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Il «fascismo» di Giorgio Pisanò

Beppe Niccolai

 

Giorgio Pisanò, dalle colonne di "Candido", continua a dare della «merda» a chi non condivide il suo Fascismo. Quale sia il Fascismo di Pisanò, è difficile stabilirlo. Io non riesco a capire in che consiste. Certo è che le invettive e le male parole non sono sufficienti a definirlo. Ma non è questo il punto. Non intendo ora parlare del Fascismo come «fatto storico», del suo percorso che lo ha visto liquefatto e finito in una autoambulanza il 25 luglio 1943., protagonista il massone Pietro Badoglio, al quale erano state affidate le cure delle FF.AA.; o il Fascismo, ben più fecondo, della RSI che, con Piazzale Loreto, rappresenta del primo ventennio l'epicedio (il canto funebre) e la catarsi (la purificazione). Il discorso è lungo, doloroso, non facile, ma non è questa la sede per aprirlo.

Intendo invece parlare dei Fascismo come Idea, come fermento che si ha dentro di noi oggi e, che dovrebbe essere in linea con la massima secondo la quale, un uomo è vero uomo se attesta davanti a tutti, con i fatti, ciò in cui crede; ciò in cui crede ne informa tutta la propria vita.

Ed allora io non riesco, sul piano della coerenza, a capire come si possa, sbrigativamente, dare, nel 1989, della «merda» al proprio interlocutore perché, secondo lui fascista non è, quando poi in Senato si difende il diritto degli Americani di considerare l’Italia la pattumiera d'Europa, per cui è giusto che gli «F16» ce li prendiamo; o quando si rivendica il diritto di sedersi a tavola con Licio Gelli a mangiare le pappardelle. Già, per quanto riguarda il primo punto, Giorgio Pisanò è in netto contrasto perfino con il proprio fratello Paolo che, dal mensile "Marker" esprime, nei riguardi degli americani in Italia, diverso divisamento.

E già che ci siamo, Giorgio Pisanò sa che non è esatto quanto scrive, e cioè che nel 1971 «tutto il partito fu schierato a difesa di Pisanò, sbattuto in galera sotto il peso di una accusa tanto infamante quanto falsa per toglierlo di mezzo e fargli smettere la martellante campagna di denuncia condotta da "Candido" contro gli scandali ANAS».

Accanto a Giorgio Pisanò (conservo le sue accorate lettere dal carcere), se me lo consente, ci fu «solitario» il sottoscritto che andò anche nell'aula di Montecitorio a difenderlo, tanto è vero che Alfredo De Marsico, il grande avvocato napoletano dalla vita politica -riguardo al Fascismo- assai... complessa, potè, nella sua magistrale arringa, citare più volte quell'intervento parlamentare.

Scrivo questo non per meritarmi un grazie al posto della merda. Era mio dovere fare quello che ho fatto. Né scrivo queste righe perché considero la polemica dannosa. Anzi. Il confronto è la vita di una Comunità. Quando non c'è più nulla da dirsi fra noi, è finita. Scrivo per dire a Pisanò che non è giusto dare della merda a chi non la pensa come lui. A chi dissente occorre dare argomenti meno maleodoranti, ma più di consistenza cerebrale. Troppo comodo rifarsi semplicemente al tempo andato e trascurare il tempo che si vive, ritenendoci assolti da tutto ciò che si fa e si pensa, solo perché ci dichiariamo «fascisti». Troppo comodo!

Occorre soprattutto dimostrare come la propria vita sia informata ai princìpi in cui si crede. Non nelle grandi cose, di cui certamente Pisanò si può ornare, ma in quelle molto più semplici, terra terra, piccole piccole, ma che si concretano nel poter dire: sarà quello che volete, dirà cose che a voi non piacciono, ma è un carattere. Predica e alla predicazione -piaccia o no- fa seguire puntualmente i fatti. A tale riguardo ricordo che la elezione a senatore di Giorgio Pisanò avvenne nel 1972, in un contesto politico in cui il MSI, in quanto a Fascismo, era rimasto con una valigetta ventiquattr'ore (un paio di calzini, una camicia, sapone e dentifricio), in quanto aveva buttato alle ortiche tutto. Dalla TV si permise fare anche l'elogio della resistenza. Tutti, compreso chi scrive, applaudimmo. Non ci demmo reciprocamente della «merda» e forse era proprio quello il momento di darcelo. Ma non è questo che voglio evidenziare. Voglio dire a Giorgio Pisanò che sarebbe giunto il momento, fra i tanti meriti che ha, di servire il partito, dopo cinque legislature, fuori dalle Aule parlamentari. Il passaggio delle consegne, il cambio della guardia. Era una cerimonia molto significativa del Fascismo e che a Pisanò non può non piacere. E ciò per poter, con più forza, attestare che il Fascismo non è solo declamazione, ma vita vissuta. E sul serio.

 

Beppe Niccolai
 


 

"L’Eco della Versilia", n° 4 Anno XVIII - 31 Maggio 1989

 

Caro Pisanò,

ho letto su "Candido" quanto a me riservi. Parli di attacco e di manovrette, per non dire di congiure. Ma, caro Giorgio, come si fa a complottare con uno come te che, costituzionalmente e simpaticamente, il complotto se lo porta dietro e lo va a cercare?

Credimi, non attacco nessuno. Cerco, fra difficoltà che sono tutte mie, di capire. Ed io, te lo confesso, non riesco proprio a capirti. È senz'altro colpa della mia pochezza, ma nelle tue parole avverto in prevalenza suoni, rimbombi, rumori e fanfare. Potrà darsi che dietro i rumori ci sia anche la corposità dei concetti, ma non riesco a rilevarla.

Quello che mi spaventa è la tua sicurezza. Non hai il benché minimo dubbio. Vivi di certezze, naturalmente fasciste: anche quando stai seduto a tavola con Licio Gelli, o quando, in Senato, fai l'«amerikano». Beato te!

Vorrei tanto aver trovato in te il Dio in camicia nera, ma perdonami, questa pace interiore non me

la dai. E ciò mi arrovella.

A te piace tutto. Io, poverino, e mi ripeto, considero la RSI l'epicedio (il canto funebre) e la catarsi (la purificazione) del precedente ventennio, «finito in una autoambulanza». Come vedi siamo distanti. E molto.

Trovo, a proposito delle origini del Fascismo, su "Critica Fascista" del 1 novembre 1924, alle pagine 308 e 309, queste parole:

«Si vuole un elenco dei punti di provenienza del fascismo e dei fascisti? È un po' lungo, ma si può anche fare: anarchici, comunisti, socialisti riformisti, repubblicani, mazziniani, popolari, cattolici nazionali, liberali di sinistra, liberali di destra, democratici di varie tinte, massoni di questo o quel palazzo, corridoniani, deambrisiani, giolittiani, orlandiani e, giù giù, per la minutaglia dei partiti personali».

Come vedi, caro Giorgio, c'erano tutti e c'era di tutto. Saresti tanto bravo da dipanare questa matassa? Ci vuoi provare? Buon lavoro e cordialità.

 

Beppe Niccolai