DICONO

dal "Secolo d'Italia" di Mercoledì 31 Ottobre 1990

 

Beppe Niccolai ad un anno dalla scomparsa. Il profondo significato di una esperienza umana e culturale che va al di là degli angusti steccati.

Oltre i confini della politica

 

Mi sono sorpreso più di una volta in questi ultimi tempi a chiedermi che cosa avrebbe detto o fatto Beppe Niccolai di fronte all'accentuarsi della crisi del sistema, al crollo verticale del comunismo italiano ed internazionale, al dispiegarsi più arrogante che mai del potere neo-capitalista in Occidente, alle inquietudini di quello che per quarant'anni è stato il suo partito politico, la ragione più profonda della sua vita, il centro dei suoi interessi pubblici e privati.

L'impossibilità di una qualche risposta mi ha fatto sentire una volta di più tutto il peso della sua scomparsa un anno fa, dopo breve e dolorosa malattia.

Ci dicemmo allora che senza Beppe eravamo più poveri, più soli.

E quanto non furono di circostanza quelle parole, accompagnate da lacrime sincere, siamo qui ora dolorosamente a verificarlo.

C'è chi con Beppe ha perduto un amico, chi il camerata sempre disponibile; tutti abbiamo perso una sicura guida spirituale capace di trarci d'impaccio di fronte ad assillanti interrogativi che non erano mai soltanto «politici».

Del resto Niccolai del politico in senso stretto non aveva niente.

Non quell'aria falsamente apprensiva, non quell'eloquio fumoso ed untuoso, non quei modi di circostanza bassamente ipocriti: fin nella figura Beppe respingeva il clichè proprio a tanti professionisti della politica che per ovvie ragioni era costretto a frequentare.

Tuttavia, della politica come strumento di realizzazione dell'uomo in un progetto collettivo, Niccolai avvertiva tutta l'importanza e ad essa, con l'umiltà del suo carattere orgoglioso e schivo, era capace di dedicarsi con un'assiduità che avrebbe consumato fibre più forti.

Il «bene comune», quale fine della sua concezione della politica, l'aveva a cuore più della stessa vita, tanto che, quando questa gli si rivelò in pericolo, respinse cortesemente ma fermamente i consigli dei familiari e degli amici per stare quanto più vicino era possibile al Movimento cui riteneva, in una difficile congiuntura, di dedicare tutte le sue energie.

E che militante, e della razza migliore, Beppe sia stato è fuor di dubbio.

Pagando talvolta più del dovuto per la sua coerenza, in nessun momento della sua vicenda politica ha abdicato ai propri intimi convincimenti: sono storia recente le clamorose rotture personali all'interno del Partito, le dispute aspre con chi pure aveva condiviso, per quattro decenni, fortune e disgrazie, ed infine, il riannodarsi di fili spezzatisi nel corso della vita, sempre con generosità, con altruismo, con grande eleganza.

Coscienza critica del MSI venne, un po' approssimativamente, definito.

Ma Beppe era qualcosa di più.

Costruiva con la sua amarezza, allevava anime -se non suona troppo retorico-, induceva ad avere fiducia quando c'era soltanto da spegnere la luce e sprangare la porta.

Lo ricordo in mille modi; ma l'immagine di Beppe che mi viene sempre per prima in mente è il suo pensoso interrogarsi sulle possibilità di questo nostro Paese di ritrovarsi unito per creare un'altra volta storia.

Dopo il fascismo e l'antifascismo, per Niccolai restava l'Italia, una comunità di destino che i più giovani decifravano con incertezza, che tanti degli anziani non erano più abituati ad individuare tra le brume delle persecuzioni e delle disfatte personali, ma che lui riusciva sempre con certezza ad indicare.

Ricordo in proposito i suoi discorsi, le sue private confessioni, le sue lettere. E non c'era volta in cui la sua naturale malinconia non si stemprava in parole di speranza. Dio solo sa quanti di noi in certi momenti ne hanno avuto bisogno.

Dire che con Beppe Niccolai un anno fa se ne è andata una parte di noi, forse è scontato.

Mi auguro, però, che ricordarlo non sia per la nostra Comunità un vacuo esercizio ritualistico.

Cerchiamo di viverlo Niccolai, per ciò che ci ha insegnato ad amare nel momento in cui nessuno di noi sembra più coltivare illusioni.

Gennaro Malgieri