"Continuità", 16.8.1997
Senza memoria non c'è
futuro
Giancarlo Chetoni
Non correva buon sangue tra Almirante e Beppe Niccolai. Gli uomini erano
diversi. Per esperienze e per sensibilità. Li divideva sopratutto la politica
estera. Atlantista, il primo, antiamericano il secondo.
Bruciavano ancora sulla pelle di Beppe le scelte del MSI del '60 e del '72, e i
quattro lunghi anni di campo di concentramento passati a Hereford nel Texas. Lì,
aveva visto morire per stenti, e dissenteria, bastonature e pazzia, per ferite e
sventagliate di mitra dalle torrette di guardia, molti dei ragazzi che con lui
dividevano quelle baracche di reclusione. Pagarono tutti un prezzo crudele.
Vivi, morti e rimpatriati. La colpa stava nell'essersi dichiarati prigionieri di
guerra non cooperatori. Un vissuto straziante, un tempo enormemente dilatato di
allucinata sofferenza. Fisica e morale. Lasciò il segno.
L'America di Beppe e di Silvia Baraldini: egualmente feroce e lucidamente folle,
ieri come oggi. Impastata di una inestinguibile sete di vendetta per chi non si
arrende. Un'America invelenita, corrosa dal tempo e dalla Storia.
Beppe non parlava mai della prigionia ma i suoi occhi si accendevano di collera
quando Almirante lustrava, le scarpe alla NATO e all'America. Quel servilismo lo
imbarazzava, lo faceva star male dentro. Non riusciranno mai a capirsi. Gli
stralci che seguono, raccolti da una sua conferenza a Livorno nel '85, ci dicono
cosa fosse l'uomo Niccolai. Se ne andrà, osservando un silenzio carico di
dolorosa disillusione, nell'ottobre '89 con le tasche vuote e la faccia pulita.
Lascia un'eredità da stringere gelosamente tra le mani.
«... Che cosa è stata la scuola in mano alla DC che l'ha gestita per 40 anni?
Quali valori vi ha profuso?
È stata luogo permanente della guerra civile fra gli italiani. Quali tradizioni
educative potevano esserci in una scuola che demonizzava il passato dei padri,
uccidendovi il sentimento della nazione, cioè la memoria? Imponendo il divieto
di guardare al passato è nato l'uomo massa, l'uomo senza identità, secondo il
modello americano; quel modello che tutti i giorni attraverso la TV, attraverso
i network ci porta in casa i telefilm dell'orrore, delle bande giovanili, della
droga, i culti demoniaci, il consumismo, il dio danaro.
Vivi questo è il mondo! il cinema: i modelli dell'italiano alla Alberto Sordi.
Scroccone, vile, vanesio, opportunista, senza carattere, sempre disimpegnato. E
poi la "cultura" del progresso illimitato, travolgente, senza legami, senza
tradizioni, senza i ricordi. Che vale oggi la storia di un borgo medievale, nel
rispetto di chi ci ha vissuto, parlato, camminato, prodotto cultura e fiabe per
bambini? Che vale conservare un paesaggio, un fiume, un ruscello? Anche quelli
sono valori della tradizione. L'uomo non è fatto solo per produrre e consumare;
l'uomo è anche pianta, albero-figlio della terra, della sua terra. La città a
misura d'uomo. L'uomo, il rispetto della sua complessa unicità.
A chi abita nelle "batterie" degli uomini da lavoro resta, oggi, una sola via da
percorrere per conservare la stima di sé: non rimuovere dalla coscienza la vita
di chi ci è accanto, di chi ci è compagno di sventura; non dimenticarlo non
chiudersi nel più completo isolamento. Si abita sullo stesso pianerottolo e non
ci si conosce. E si fa di tutto per evitare di conoscersi. Si chiudono con i
tramezzi i balconi.
Perchè? Per la paura di vedere riflessa nel vicino la propria immagine
disperata, di uomini da lavoro in "batteria". E i figli? Scendono dalle nuove
zone di frontiera, le bande. Che possono fare se sono cresciuti in questa
"cultura" che ha ucciso, con la memoria storica, città e territorio? Vandalismi?
E come possono avere rispetto se ciò che vedono (e in cui vivono) è triste e
brutto? Centinaia di migliaia di abitazioni che si distinguono solo per i numeri
civici. Quei quartieri: disegnati da quale "cultura"? Da quali "architetti"? I
ragazzi, oggi abituati ad essere consumatori, sfiorano l'angoscia, la noia per
sazietà di stimoli. Via la Patria, via la religione, via le ideologie, via ogni
fede. Via ogni autorità, tutto è permesso. Viva la città senza bandiere, senza
altari, senza idee, senza politica vera. Si scatenano i demoni. Questa è la
cultura fondante sorta per edificare la città senza Dio. La città senza
inibizioni, la città dove si può tutto. Ed ecco l'infelicità, la noia, il
collasso totale. Come si esce da questa crisi metapolitica, da questa crisi di
religione? Occorre ritrovarsi, tornare a stare insieme. Tornare ad un modo di
vivere che dia senso alla vita.
Superare la vacanza della Storia che ci ha portato alla perdita di identità.
Tornare Comunità. Tornare MEMORIA ...»
Giancarlo Chetoni
"Continuità", 16.8.1997
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