il  PARTITO

"Secolo d'Italia", 5 febbraio 1974

 

Controreplica di Niccolai a Reale

I «favori» ministeriali ai due presunti mafiosi


Il fascicolo dei Rimi è zeppo di documenti dai quali risulta che furono molti ed autorevoli i personaggi ad interessarsi di loro.
Significative ammissioni del socialista Pellicani



Più si approfondiscono i retroscena che hanno responsabilmente indotto l'on. Niccolai a muovere i ben noti e gravi rilievi alla condotta della Commissione Antimafia e più inquietanti si fanno i dubbi e gli interrogativi su questa nuova scabrosa vicenda destinata ad arricchirsi di altri e più interessanti elementi. Oggi sono di turno: lo stesso on. Niccolai con un'argomentata replica alla dichiarazione dell'on. Reale e il sottosegretario socialista alla Difesa, on. Pellicani, con un polemico ma altamente rivelatore intervento in contraddittorio con il deputato del MSI-Destra Nazionale.

Cominciamo dalla replica di Niccolai a Reale.
«L'on. Oronzo Reale è molto indulgente verso se stesso. Posso comprenderlo, data la delicata situazione in cui si trova.
Non intendo infierire, solo precisare. Il senatore amico, di cui fa cenno l'on. Reale, è eletto nel collegio di Trapani e la richiesta di aiutare i due "ergastolani" mafiosi a rimanere, contro ogni forma di legge, in Sicilia e nello stesso carcere giudiziario, parte, mi corregga l'on. Reale se sbaglio, da un Sindaco "repubblicano" di una località vicino Alcamo, patria del due reclusi.
Ragioni umanitarie, scrive l'on. Reale. Posso permettermi una variante "o elettorali"? La mafia, dato sul quale tutti convengono, è una potente macchina elettorale.
L'on. Reale scrive che la preghiera del senatore amico viene passata al Gabinetto il 23-11-70 e che la Direzione Generale degli Istituti di Pena risponde che, in via del tutto eccezionale viene autorizzata una proroga della permanenza del figlio Rimi nello stesso carcere del padre fino al 10 gennaio 1971.
Esatto, ma la segreteria particolare dell'allora Ministro di Grazia e Giustizia Reale, era già intervenuta a favore dei due ergastolani, così come si evince dalle note ministeriali del 6 agosto '70, del 31-10-70, del 23-11-70, del 30-11-70.
C'è di più. Il 10 dicembre 1970 la Direzione Generale degli Istituti di Pena comunica che "su pressante richiesta del Capo della Segreteria del Ministro di Grazia e Giustizia Reale", la permanenza del Rimi Filippo nel carcere di Ragusa è prorogata al 30-1-1971.
C'è di più. In data 3o-1-71 troviamo, nel voluminoso fascicolo, che "per disposizione dell'on. Ministro" vengono impartite disposizioni telefoniche perché l'ergastolano Rimi Filippo rimanga a Ragusa fino al 15-2-1971.
«"Nessuno", afferma nella sua lettera l'on. Reale, "né la commissione antimafia, né altri, mi ha mai chiesto spiegazioni sul fatto".
Esatto, ed è per questo che l'umile sottoscritto protesta. Quando spuntano fuori i politici, la Commissione antimafia si arresta e… devia.
Vuole l'on. Reale essere così cortese, dall'alto della sua autorevolezza, di darmi una mano perchè, tanto per restare in argomento, l'antimafia pubblichi tutto ciò che sa sulla vicenda Rimi?
L'on. Reale scrive che "sono in cerca di pretesti per schizzare fango sui galantuomini. No, la morale è racchiusa nella domanda che, cortesemente rivolgo all'ex-Ministro di Grazia e Giustizia, con preghiera di rispondermi: "Quando mai due 'ergastolani' hanno potuto vantare di avere, nel proprio fascicolo, una fitta corrispondenza ministeriale (sono quasi cento documenti) dove spiccano il Ministro di Grazia e giustizia, tre Sottosegretari alla Giustizia, due Senatori della Repubblica, un Primo Presidente di Corte di Cassazione)? E tutti intenti a favorire, contro la legge, la permanenza in Sicilia di due pericolosi elementi che il Centro di Polizia Criminale definisce, con sua lettera del 27-5-1971, capaci di organizzare, anche dal carcere, qualsiasi attività criminosa.
Si tratta di ergastolani, onorevole Reale. Si tratta di sapere dinnanzi a quanto accade -conclude l'on. Niccolai- se c'è ancora lo Stato. E chi, sullo Stato, schizza manate di fango».
Fin qui l'on. Niccolai in replica a Reale. Passiamo adesso all'intervento di Pellicani il quale, probabilmente non ancora al corrente della documentata risposta del deputato del MSI all'esponente del PRI, si è lasciato andare ad imprudenti considerazioni come quella, ad esempio, che favorire due presunti mafiosi -e fu senza dubbio un favore quello accordato « in via straordinaria» al due Rimi- «non è vietato dalla legge». In quanto al suo interessamento (preteso interessamento, dice il sottosegretario socialista) le cose, a suo dire, sarebbero andate così: «Raccolta una telefonata del sen. Cotrao che perorava un'altra proroga già concessa da altri, e non da me, ai due Rimi, un alto magistrato addetto alla mia segreteria, il consigliere Filippo Romani (che era già nella segreteria del mio predecessore, on. Amadei, col quale è ancora oggi alla Corte Costituzionale), ritenne giustamente di trasmettere la richiesta, il 27 giugno 1970, alla valutazione della Direzione Generale, dove erano giunte altre segnalazioni da parte di altri uomini politici (è inutile dire che i Rimi, a quell'epoca, erano degli sconosciuti, almeno per i non siciliani). E la Direzione Generale, il 1° luglio successivo, rispose comunicando che era stata accordata una proroga di due mesi».
Bene Pellicani. Intanto, comprensibilmente si preoccupa di accennare ad altra precedente proroga «concessa da altri e non da me» e poi, altrettanto comprensibilmente, si preoccupa di collocarsi fra «i non siciliani» e di pendere le distanze da quegli «altri uomini politici» al quali verosimilmente i Rimi non erano sconosciuti.
Il sottosegretario socialista è però andato oltre per darci la sua autorevole conferma a quanto avevamo sospettato. E cioè -proprio come avevamo paventato- che «si tratta di una cosa di ordinaria amministrazione» e conclude con questa gentile proposizione:
«L'iniziativa provocatoria dell'on. Niccolai ha due obiettivi scoperti: uno, di diffamare dei democratici e dei galantuomini; l'altro di fuorviare l'opinione pubblica, evidentemente nell'interesse di qualche padrone o di qualche padrino. Ma l'on Niccolai, sfortunatamente per lui, li ha falliti entrambi».
Senza voler minimamente interferire su quanto vorrà eventualmente replicare l'on. Niccolai ci sia consentita una sola considerazione: opera «nell'interesse di qualche padrone o di qualche padrino» chi -come l'on. Niccolai- vuole che luce sia fatta su questa sconcertante vicenda o chi, al contrario, come l'on. Pellicani, vorrebbe che dello scabroso «affare» non ne parlasse più.

Inviato da Andrea Biscàro - http://www.ricercando.info