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"Secolo d'Italia", 27 marzo 1977

Ecco i risultati

Beppe Niccolai


Lo scrivono. Lo affermano. Si irritano se qualcuno fa notare che la DC governa con il PCI. Non è vero, dicono. La DC rispetta il voto del 20 giugno. È indisponibile per maggioranze con il PCI.
Si gioca con le parole. Con perfidia. Si lavorano gli Italiani sui fianchi. «Nessuna maggioranza con il PCI, ma intese sul programma». «Intangibilità del quadro politico ma convergenze sui nodi centrali della vita politica fra i partiti che, con la non sfiducia, hanno salvato l'ordine democratico».
L'ordine democratico? Fateci caso: i partiti, cosiddetti democratici, sono andati in crisi. Chiedono aiuto al PCI. Si incontrano, si parlano, emettono comunicati.
Quali i riflessi nel Paese reale? L'ordine pubblico: a pezzi. Paura, violenza, sangue. Questo l'impasto. Il PCI, invocato come salvatore, costretto nella «sua» Città di Bologna (la città dove «non accadeva nulla» perché vi governava da 30 anni il PCI) a chiamare le autoblinde di Cossiga. Un disastro. Nelle fabbriche? Stessa musica. Lama, ad una assemblea della Rizzoli deve scappare. Fra insulti e invettive.
Ed allora? Il PCI, questo salvatore, a che serve? Non controlla le Città che amministra. Non controlla le fabbriche. Non controlla le Università. Non controlla, sul piano economico, i bilanci degli Enti locali in suo possesso. È uno sfascio. Eppure, eccolo lì: coccolato, riverito, ascoltato, ubbidito dai vertici dei potere democristiano e dai partiti che gli fanno corona.
E il Paese degrada. E, con il Paese, la libertà. Il pluralismo meno uno (MSI-DN), l'arco costituzionale meno uno (MSI-DN), dà i suoi frutti. È di questi giorni la notizia che il Comune di Viareggio, retto dal PCI, ha negato a 4.500 giovani di "Comunione e Liberazione» l'uso del Palazzetto dello Sport per un loro convegno. «Per inagibilità del locale» è stata la formula. Nella sostanza è perché gli extraparlamentari di sinistra hanno alzato la voce. E il PCI ha dovuto adeguarsi.
L'economia. Altro disastro. Non ce se ne rende conto. Il comunismo, in un'economia libera, porta quello che tutti vivono: caro prezzi, salari scarsi, materie prime che mancano, inflazione, scarsa produttività, incipiente miseria. È fatale. Perché questo è il comunismo e solo questo Chiamatelo come volete, eurocomunismo o altro, è come una reazione chimica. Calato in una società i risultati, gli affetti sono questi.
L'arco costituzionale, inventato da quel Vito Corleone che risponde ai nome di De Mita, lo vuole dentro. Del tutto. Dalla «non sfiducia» si passa a concordare il programma. E Berlinguer è chiamato a consulto.
E la lira scende ancora. L'ordine pubblico precipita. L'economia va a rotoli! La credibilità dell'Italia: risibile. Espressione geografica. Accattoni internazionali.
Il voto del 20 giugno: eccolo nei suoi effetti pratici. La sinistra vince. Il Paese perde.

Giuseppe Niccolai

Inviato da Andrea Biscàro - http://www.ricercando.info