"Secolo d'Italia", 19 settembre 1977
Per Indro Montanelli
«Una Wassermann intellettuale»
Beppe Niccolai
Caro Tripodi,
la delazione di Montanelli al ministro di polizia non mi sorprende. Dopo tutto
la categoria dell'utile predomina in lui. Ma che ai fanno questi «missini» che,
perseguitati nel lavoro, nella scuola, per la strada, perfino nelle tombe,
razzialmente discriminati continuano la loro battaglia? Ma perché non si
autosciolgono? Qui ci vogliono le manette!
Non si accorgono, insiste Montanelli nella sua delazione, che, anziché tenere
fede ai dettami della propria coscienza assumendone dinanzi agli altri tutta la
responsabilità, meglio è tradire se stessi, rendendosi «utili» alla DC, «magari
con il vomito alla bocca»?
È così, scrive Montanelli, che il comunismo si batte. Vendendo la propria
coscienza e mettendosi accanto a ladri, profittatori, mafiosi, corrotti.
Evviva il messaggio… civile de "il Giornale"!!!
Eppure, caro Tripodi, nulla di nuovo sotto il sole. Ricordi? Si tratta di tanti
anni fa. L'eroica rivoluzione ungherese stava per essere soffocata sotto i
cingoli dei carri armati sovietici. Montanelli, insieme ad altri giornalisti, si
trovava presso la legazione italiana di Budapest, da dove, senza mai muoversi,
attingendo le notizie da tre giornalisti italiani che uscivano per le strade,
aveva informato i lettori del "Corriera della Sera" sull'eroica insurrezione del
popolo. Poi lo sferragliare delle corazzate sovietiche cominciò a farsi sentire
in Budapest. E ci fu il fuggi fuggi.
Montanelli scrisse che era doveroso andarsene, perché «essendo al servizio di un
giornale non aveva il diritto di arrivare in ritardo con i suoi lettori».
Solo che le auto disponibili per la fuga stavano strette e fu gioco forza far
rimanere a terra tre giornalisti. Montanelli non rimase a terra. Montò sulle
auto dove, con furbizia tutta italica, si era provveduto a sistemare in ogni
auto un giornalista comunista. Come salvacondotto.
Rimasero a terra i tre che, nelle giornate dell'insurrezione, sfidando la morte,
erano usciti nelle strade a prendere notizie consentendo anche agli altri di
stendere i servizi.
E lo sapete quale fu la giustificazione finale perché furono lasciati a terra?
«Sono fascisti, potrebbero comprometterci». Anche allora, la delazione. E furono
scaricati.
Non diversamente oggi, Montanelli consegna alla ferocia del regime
clerico-comunista gli italiani che non intendono credere che il comunismo possa
essere battuto, ingurgitando democrazia cristiana, per poi dopo vomitare.
Non sono servite le lusinghe. Non sono serviti i soldi.
Scioglieteli! Ammanettateli! Imprigionateli!
Non vogliono rendersi «utili» battendo il marciapiede. Mettiamoli in galera,
Cossiga!
Così il campione del civilismo democratico, l'alta coscienza democratica Indro
Montanelli!
Mi tornano alla memoria le parole di Mario Vinciguerra, un antifascista che,
mentre tutti applaudivano al fascismo, non ebbe paura di rimanere solo.
«Il concetto della discriminazione etnica o civica fa parte della dottrina
fascistico-hitleriana. E se dovessimo degradarci a discettare di nuovo su questo
argomento, io chiederei la istituzione di una Wassermann intellettuale. Giorni
fa, presso a un chiosco, il mio sguardo si è fermato davanti ad un vistoso
titolo di un periodico. Esso diceva: mobilitiamo le forze democratiche. Rendiamo
impossibile la vita al fascismo.
Nell'anno 1925, dopo il discorso del 3 gennaio, un telegramma del Ministero
degli Interni alle autorità di Torino ordinava: «Rendere impossibile la vita a
Piero Godetti». Contro il fascismo. Disgraziati. A migliaia ce l'avete nel
sangue».
Cosi Mario Vinciguerra nel luglio 1960. «Disgraziati, a migliaia ce l'avete nel
sangue»!
È proprio vero: i fascisti si dividono in due categorie. i fascisti e gli
antifascisti. Ed io non ho nessun timore a dirlo, mi sento «fascista» in un
unico caso: dinanzi al fascismo degli antifascisti. E mi viene il vomito alla
bocca, Specie quando diventa delazione.
Cordialmente
Giuseppe Niccolai
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