ARTICOLI

"Secolo d'Italia", 17 maggio 1977

 

Esaltatore dei patiboli di Stalin l'ambasciatore dell'eurocomunismo
Sergio Segre:
un campione del «nuovo corso» di Berlinguer

Beppe Niccolai


Definì «giusta condanna» l'impiccagione di Slanky e di altri 10 comunisti, imposta da Stalin in Cecoslovacchia - Segre scrisse che la moglie del condannato aveva compiuto un «nobile» gesto, accusando di tradimento Slanky presso i figli ed incitandoli ad odiarlo.


Il "Corriere della Sera" del 10-5-77 -come altri giornali- ci ha informato che, per la prima volta nei rapporti tra i Paesi dell'Europa Occidentale, un rappresentante del PCI ha ricevuto l'incarico di redigere un documento ufficiale di un organismo politico internazionale. Infatti l'on. Sergio Segre, in una Commistione della Unione dell'Europa Occidentale che ti è riunita a Roma, ha scritto la relazione finale sull'applicazione dell'atto conclusivo della conferenza di Helsinki. Il "Corriere della Sera", compiaciuto, ci ha fatto sapere che il documento redatto da Sergio Segre ha raccolto un vasto consenso.
Sergio Segre! È possibile saperne qualcosa di più oltre l'etichetta ufficiale che lo fa responsabile della sezione esteri del PCI?
Su "La Navicella" (Deputati e Senatori del VII Parlamento repubblicano) sta scritto, tra l'altro, che Sergio Segre «dal '52 al '57 fu inviato speciale de "l'Unità" da Berlino e da Bonn».
Esatto. Infatti toccò a Sergio Segre, inviato speciale de "l'Unità", insieme ad Ottavio Pastore, al processo di Praga contro «Slanky e i suoi complici», commentare l'atto finale di una vicenda che poi, deceduto Stalin, venne definita un assassinio di massa.
Sergio Segre non si tirò certo indietro. Gli atti conclusivi e finali sono una sua specialità. Sulla prima pagina de "l'Unità" del 28 novembre 1952 campeggia un suo articolo. Il titolo spiega tutto. Eccolo: «Una giusta sentenza conclude il processo contro la banda Slanky. Undici condanne a morte e tre ergastoli agli agenti degli imperialisti in Cecoslovacchia. Tutti gli imputati e il Pubblico Ministero accettano la sentenza».
L'esperto di eurocomunismo, l'amico fidato di Enrico Berlinguer, uno dei massimi garanti della «democraticità» del PCI, non ebbe dubbi né esitazioni in quel lontano 1952. Plaudì al massacro della classe dirigente comunista cecoslovacca ordinato da Giuseppe Stalin. Non si fermò qui, perchè ai proletari italiani lettori de "l'Unità" fece conoscere il «nobile gesto della compagna Josefa, moglie di Slanky, e dei suoi figli» che, messi davanti ai crimini (tutti inventati) del marito e del padre, si dichiararono plaudenti che il congiunto salisse il patibolo.
«La madre che incita i figli ad odiare il padre! Hanno esclamato questi gesuiti. Tragica situazione, certo, quella di tante famiglie, il cui capo si rivela indegno anche di essere padre, ma nobile condotta quella della compagna Josefa che dice l'angosciata verità ai suoi figli e, attraverso la prova del dolore, vuole farne uomini onesti e combattenti per la grande causa tradita dal padre».
Cosi su "l'Unità" del 28 novembre 1952. Quel regime non si contentò di inventare i crimini, di farli confessare agli imputati e di impiccarli. Volle qualcosa di più. E qui si entra nel mostruoso. Volle che i familiari dei condannati plaudissero alle forche innalzate.
Sergio Segre era là. E scriveva: «giusta condanna» e qualificava come «banditi» i compagni innocenti del partito comunista cecoslovacco che salivano il patibolo!
10 maggio 1977: l'Unione Europea affida a Sergio Segre il documento relativo all'atto conclusivo della conferenza di Helsinki, quello (ma guardate un po'!) sui diritti civili dell'uomo, raccogliendo, scrive il "Corriere della Sera", vasti consensi.
Venticinque anni fa a Sergio Segre toccava l'incarico di commentare un diverso «atto conclusivo»: l'impiccagione di Slanky, di Clementis (il Togliatti cecoslovacco) e di altri tredici «compagni», plaudenti, per volontà del regime, padri e figli dei condannati. Solo che allora Sergio Segre si dimenticò dei diritti civili dell'uomo ed esaltò l'assassinio.
Perché così voleva Giuseppe Stalin, perché cosi voleva la Russia sovietica. Diversa, indubbiamente, da quella che firma l'accordo di Helsinki. Infatti, al posto delle forche, ci sono ora i manicomi criminali per chi dissente. Sergio Segre, interprete della Russia di Stalin, è in linea.

Giuseppe Niccolai

Inviato da Andrea Biscàro - http://www.ricercando.info