"Secolo d'Italia, 20 agosto 1978
Sono sul tavolo dei Presidenti delle Camere
Silenzio di regime sui documenti antimafia
Beppe Niccolai
Il secondo tomo del terzo volume della documentazione allegata alla relazione
conclusiva della Commissione di inchiesta sulla mafia, è arrivato, alcuni giorni
prima delle ferie estive, sul tavolo degli onorevoli Presidenti delle Camere.
Si tratta di tutta la documentazione relativa all'attività istruttiva
testimoniale svolta dalla Commissione antimafia durante la quarta e quinta
Legislatura.
Il merito di questo duro lavoro è della Segreteria della Commissione che, in
solitudine, procede nel lavoro secondo il mandato ricevuto. Ha ora davanti a sé
l'impresa (la parola non è retorica) della stampa del quarto volume. Si tratta
di 90.000 pagine, quaranta tomi almeno!
Nessuno fiata. Nessuno registra la vicenda; nemmeno a livello di ordinaria
amministrazione. Silenzio. La stampa, che per anni ha gridato allo scandalo
della Commissione antimafia, sembra non accorgersi di nulla.
Sfilano in quelle pagine magistrati, militari, questori, politici, banditi di
primo e secondo piano, personaggi che hanno riempito la cronaca di questo Paese.
Si parla di vicende che hanno e che continuano, quasi ogni giorno, ad
insanguinare l'Italia. C'è il racconto quasi minuto della corruttela che, come
una ragnatela, ha avvolto il Paese.
Spuntano personaggi di primo piano della vita politica italiana che, fino a ieri
defilati, aiutano, con la loro comparsa, a spiegare vicende rimaste
incomprensibili fino a prima, come quella delle bustarelle "Standa", vicenda che
vede mafia e politica a braccetto lungo tutta la penisola.
C'è la storia del nullatenente socialista Savino Fagone che, grazie alla
politica e alla partitocrazia, diventa, nello spazio di pochi anni, miliardario;
in una regione come la Sicilia, dove ancora vi sono zone in cui i contadini
vanno alle banche a chiedere prestiti di 5.000 lire (cinquemila lire). C'è in
breve la conferma di come lo «Stato dei partiti», che si è instaurato in Italia,
uccidendo la Costituzione, abbia trasformato la mafia in cardine di tutta la
vita politica: da Palermo a Milano, dalla Sicilia al Brennero. Il Friuli sta al
Belice e viceversa.
Ebbene, tutto tace. Le penne del giornalismo italiano, tante volte vibranti di
sdegno per il comportamento della Commissione antimafia, restano ora inoperose.
Hanno davanti a sè la pappa scodellata della corruzione e del delitto e
tacciono. Perdonate, lo devo dire: che schifo!
Ed è evidente perché stanno zitti. Perché cosi vogliono i loro padroni. Il
compromesso storico si sostanzia di questi silenzi.
Io do una cosa a te, tu dai una cosa a me. Io taccio sui tuoi delitti e tu taci
sui miei. Ecco come si sostanzia, in termini politici, il silenzio sulla
spaventosa documentazione che, grazie al coraggio di pochi, è venuta fuori dalla
Commissione antimafia. E poi ci si meraviglia che siano spuntate fuori le
Brigate rosse!
Ma c'è un silenzio ben più sconcertante. È quello dei Presidenti delle Camere.
Con la relazione conclusiva che è stata consegnata al Parlamento il 4-2-76 (più
di due anni fa!), e con quanto la gestione Cattanei riuscì, con molta pena, a
pubblicare. sono 9.718 (novemilasettecendodiciotto) pagine cariche di documenti,
interrogatori, denunce, sentenze, analisi, che si trovano davanti, lì sul
tavolo. E dato che non è pensabile che i Presidenti delle Camere non leggano la
stampa, è da ritenere che siano informati come sulle strade e piazze della
penisola, non passi quasi giorno, che non si raccatti qualche cadavere
massacrato dal piombo o distrutto dal fuoco. È mafia, dicono i giornali. E
voltano pagina.
Ed allora? Non dovevano le Camere, sulla base della documentazione raccolta e
delle proposte della Commissione antimafia, legiferare, in modo da dare al Paese
provvedimenti adeguati a combattere la delinquenza e l'assassinio; delinquenza
che si palesa la più difficile da eliminare in quanto i confini con la politica
sono stati cancellati?
La spesa della Commissione antimafia supera, di gran lunga, il miliardo di lire.
Possibile che tutto resti vano, inutile, cartacce da buttar via?
E perché mai? Per quale oscuro disegno? E come può pretendersi di trovare la
verità sull'assassinio di Moro, se non si fa luce sui misteri che protessero
prima Giuliano, e poi lo uccisero a freddo?
La strage di Portella delle Ginestre (1947), con tutti i suoi misteri che si
porta dietro, non somiglia forse, nei suoi tratti essenziali, alla strage di
Piazza Fontana?
Chi ha gestito quelle operazioni? Chi c'è dietro l'angolo?
Perché -ecco la domanda essenziale- il PCI e la DC hanno deciso sulla "mafia" di
calare il sipario? Nel «coprire» se stessi buttano allo sbaraglio il popolo
italiano. E il sangue continua a correre. Perché il compromesso viva.
Cosi la DC e il PCI. Ma i Presidenti delle Camere che fanno?
Se facessero finta di nulla, dicendo ai commessi: «metta là quei volumi, non
sono attuali», crederebbero proprio di svolgere i propri compiti secondo il
dettato costituzionale?
Se questo fosse il loro intento (e non vogliamo crederlo) non si tratterebbe
solo di omissione di atti di ufficio. Si tratta di alto tradimento. Nei riguardi
degli interessi morali e materiali del Popolo italiano.
Coraggio, onorevoli Presidenti delle Camere!
Quelle carte, che vi vengono puntualmente consegnate dai solerti funzionari
della Segreteria della Commissione antimafia costano.
Eccome se costano! In sangue, in beni materiali. Costano sopratutto in termini
morali. Paga il cittadino.
Non sedete all'alto seggio presidenziale per gestire il compromesso storico.
Siete stati designati perché, tutelando il prestigio del Parlamento, tutelaste
la vita degli Italiani. E avete il dovere di farlo. Costi quello che costi.
Giuseppe Niccolai
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