il  PARTITO

"Secolo d'Italia", 2 agosto 1987

 

«carta bianca»
Per un Congresso di idee

 

Il nostro Congresso si svolge in una fase politica che ci chiama più all'azione che alla riflessione, più ad intervenire per guidare e dominare gli eventi che a raccoglierci per chiarire a noi stessi le nostre ragioni ed i nostri propositi. Mentre ci prepariamo a scegliere la via da seguire, il ruolo da assumere, i nuovi organi dirigenti, fuori di noi la situazione si aggrava e si trasforma. Forse non è ancora la crisi delle istituzioni, ma è certamente la crisi dell'assetto politico che finora ha colmato il vuoto delle istituzioni e ne ha ritardato il crollo. Dinanzi a noi, il fronte multiforme ma sostanzialmente unitario al quale ci siamo opposti -rispetto al quale siamo stati opposizione- non sussiste più. Oggi non ci opponiamo più al suo peso soverchiante, ma alle conseguenze del suo sfacelo.
È, o dovrebbe essere, il nostro momento, quello che abbiamo atteso da sempre, nella lotta sostenuta contro il «sistema» quando non mostrava ancora i segni della sua decadenza e la sua potenza sembrava non offrirci sbocchi. Dovremmo dunque scuoterci, per avanzare sulla scena politica con una determinazione, una mobilità dinamica, una capacità inventiva che siano pari per intensità e vigore alla tenacia intransigente con la quale abbiamo sostenuto cosi a lungo la nostra professione di fede. Se dovessimo sfuggire a questo impegno per timore, impreparazione o pigrizia, verremmo meno alla prova storica della nostra identità e presenza, e nemmeno la nostra lunga testimonianza ideale si giustificherebbe più.
Ma in ogni caso, anche se volessimo ancora attardarci in una posizione di attesa, non ci sottrarremmo ugualmente alle responsabilità che la nuova situazione ci impone. La frantumazione dello schieramento avversario non ci consente di batterlo frontalmente, e qualunque posizione assumiamo sui problemi e sulle scelte politiche concrete, anche se apparentemente «equidistante» o agnostica, finisce per favorire l'uno o l'altro dei contendenti, e per condurci quindi, di fatto, ad una scelta. Peggio: a subire una scelta.
Momento decisivo, dunque, che tuttavia ci coglie a nostra volta in un passaggio difficile: non in crisi, forse, ma certamente in una fase di transizione e di perplessità. L'intreccio fra la situazione esterna e quella interna ci pone in una condizione delicata e pericolosa. Ne abbiamo avuto una prova nella recente campagna elettorale e con i suoi risultati, il cui dato saliente non è tanto nella flessione dei nostri consensi, quanto nella grossa occasione perduta, nella nostra incapacità di sorprendere gli avversari in crisi, di cogliere i frutti della loro dispersione e del loro smarrimento. Ora nella nuova legislatura, la crisi politica e istituzionale riprende e si aggrava, ma nuovamente si manifestano i segni della nostra incertezza. La nostra presenza che ha sempre e comunque un peso -e talvolta un peso determinante- giova così ora all'uno ora all'altro dei nostri avversari, mai a noi. Il corso delle cose sfugge al nostro controllo, si dirige verso altri sbocchi, rischia di generare una nuova realtà a noi ancora più avversa di quella che, dopo cosi lunga attesa, abbiamo visto giungere alla resa dei conti.
Paghiamo cosi le conseguenze del lungo periodo in cui il Movimento si è attardato a contemplare i suoi problemi esterni e interni, invece di affrontarli e risolverli. Il Congresso ci conduce quindi dinnanzi a nodi ideali, politici e funzionali che dovremmo avere già sciolti per far fronte alle necessità dell'ora. Non possiamo, è chiaro, recuperare la tempestività perduta. Ma possiamo far sì che questa fase critica non duri a lungo, e non vada anch'essa sprecata.


* * *
Dal Congresso deve uscire non solo un partito rinnovato nelle strutture e nei metodi, non solo un partito con le idee chiare su se stesso, sul proprio ruolo, sul modo di affrontare e volgere a proprio vantaggio la realtà esterna, ma anche e soprattutto un partito in grado di rinnovare ogni giorno la propria chiarezza di idee di fronte ai problemi che sorgono. E quindi un partito che ritrovi nei propri organi statutari -sfrondati nella attuale pletora e ricondotti ad una reale collegialità- la fonte delle decisioni politiche e la continuità della guida operativa: un partito in grado di rivendicare la successione al regime, perché realmente immune dalle sue tare.
Mentre oggi si pone, con forza, la questione morale nei confronti della classe politica di regime, è assolutamente necessario far risaltare in modo evidente la «diversità» del dirigente e del militante del Movimento Sociale Italiano, non rassegnato e non partecipe al male oscuro della partitocrazia. In un partito che rivendica l'affermazione dei «valori» in una visione spiritualistica della vita, il primo fondamento dell'«alternativa» è di ordine etico ed esistenziale. Non sono sufficienti pertanto, le dichiarazioni astratte, ma è necessaria una reale e chiara coerenza di comportamento che costituisca una sicura garanzia di credibilità anche, ad esempio, nel rigoroso rispetto delle norme statutarie sulle incompatibilità tra le cariche elettive, per le importantissime valenze politiche, organizzative e morali che vi si ricollegano.
Va quindi recuperata, in ciascuno di noi e nel clima generale del Movimento, quella tensione ideale che, attraverso prove e sacrifici durissimi, abbiamo saputo mostrare in tempi e circostanze diverse nella nostra storia quarantennale, e che negli ultimi tempi ha certamente registrato una netta caduta: mentre, nello stesso tempo, il tono della nostra presenza pubblica e della nostra vita interna si è affievolito, l'impegno culturale si è attenuato, e la stessa efficienza organizzativa si è incrinata. In questi campi è necessario e urgente un cambiamento con la consapevolezza che si tratta anche ed essenzialmente di un fatto politico. È questa ripresa di «stile», questo rinnovato spirito della classe dirigente, che deve fare del Movimento un adeguato strumento di lotta politica. Un Movimento che viva nei suoi organi e nelle sue strutture, agili, duttili, articolate nella società di oggi, luogo di leale discussione fra tutti e centro di decisione impegnativa per tutti, di propulsione e di conquista politica.
Per giungere a questi risultati occorre un Congresso libero, aperto, consapevole della sua insostituibilità. Un Congresso che non sprofondi nella morta gora del già fatto, del già deciso, del tutto va bene; ma che non si esaurisca, per converso, nello scontro fra i candidati alla segreteria, e non si bruci nella guerra per bande. Un Congresso di idee, in cui si discuta, se necessario si lotti, ma alla fine si decida. E dopo il quale ci si trovi tutti nelle decisioni prese, come base e sostegno della nostra vita e della nostra unità.


* * *
Ma un Congresso a questi livelli non si improvvisa. Anche se il tempo stringe occorre uno sforzo di cernita fra i pensieri, i progetti, gli impulsi ideali, le possibili direttrici di azione. Occorre giungere a un primo, essenziale chiarimento, prima di ritrovarci nell'aula del Congresso, dove metteremo in gioco tanta parte del nostro destino. Crediamo che queste considerazioni, che non contengono ancora una soluzione ma solo le premesse essenziali per giungervi possono essere condivise in vasti settori del partito, superando gli schemi tradizionali delle componenti e dei gruppi. Rivolgiamo quindi un appello ad una comune riflessione, ad un confronto di tesi, ad uno sforzo di elaborazione e di creatività: nella convinzione che ci si possa e ci si debba incontrare, tra gli uomini che avvertono la coscienza dei pericoli che possono investirci, ma anche degli inattesi vasti orizzonti di azione e di vittoria che si possono aprire al nostro Movimento.
E confidiamo che un tale appello, indirizzato a tutti i militanti per un comune impegno di rinnovamento, possa sortire effetti benefici per una serena dialettica congressuale.
Ricupero dello «stile» nel necessario rigore morale dell'impegno politico, rifiuto di vecchi e nuovi «gattopardismi», reali volontà di cambiamenti per un partito moderno aperto verso la società civile, costituiscono elementi per una comune piattaforma nella quale è possibile individuare, al di là e ben oltre antiche incomprensioni, la confortante garanzia di rinnovate affermazioni e d autentica unità per il Movimento.
 

Domenico Mennitti
Giulio Maceratini
Tomaso Staiti
Giuseppe Niccolai
Altero Matteoli
Pino Specchia
Paolo Andriani
Cario Casalensi
Enzo Erra
Adolfo Urso
Mauro Mazza
Umberto Croppi
Giuseppe Certo
Gaetano Pellegrini Giampietro

Inviato da Andrea Biscàro - http://www.ricercando.info