inesauribile di materiali, di problemi, di argomenti, per gli studenti una magnifica palestra. Di questi interessi dell'Università di Pisa fanno fede numerose deliberazioni, delle quali leggerò la più recente, votata all'unanimità dalla facoltà di scienze nel giugno 1962, allorché si fece più minacciosa per Migliarino la speculazione edilizia:
«Il consiglio della facoltà di scienze, vivamente allarmato dai progetti di lottizzazione della macchia di Migliarino, che porterebbero alla distruzione di un ambiente il quale, unitamente alla contigua tenuta di San Rossore, costituisce un complesso floristico e faunistico di inestimabile valore scientifico e paesistico, considerato anche che la macchia litoranea è oggetto di ricerche scientifiche da parte di diversi istituti della facoltà, fa voti affinché le competenti autorità intervengano sollecitamente onde la zona di Migliarino sia conservata in condizioni naturali, vietando la lottizzazione e l'apertura di nuove strade».
Né si pensi, a parte la vicinanza ad un centro di studi, che la funzione di un parco San Rossore-Migliarino possa essere svolta da altre riserve, nemmeno per la protezione della avifauna.
Infatti gli organismi internazionali che si occupano della conservazione della fauna sono unanimemente giunti alla conclusione che la conservazione delle specie migratrici -sia totali che parziali- che rappresentano una larga parte dell'avifauna delle regioni temperate, dipende dall'esistenza di una rete di riserve lungo le vie di migrazione in cui vi siano le condizioni idonee per le varie specie. Queste aree devono avere consistenza sufficiente a permettervi durante la migrazione la concentrazione di un'aliquota tale dell'intera popolazione emigrante che possa ripristinare l'intera popolazione ove quella che non vi rimane dovesse essere decimata altrove. In pratica per ciascuna specie occorre assicurare l'assistenza di un habitat perfettamente congruo e di estensione sufficiente durante lutto il suo ciclo biologico in modo da evitare che la popolazione possa scendere al di sotto dei limiti critici, i quali, purtroppo, per molte specie di uccelli europei, stanno già per essere raggiunti.
Le aree in Toscana che siano idonee a svolgere tale funzione sono incredibilmente poche e le migliori tra esse sono tre: San Rossore-Migliarino, i monti dell'Uccellina-Bocca di Ombrone e infine la foresta Casentinese, tre complessi tuttavia che si presentano con caratteri assai diversi fra di loro, cosicché sarebbe o sciocchezza o malafede il sostenere che uno possa sostituirsi all'altro.
Visti i caratteri della fauna che ci interessa, ne scaturisce che nel progettare il Parco nazionale di San Rossore-Migliarino si dovrà partire dunque da alcune considerazioni fondamentali. In primo luogo la protezione effettiva di ciascuna specie si realizza solo a condizione di porre a disposizione di quella specie un'area in condizioni assolutamente naturali o in cui tali condizioni possano rapidamente ripristinarsi; in cui una popolazione sia sufficientemente numerosa da potersi perpetuare anche se circostanze naturali le impongono occasionalmente gravi perdite. Gli individui vi dovranno poter vivere in spontaneo equilibrio con tutte le altre specie animali e vegetali, ivi compresi i loro nemici, il cui ruolo biologico è fondamentale.
In secondo luogo, mentre per la microfauna aree limitate di qualche decina di ettari possono essere sufficienti, per i mammiferi e ancor più per gli uccelli occorrono aree molto più estese. Ai fini della progettazione del parco, quando siano tenute presenti le esigenze dei mammiferi e degli uccelli, le altre potranno essere considerate automaticamente soddisfatte.
Da queste premesse scaturisce, quando si consideri la distribuzione e la consistenza dei vari biotopi nel comprensorio in studio, che il parco, se deve assolvere alle proprie finalità istituzionali, deve consistere di non meno di 8 mila ettari di territorio classificati nella categoria A del progetto di legge-quadro dell'onorevole Raffaele Leone e del progetto degli onorevoli Rossi, Restivo, Marangoni, La Malfa e Badini Gonfalonieri, nonché di almeno 4 mila ettari di riserva parziale in cui la caccia possa essere inibita totalmente in tutti i periodi in cui ciò sembra opportuno alle autorità del parco. Nella riserva parziale il regime attuale delle attività culturali dovrà restare invariato mentre dovrà essere tassativamente vietata la circolazione dei natanti a motore entro due miglia dalla spiaggia per tutta la zona prospiciente il territorio.
In pratica dunque zona A per tutto il territorio compreso fra il mare, il fosso della Bufalina, la ferrovia, Barbaricina e l'Arno, ripristinandovi le naturali condizioni di impaludamento e vietandovi l'introduzione di specie animali o vegetali non caratteristiche del territorio, l'ulteriore effettuazione di utilizzazioni forestali, raccolta di vegetali, catture animali, esercizio della caccia e della pesca, l'introduzione di armi ed esplosivi e qualsiasi altro mezzo di distruzione e cattura. Dovranno essere inoltre vietati sbarramenti idrici, costruzione di strade ed elettrodotti, estese opere edilizie, campeggi, pratica di sport organizzati, fuochi all'aperto, transito fuori dei percorsi autorizzati, sorvoli a bassa quota con aerei od elicotteri e quegli altri divieti previsti dalle leggi-quadro che stanno per essere approvate dal Parlamento. Nella rimanente zona di riserva, parziale invece, che dovrebbe comprendere il rimanente della tenuta di Migliarino ed il lago di Massaciuccoli, dovrebbero essere concentrate le attrezzature ricettive e culturali analogamente a quanto è previsto nel progetto di legge del Parco nazionale della Maremma (monti dell'Uccellina-Bocca d'Ombrone).

Prof. Simonetta dell'Università di Firenze
Prof. Floriano Papi dell'Università di Pisa
Dalla relazione tenuta al convegno di studi sul tema «Il Parco nazionale San Rossore-Migliarino» voluto e organizzato dalla sezione pisana di "Italia nostra" il 16-17 gennaio 1965 a Pisa.


Allegato 4
Il Parco nazionale San Rossore-Migliarino

Il recente Convegno regionale di studi tenuto dalla sezione di Pisa di "Italia Nostra" nei giorni 16-17 gennaio per l'istituzione di un Parco nazionale comprendente le foreste litoranee tra Livorno, Pisa, Viareggio ha consentito con le relazioni di docenti d'Università e di esperti altamente qualificati di presentare al pubblico il valore scientifico ed i caratteri tipici della flora e della fauna del territorio di Tombolo, San Rossore, Migliarino.
Questo vasto patrimonio biologico e forestale della Silva mediterranea, in tutte le primitive specie naturali viventi insieme a quelle dovute alle diverse trasformazioni ed importazioni antropiche, si presenta in massima parte ancora integro eccezionalmente preservato dopo tanti secoli dalla pressione della conquista edilizia verso le nostre spiagge e scogliere.
Il paesaggio rimasto intatto nei suoi elementi figurativi rivela l'espressione diretta e totale della natura proprio qui dove l'Arno ed il Serchio alla foce, dopo aver percorso una campagna toscana tutta umanizzata, rinnovano i termini di un confronto con l'infinita estensione dello spazio tra terra, cielo e mare.
La comprensione di questi beni da parte della società è un'esigenza culturale della vita moderna, promossa dal grado di civiltà.
Il sistema economico collettivo fondato sulla ricerca del benessere, la produzione di espansioni urbanistiche residenziali per un pubblico sempre più vasto ed esigente ed il rapido incremento della motorizzazione, hanno elevato lo stato della società ed ampliato gli interessi ed i rapporti di tutti con il mondo esterno, ma hanno ridotto lo spazio-tempo della vera vita dell'uomo.
Mantenere questo vitale ambiente della natura vuol dire lasciare a tutti un patrimonio insostituibile di valori capaci di rinnovare per l'umanità le risorse potenziali dell'intelletto e dello spirito. Il bene è veramente inestimabile, perché, dopo la sua distruzione non sarà possibile ricostruirlo anche impiegando tutti ì mezzi della tecnica e della scienza.
I recenti avvenimenti segnalati sono quindi di estrema importanza perché costituiscono una potenziale e progressiva minaccia di invadente urbanizzazione.
Dalla documentazione presentata al Convegno risultano infatti accertati i seguenti fatti:
1) La vendita a Società Immobiliari di vasti appezzamenti di terreno a pineta al limite Nord della tenuta Salviati.
2) La cessione da parte dell'Amministrazione Salviati della fascia costiera comprendente il litorale ed un tratto di pineta marittima al Comune di Vecchiano.
3) La costruzione di una strada consorziale nuova passata poi al Comune di Vecchiano e collegante il nucleo abitato di Migliarino con il tratto centrale dell'arenile, Canale della Bufalina-Bocca di Serchio.
4) La previsione del piano intercomunale Viareggio-Vecchiano della nuova destinazione di una zona agricola interna tra il Serchio e la pineta, comprendente insediamenti residenziali ed un centro attrezzato di servizi generali oltre allo sviluppo di una zona industriale attigua all'abitato di Migliarino.
Sono manifesti i segni irreparabili di una gravissima frattura dell'ambiente paesistico, la quale porterà la conseguente lottizzazione delle aree già vendute o in trattativa di compra-vendita.
Si deve inoltre aggiungere a questi fatti la notizia del decreto presidenziale del 5 gennaio 1965, che conferisce personalità giuridica all'Ente per lo sviluppo della zona portuale ed industriale Livorno-Pisa, con l'indicazione planimetrica dei limiti di estensione per le prime attuazioni e successivi sviluppi di utilizzazione industriale e commerciale.
La suddetta zona industriale per la vastità e l'ubicazione dei terreni interessati e per le conseguenze inevitabili delle sue installazioni verso le pinete costiere di Tombolo, Tirrenia, Marina di Pisa, distruggerebbe non solo la possibilità di realizzare nel comprensorio il Parco, ma anche l'esistente equilibrio urbanistico ambientale e le potenziali risorse del litorale.
La zona colpita dal programma di questi interventi investe nel cuore la regione delle foreste, che verrebbe in questo modo a perdere con la continuità territoriale l'unità di un ambiente naturale e la ragione di uno stato biologico radicato nel tempo ed esteso su tutta la costa.
Anche l'assetto idrogeologico e morfologico dei terreni sarebbe sconvolto e la pianura della valle dell'Arno verrebbe a perdere la protezione termoregolatrice delle pinete marittime.
L'iniziativa intrapresa da "Italia Nostra" si propone pertanto di preparare con urgenza un provvedimento legislativo efficace e completo per la costituzione del Parco nazionale San Rossore-Migliarino, che, secondo la mozione conclusiva del Convegno, consenta:
«l'indagine unita alla protezione ed al rinnovamento del patrimonio naturale della fauna e della flora e la possibilità di acquisire il godimento di un paesaggio naturale con tutte le garanzie imposte dalle esigenze di conservazione dei valori ambientali».
Il comprensorio Parco dovrebbe avere una estensione compresa da Viareggio a Nord al Calambrone a Sud, delimitala ad Est da una fascia confinante con le grandi arterie di comunicazione Nord-Sud per una superficie complessiva di circa ettari 13.500.
In relazione al carattere eccezionale di tutto il comprensorio la zona del Parco a nord dell'Arno fino al canale della Bufalina deve quindi essere considerata come Riserva Integrale e Generale, mentre la zona tra Viareggio ed il canale della Bufalina e tra Pisa, Marina di Pisa ed il Calambrone può essere classificata, tenendo conto della situazione esistente, tra le zone di protezione e controllate.
I temi trattati durante il Convegno e largamente diffusi dalla stampa locale e nazionale hanno suscitato un profondo interesse da parte del pubblico con importanti risultati per la formazione di un movimento responsabile di cultura.
In modo particolare è stato possibile scoprire per tutti:
1) I valori scientifici dell'ambiente naturale e la necessità di costituire queste riserve viventi della flora e della fauna per la ricerca applicata e la cultura del pubblico. Lo Stato che si propone di finanziare la ricerca scientifica considerata indispensabile per il progresso della civiltà, non può permettere la progressiva distruzione di questi laboratori modello di biologia vegetale ed animale, connaturati con lo stesso ambiente di spontanea formazione.
2) I valori figurativi e paesistici come la verifica espressiva di una realtà naturale al di fuori della soggettivazione umana, fonte di nuove invenzioni ed intuizioni critiche, partenza di una totale rigenerazione fisica, intellettiva e spirituale.
3) L'importanza di una responsabile educazione civile, privata e pubblica, che consenta in modo assoluto il godimento per ciascuno e la difesa per tutti dell'ambiente naturale, dove la vita dell'uomo, come quella degli altri organismi possa trovare sempre nel tempo il suo più perfetto equilibrio.

Gian Carlo Nuti.
Da "Italia Nostra", gennaio-febbraio 1965, n. 42.

Allegato 5
I congiurati della pineta

Se l'ultimo articolo del codice penale servisse a qualche cosa (quello che punisce chi. mediante costruzioni, demolizioni o in altra maniera distrugge o altera le bellezze naturali), oggi vedremmo imputati i Ministri della pubblica istruzione degli ultimi anni, i membri del Consiglio superiore delle Antichità e Belle Arti, soprintendenti, provveditori alle opere pubbliche, sindaci e consiglieri comunali. È infatti cominciata la distruzione della pineta di Migliarino, tra Viareggio e Pisa, una delle più intatte foreste costiere mediterranee. È l'ennesima prova che, da noi, le risorse naturali vengono normalmente eliminale per diretta responsabilità di coloro che dovrebbero custodirle gelosamente: sconfessando così il nono articolo della Costituzione, secondo il quale (ma nessuno se n'è mai accorto) la Repubblica tutela il paesaggio.
La macchia di Migliarino, di oltre 2.500 ettari, è compresa fra la Macchia Lucchese a nord e la tenuta di San Rossore a sud: essa costituisce dunque il nucleo centrale della più compatta plaga forestale litoranea italiana, con uno sviluppo costiero di quasi venti chilometri e una profondità massima di cinque; la sua è la tipica vegetazione mediterranea, fatta di pini marittimi, pini domestici, lecci, querce, eccetera. Mentre la Macchia Lucchese (circa 500 ettari) è proprietà del comune di Viareggio e la tenuta di San Rossore (oltre 5.000) è un bene demaniale in dotazione alla Presidenza della Repubblica, la macchia di Migliarino è di proprietà privata: per questo è diventata vittima delle mene della speculazione.
La triste storia comincia dieci anni fa quando sull'onda del benessere incipiente e del cronico disordine urbanistico, le coste italiane, in assenza di qualunque piano, studio e ragionevole previsione, diventano terra di conquista per le peggiori iniziative della cosiddetta «valorizzazione turistica».
Gli eredi Salviati, proprietari di Migliarino, sono ansiosi di trarre un lucro enorme dalla distruzione di un bene creato dai loro antenati. Il reddito della produzione dei pinoli, che pure è di parecchie decine di milioni l'anno, impallidisce ormai di fronte ai miliardi che offre la prospettiva della vendita e della lottizzazione della pineta. L'uomo cui i Salviati si rivolgono per avviare l'operazione è l'ingegnere Valdemaro Barbetta, oscuro quanto autorevole rappresentante di quella sottocultura urbanistica che nell'ultimo ventennio, giovandosi di compiacenze ai più vari livelli, ha contribuito a dare un volto ripugnante alle città e alle campagne d'Italia. È l'uomo, tanto per avere un'idea, che ha dato il via all'invasione edilizia di circa mille ettari di Punta Ala e che ha costruito quei due obbrobriosi agglomerati che si chiamano «città-giardino» di Viareggio e quartiere di San Gervasio di Firenze. Il piano che costui elabora per Migliarino è degno della sua fama: più di cinquecento ettari vengono investiti dall'alluvione edilizia a costituire una «città molto preziosa e raffinata», più un porto fluviale alla foce del Serchio «per miliardari di tutti i continenti», dove si sarebbero «cullati i sogni delle dive e le fantasie dei re del petrolio».
A questo progetto il Consiglio superiore delle Antichità e Belle Arti (la zona è infatti vincolata fin dal 1952) trova in un primo momento la forza di opporsi. Qualche tempo dopo però ci ripensa e, anziché promuovere un'azione decisa per la salvaguardia del comprensorio e la sua acquisizione, finisce con l'accettare il solito compromesso: spinto dal soprintendente di Pisa (inspiegabilmente tenero verso i progetti Salviati-Barbetta) e rinunciando per sempre al principio dell'intangibilità, nel 1958 approva un progetto che destina alla lottizzazione 232 ettari situati nella zona settentrionale della tenuta, tra l'Aurelia e il mare. Viene così autorizzata la costruzione di 800 mila metri cubi (cioè un volume pari a otto alberghi Hilton romani uno sull'altro), da infilare tra i pini come carta-velina, con conseguente trasformazione della pineta in squalificato suburbio.

Un gioco di miliardi
Alla condiscendenza della Pubblica istruzione si accompagnano le pressioni del comune di Vecchiano, nei cui confini rientra Migliarino; dista una decina di chilometri dalla costa e vuole uno «sbocco al mare». Tra Vecchiano e i nove eredi Salviati viene quindi stipulata una convenzione, in base alla quale il primo concede mano libera ai secondi nei 232 ettari e ottiene in cambio l'accesso all'arenile mediante la costruzione di una nuova strada attraverso la tenuta, più qualche altro piccolo favore. In sostanza, il comune baratta un limitato e precario vantaggio per un vero e proprio disastro nazionale qual è Io smembramento e la privatizzazione della pineta, e regala miliardi ai proprietari e agli speculatori in cambio di poco o niente. Lo strano è che questa convenzione, stipulata nel dicembre 1961, viene in seguito approvata con sorprendente velocità da tutte le autorità competenti: tra il marzo e l'aprile del 1962 riceve il benestare del provveditorato alle opere pubbliche, dell'ispettorato forestale, dell'ufficio tecnico erariale, della Soprintendenza ai monumenti e della giunta provinciale amministrativa.
Fatta la convenzione si costituiscono una mezza dozzina di società per l'acquisto, la vendita e la lottizzazione dei terreni (a larga partecipazione, spiace dirlo, socialista): oggi sono visibili i picchetti dei primi lotti presso l'Aurelia, e un motel sta per essere costruito un po' più in là; baracche abusive per i più diversi usi sorgono sull'arenile, ridotto a un letamaio; la strada di attraversamento è stata fatta, ma tutto lascia credere che sarà proseguita in modo da tagliare longitudinalmente tutta la tenuta: e già un migliaio di ceppaie di sottobosco sono state abusivamente abbattute. È una strada che, oltre al fine filantropico di portare i vecchianesi al mare, sembra fatta apposta per favorire l'urbanizzazione prevista non solo dal progetto di lottizzazione approvato, ma di quello originario di ben maggiori e più micidiali proporzioni: e già si parla di acquisto di terreni al di fuori della zona convenzionata.
Non basta: anche l'unico strumento urbanistico elaborato in questi anni, il piano intercomunale Viareggio-Vecchiano (un piano di compromesso, comunque) è finito in niente: nel dicembre scorso è stato respinto dal consiglio comunale di Vecchiano perché non rispondente «alle esigenze della popolazione», cioè, presumibilmente, perché considerato ancora non abbastanza largo nelle previsioni edilizie. Quanto al profitto ricavato dagli interessati, i Salviati hanno incassato dalla vendita due miliardi e mezzo: due anni fa le società acquirenti calcolavano in almeno sei miliardi il valore del terreno, che oggi supererebbe i dieci miliardi. È un gioco che si fa ormai al di fuori della portata del povero comune di Vecchiano.
Così, con leggerezza e un passo dopo l'altro, in assenza di qualsiasi piano e visione d'insieme, si liquida un patrimonio ingente e la situazione appare tanto più grave sol che si consideri quanto è già successo sulla costa toscana, da Bocca di Magra a Livorno. Da nord a sud, per quasi trenta chilometri, il litorale è stato trasformato nella squallida ininterrotta città lineare che tutti conoscono. I guasti realizzati o in corso o in programma si chiamano lottizzazione del promontorio di Monte Marcello, lottizzazione di Marina di Carrara, lottizzazione della pineta la Versiliana a Marina di Pietrasanta (opera del Barbetta); lottizzazione intensiva di Lido di Camaiore; «città-giardino» di Viareggio; lottizzazione lagomare nella Macchia Lucchese (altra opera del Barbetta), la quale può dare un'idea della sorte riservata nel prossimo avvenire alla contigua pineta di Migliarino. A sud di questa e di San Rossore, troviamo la cortina edilizia di Marina di Pisa, le lottizzazioni a tappeto eseguite dall'ente Tirrenia, che da oltre trent'anni amministra e distrugge circa 1.800 ettari di pineta (quindici ettari gli sono stati recentemente sacrificati dal piano regolatore di Pisa, allo scopo di creare, con risibile neologismo urbanistico, nuovo «verde a ville» !), la base logistica americana (1.400 ettari), eccetera: ovunque la pineta è stata intaccata, danneggiata, distrutta, sempre privatizzata e comunque preclusa all'accesso pubblico; dovunque è stata stroncata la continuità tra mare e entroterra.
La lottizzazione di Migliarino si presenta dunque come l'ultimo passo verso la completa degradazione dell'intero arco litoraneo. Per impedirla si battono da anni gli uomini di scienza e gli enti di cultura.
Nel 1962 il consiglio della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali dell'Università di Pisa raccomanda alle autorità che la macchia di Migliarino, dato il suo «inestimabile valore scientifico e paesistico», venga «conservata in condizioni naturali, vietando lottizzazioni e costruzione di nuove strade». Dello stesso parere è la commissione provinciale per le bellezze naturali di Pisa che prospetta l'urgente necessità che si provveda alla «conservazione del carattere agricolo, forestale e naturalistico» della zona: proposte concrete sono state avanzate dai naturalisti riuniti a convegno l'anno scorso da "Italia Nostra" a Pisa. È stato sottolineato il ruolo fondamentale che ha la vegetazione litoranea per il consolidamento delle mobili arene, per la difesa delle colture contro i venti di mare carichi di salsedine: la sua funzione arginante contro il disordine idrico causato dal ristagno dei corsi d'acqua, la sua funzione nei riguardi del clima, per il mantenimento degli equilibri biologici, e per la vita della fauna, per la quale esistono alcuni ambienti altrove diventati rarissimi.

Parco nazionale
L'unico modo di salvare quanto resta di queste grandiose riserve naturali costiere è l'istituzione di un parco nazionale, che, estendendosi dalla Macchia Lucchese al Tombolo a sud dell'Arno, avrà il suo centro nel complesso Migliarino-San Rossore: circa 8.000 ettari di riserva integrale, più 4.000 ettari di riserva parziale. E parco nazionale significa protezione della fauna e della flora, divieto di costruzioni, divieto di transito al di fuori dei percorsi autorizzati: significa soprattutto possibilità di praticare quella forma moderna, civile ed educativa di turismo che consiste nell'escursione in un ambiente naturale intatto.
Solo uno studio approfondito di tutti gli aspetti della questione, nel quadro di un piano comprensoriale di tutta la zona tra Viareggio, il lago di Massaciuccoli e il Calambrone a nord di Livorno (con un litorale di oltre trenta chilometri), potrà definire i diversi gradi della tutela e la localizzazione degli insediamenti: quello che importa è di escludere questi ultimi dal parco vero e proprio, per concentrarli invece nelle zone marginali, secondo i piani di naturalisti e urbanisti.
Dopo decenni in cui le risorse naturali d'Italia sono state abbandonate alla rapina privata, è arrivata l'ora di lasciare la decisione agli esperti, per la salvaguardia di quanto ancora rimane. Per il parco nazionale San Rossore-Migliarino sono stati elaborati progetti di legge, sono stati rivolti appelli al Presidente della Repubblica, sono state ripetutamente interessate le autorità competenti e finora colpevoli: ma l'Italia ufficiale risponde col silenzio, e le popolazioni locali, almeno a sentire i loro rappresentanti, non vogliono saperne.
Antonio Cederna (da "l'Espresso")