"Secolo d'Italia", 13
aprile
1977
Indecente speculazione politica su un
dramma umano
L'ammucchiata dei farisei
Beppe Niccolai
Balzamo -questo Carneade per i non addetti ai lavori- è silenzioso: il
responsabile socialista del settore «ordine pubblico» tace. Cosi ciarliero, così
pronto. Gli atti parlamentari sono colmi di sue iniziative, vere e proprie
raffiche. I suoi bersagli preferiti: il SID, i Carabinieri, la Polizia, perfino
la Guardia di finanza. Non c'è stato episodio dal quale Balzamo non abbia tratto
la direttiva: disarmare, democratizzare, liberalizzare. Forze armate,
Carabinieri, Polizia: dopolavori ricreativi e assistenziali. Non di più. Il di
più. per Balzamo, è stortura autoritaria.
Le sue (scusate ma devo dirlo) «bischerate» facevano testo e, ahimè,
condizionavano (e condizionano), in fatto di ordine pubblico lo stesso Ministro
dell'Interno.
Ecco il "Tempo" del 4 maggio '72. Siamo in campagna elettorale. Sotto il titolo
«Restivo accusa il PSI per l'ordine pubblico» leggo: «Quello che conta è che lo
Stato sia sempre più forte delle fazioni sul piano morale e sul piano tecnico:
entrambe queste condizioni ritengo, come Ministro dell'Interno, di avere sempre
e con fermezza assicurato tenendo le forze dell'ordine, che dell'autorità dello
Stato sono lo strumento, al servizio esclusivo della legge e in piena efficienza
organizzativa. Ciò non è stata facile impresa in un governo di centro sinistra,
se si pensa all'assurdo e logorante condizionamento derivante dalla continua
dissociazione di responsabilità e dalla critica petulante dell'ordine pubblico
da parte di un partito alleato come il PSI, il quale, come tutti certamente
ricorderanno, si è spinto fino all'assurdo di invocare e di pretendere il
disarmo della polizia».
Restivo, terminando il suo discorso elettorale, si augurava che se si fosse
dovuti ritornare, dopo le elezioni (1972), a governi di coalizione era
necessario, in tema di ordine pubblico, dati i precedenti, «fare patti chiari e
definitivi».
Sono passati cinque anni. Ciò che accade è sotto gli occhi di tutti. Insieme a
Balsamo sarebbe istruttivo compulsare la collezione de "l'Avanti!" quando, alla
vigilia delle elezioni del 1972, davanti ai «covi» colmi di armi e di esplosivo
scoperti dalle forze dell'ordine, in un momento in cui i socialisti non erano
più al governo, faceva dell'ironia, come per dire che quei ritrovamenti
avvenivano grazie ad una regia teleguidata. Tutto inventato, in breve!
Già, tutto inventato. Perchè non lo andiamo a dire, o meglio ad urlare a casa De
Martino?
Il dolore di quella famiglia è il nostro dolore. Ma ciò non ci impedisce di dare
a Balzamo quel che è di Balzamo, e al PSI quel che è del PSI. Ma, ahimè, la
petulanza del PSl travalica i confini della decenza e del buon gusto. Nemmeno il
dramma umano di uno dei suoi più illustri personaggi lo frena, lo invita
all'umiltà.
No. Il dolore di un padre serve. Non per riscattarsi dalle proprie colpe e dalle
proprie mascalzonate, o quantomeno, per chiudersi nel silenzio e meditare. No,
si lanciano appelli, si stendono programmi, si fabbricano formule. Guido. Guido:
il tuo rapimento come è stato opportuno!
Avanti, all'abbuffata, all'ammucchiata generale. Tutti dentro. Gli smorti di
paura, i pavidi, gli intrallazzatori, i corrotti, i corruttori, i mafiosi, i
dilapidatori del denaro, pubblico, venite. C'è posto per tutti. C'è l'arco
protettore e benefico. Che aspettate? Il dolore della famiglia De Martino ve lo
impone. È una famiglia ricca solo di libri. Ce lo hanno detto, fino alla noia,
la radio, la televisione, la stampa.
È vero. Ma è anche vero che fra gli ospiti, in quelle stanze di casa De Martino,
cariche di dramma e di tanta angoscia, c'è stato l'ex ministro socialista
Corona.
Già. Corona. La sua splendida villa del Circeo. Se avrete la fortuna di esserci
ammessi, vi faranno togliere, entrando, le scarpe. Per non sciupare i tappeti
persiani. È toccato anche a Sandro Pertini di togliersi le scarpe.
Guido, Guido! La tua sofferenza ci commuove. Fino alle lacrime. Non altrettanto
i farisei che sulla tua sorte speculano. Indecentemente.
Giuseppe Niccolai
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