ARTICOLI

"Secolo d'Italia", 18 novembre 1977

 

Impariamo a conoscere il direttore de "il Giornale"
Per chi lavora Indro Montanelli?

Beppe Niccolai

 

Per chi e per che cosa lavora Indro Montanelli? Ho scritto Indro Montanelli e non "il Giornale nuovo" a ragion veduta. Infatti la rilevanza del «fenomeno» opinione pubblica che si è raccolto intorno a "il Giornale» secondo lo slogan «votiamo DC, pur con il vomito alla bocca», è tutta personale. È l'estro di uno scrittore brillante che fa da coesione di certi sentimenti, non certo una strategia, nè una tattica, nè tantomeno una politica.
Concettualmente nella prosa montanelliana, se ci si cura di depurarla delle frasi ad effetto e cariche di colore, non c'è nulla che possa essere paragonato, sia pure lontanamente ad una prospettiva politica. È il vuoto. È come l'ubriacatura. Lì per lì ti carica. Poi viene il mal di testa, l'amaro in bocca, una confusione terribile.
Non sembri una tesi azzardata. Montanelli, se proprio non lavora per il compromesso storico, punta senz'altro a stabilizzare l'egemonia a due (DC e PCI).
Lo ha scritto. A chiare lettere. Si veda il fondo de "il Giornale" (29 ottobre 77) dal titolo: «Il morso della vipera».
«Non c'è dubbio», ha scritto Montanelli, «ora come ora mandare in protesta l'accordo programmatico a sei e in crisi il governo Andreotti, che ne rappresenta la convergenza e la garanzia, sarebbe da irresponsabili».
Ne conseguerebbe, afferma Montanelli, il caos «dinanzi al quale quello attuale sarebbe il regno dell'ordine e della pace». E questo il nostro Indro lo scrive dopo avere sostenuto, poche righe più su, la tesi che la DC avrebbe dovuto, subito dopo le elezioni del 20 giugno, presentarsi alle Camere con un governo minoritario e con un programma minimo: ripristino dell'ordine nelle strade, nelle fabbriche, e nelle scuole, e dire agli altri: o prendere o ci rivolgeremo di nuovo agli elettori. Il che -è sempre Montanelli a parlare- anche se ciò avrebbe comportato un clima di scontro con tutti: sindacati, partiti, studenti, brigate rosse. Una impresa, prosegue Montanelli, che avrebbe richiesto coraggio fino alla temerarietà ma, d'altra parte, che cosa è l'accordo se non una strada senza ritorno? Infatti, in caso di rottura, ragiona Montanelli, tutti quei pericoli si riproporrebbero puntualmente.
Dunque siamo a questo: il coraggio, che Montanelli consiglia alla DC subito dopo il 20 giugno, diventa, nello stesso articolo, irresponsabilità per quanti si accingessero a mandare all'aria il governo Andreotti, sorretto dal PCI.
Questo è un esempio di prosa montanelIiana. Vivace, brillante, lì per lì convincente. Basta però disossarla per trovare, non solo tutte le contraddizioni, ma l'inganno. Il vuoto concettuale.
Il governo Andreotti. Ecco il punto. Montanelli ne è difensore. Tanto più strenuo, quanto più vuol dare ad intendere di esserne avversario.
Si veda la recente polemica con il PLI. Montanelli, dopo avere perentoriamente invitato il MSI-DN a sciogliersi, «tanto fa il gioco dei suoi avversari», ora si rivolge al PLI.
Anche il PLI deve ammainare bandiera. Il PLI, si chiede Montanelli, coltiva forse l'intenzione di uscire dall'accordo a sei e di farsi promotore di una iniziativa anticomunista?
Non sia mai detto. Il PLI firmerebbe la sua condanna. Finirebbe nel ghetto insieme al MSI-DN. Deve rimanere insieme a DC e PCI. Solo se riuscisse a convincere i laici a staccarsi potrebbe essere autorizzato a fare quel passo. Alla condizione però, irrinunciabile, di ammainare del tutto la propria bandiera.

Convogliare malumore
Questo il discorso di Indro Montanelli a chi attenta, sia pure timidamente, prospettare di mettere in crisi il governo di Giulio Andreotti.
Ma, diteci un po' cari lettori, vi pare, al di là di altre valutazioni, una cosa seria ragionare in questi termini?
È questa la strategia de "il Giornale nuovo"? È questa la politica che dovrebbe aggregare in Italia lo schieramento capace di fronteggiare l'accordo DC-PCI? Come si fa a restarne persuasi?
Torniamo alla domanda che ponevamo all'inizio: per chi e per che cosa lavora Indro Montanelli?
Primo compito: convogliare malumore, protesta e rabbia di coloro che, votando DC, si sentono traditi.
Secondo compito: gestire malumore, protesta e rabbia per poi riconvogliare il tutto sulla DC.
Terzo compito: impedire ogni tentativo di aggregazione politica che individui nella DC il veicolo principale dell'infezione comunista, portando avanti tutte le operazioni, anche quelle a sfascio, che, in qualunque modo, possano contrastare l'incontro, o meglio il formarsi di una politica intesa a combattere il compromesso storico.
Questa è la funzione che Montanelli svolge e porta avanti. Qui sta la sua politica. Qui stanno i suoi veri compiti. Come quello di essersi fatto capofila nel richiedere lo scioglimento per legge del MSI-DN.
Fateci un pensiero sopra. Quando Montanelli rimprovera ai comunisti di non chiedere la messa al bando del MSI-DN, in quanto la presenza missina farebbe comodo al PCI, è sincero? O è tutta una manfrina?
È evidente: in un momento come l'attuale il PCI non ha alcun interesse a chiedere direttamente lo scioglimento di un partito. Ne uscirebbe fortemente scossa la sua mascheratura democratica. Ed ecco soccorrere Montanelli, nel chiedere lui, e da... destra, la messa al bando dei missini.
Che questo compito sia stato delegato espressamente a Montanelli dal PCI non lo giureremo. Che però questi compiti il regime, per sua stessa natura, li distribuisca con dosature teleguidate da apparire concordate, è indubbio. Comunque, Montanelli fa un grosso favore al PCI quando lo esonera da questo incarico di «aguzzino», assumendone lui il compito di invocare le manette per il MSI-DN.
Perchè lo fa?
Perchè Montanelli sa bene che per saldare definitivamente l'accordo DC-PCI, occorre togliere di mezzo l'intatta capacita del MSI-DN (pur nella povertà dei suoi mezzi) di tenere perifericamente sveglia l'attenzione degli Italiani circa l'abbraccio soffocatore DC-PCI.
A togliere di mezzo il MSI-DN non sono servite lusinghe, ricatti, discriminazioni, arbitrii, ingiustizie, delitti. In un Paese dove la maggior parte dei vertici politici e giornalistici baratta, compra e vende, questo MSI-DN è davvero «fuori del comune».
Ce ne rendiamo conto: la sua presenza è fastidiosa. Ma guarda un po': non si fa comprare! È un guastafeste! Come potremmo vivere sereni e felici nell'abbraccio conciliante della DC e del PCI! Ed invece: c'è questo MSI… Non restano che le manette. Tanto non serve a niente, tanto è inutile, scrive Montanelli…
Già: per rendere utile il PCI è necessario rendere inutile il MSI-DN.
Il problema è tutto qui.

 

Giuseppe Niccolai

Inviato da Andrea Biscàro - http://www.ricercando.info