FRAMMENTI

dal sito "Aurora" (http://aurora.altervista.org)

 

la polemica

«Sindrome democristiana»: AN come il MSI

 

 

Stenio Solinas, uno dei cervelli fini del MSI, cacciato da Almirante per far posto a fini senza cervello, ha aperto sulle pagine de "il Giornale" un dibattito sulla crassa ignoranza (politica, culturale, sociale, economica, amministrativa, finanziaria, ecc.) che avvolge la classe dirigente di Alleanza Nazionale.
Ad un certo punto il dibattito deborda, e non certo per colpa di Solinas, i riflettori cominciano a spaziare sul palcoscenico dialettico, l'obiettivo si sfoca, la discussione si allarga. Parlando di tutto si finisce per discutere di niente. Non poteva essere diversamente. Solinas ha tentato di rimettere nel solco il dibattito ma non ci è riuscito. Con la scesa in campo di preti indegni della talare, vecchi arnesi del golpismo filo-americano, discutibili registi prestati alla politica in concomitanza col sopraggiungere della menopausa delle amanti, «vecchi» spioni del Viminale premiati per questa loro «onorabile» prestazione, pennivendoli alla ricerca di nuovi padroni dopo il crollo del craxismo, sfiatati tromboni della Destra Nazionale, si perde l'oggetto del contendere. Gli interventi degni di considerazione restano pochissimi.
Il problema, qual'è? Vediamolo.
Il 27 marzo AN, per uno scherzo del destino (ma mica tanto, visto il lavaggio di pezze sporche del CAF nella mota di destra) si trova al governo. Che fa? Nulla, la destra forcaiola, che per anni ha implorato la pena di morte, semplice e doppia a seconda dei casi, per tutti coloro che violavano la legge, cerca di aprire i cancelli per liberare i banditi di Tangentopoli.
Non ha fatto nulla di nuovo.
S'è comportata come i predecessori. «Sindrome democristiana». Che altro ha fatto poi? Ha fatto a botte nel parlamento, come quando era all'opposizione. A quel punto è l'imbecillità che s'instaura al potere. Che altro ha fatto? Non ce lo ricordiamo e se la memoria non ci soccorre, vuol dire che non è avvenuto alcunché degno di nota.
Alla opposizione, dopo il cosiddetto ribaltone di Bossi, AN si squaglia. Fini parla, ciancia, balla con Daniela Di Sotto ma una proposta politica seria non la formula. Non esce nulla da quella botte. Il re è nudo. Perché? Qui necessita andare indietro negli anni. Non per concedersi al macabro gioco del rovistio nei sarcofaghi, bensì perché Alleanza Nazionale non ha fatto, e non può fare, i conti col suo passato.
Scrive Solinas che il nuovo vertice pensava «che bastasse togliersi la camicia nera per diventare di colpo intelligenti». È esatto fino ad un certo punto. Perché il «nuovo vertice» è talmente carente che quella «camicia nera» l'ha portata come poteva portarne una di altro colore. La dimostrazione sta nella «svolta» ai Fiuggi. Un volgare girare pagina senza respiro culturale, senza costrutto morale. Uno stupro della storia d'un mondo di uomini che hanno sofferto, hanno perduto la libertà, sono morti.
E chi doveva sostenerlo, il dibattito?
La «diaspora delle intelligenze» non è una invenzione dialettica di Beppe Niccolai.
Solinas, Tarchi, Veneziani, buttati fuori. Cardini, Melchionda, Buscaroli, Erra, Accame, Del Ninno, ai margini. Alfredo Cattabiani, Direttore Editoriale della Rusconi, ignorato. Ma, prima di loro, Alberto Giovannini non ebbe vita facile. Giorgio Pini, il caporedattore di Mussolini, se ne andò quasi subito e nessuno mosse un dito per trattenerlo. Ernesto Massi, il primo a parlare di geopolitica, messo in condizione di andarsene.
Il MSI è stato la tomba degli intellettuali. In ogni regione, in ogni provincia, ogni Ras provvedeva a cacciare il solito capace di pensare.
Il MSI è stato il regno dei «cretini ubbidienti» di staraciana (con la «a») memoria.
Molti dei cacciati, come scrive Salvatore Scarpino, si sono chiusi nella solitudine e nella selvatichezza del loro esistere, felici d'essere «cani sciolti, luciferini negli orgogli e nelle inimicizie». È quella parte di quel «mondo» che guardava al Berto Ricci delle «solitudini di pietra» che voleva «affogare nel ridicolo chi vede nella discussione il diavolo».
In quella solitudine però hanno continuato a pensare. E a comunicare al mondo con lo scritto le loro idee.
Se oggi AN è culturalmente asfittica, l'eziologia patologica affonda le proprie radici in quegli anni, quando si preferì alimentare ed ingrassare il virus dell'obbedienza cieca e assoluta a danno del libero pensiero.
Destra come sinistra.
Flaiano diceva che ci sono due tipi di fascismo: il fascismo e l'antifascismo. Oggi c'è un ritorno alla staracismo tramite lo storacismo (attento, proto, alle vocali!).
Chi conosce la storia di Tatarella Giuseppe può affermare senza tema di smentite ch'egli è uno dei pochi coerenti dell'ambiente. Ha ragione Veneziani. Tatarella, con la sua inconsistenza culturale ma la perfetta conoscenza dei meccanismi della politica politicante, è l'antesignano del progetto di AN. Un progetto debole, certo, come tutti quelli avulsi da una matrice culturale ma quando mai, in Italia, la cultura ha avuto fortuna politica?
In questo sta il nocciolo della questione tragica dell'Italia. Una tragedia che avviluppa la destra. Una politica nobile presuppone conoscenza della realtà e progetti per fronteggiarla, proiettati nel futuro. Ma quali sono quelli di destra? La nostra economia tira ma il Sud diventa sempre più un inferno.
Cosa propone la destra, oltre l'invio del solito esercito a pattugliare le nostre città? Il nostro esercito mostra la corda ormai e non può continuare a correre dal Mozambico al Salento. Che fare?
I nostri ospedali ammazzano sempre di più anziché curare. A Bari, regno di Tatarella Giuseppe, doge e ducetto di Puglia, il Policlinico, voluto da Araldo Di Crollalanza, povero di soldi ma ricco di onestà, somiglia sempre di più a un lazzaretto di Bogotà.
Che fare?
La scuola... che dire della scuola? Nulla che non si sappia. In tutti i modi, che fare?
L'agricoltura italiana muore d'asfissia e di assistenzialismo mentre consumiamo prodotti stranieri. Non si chiede l'autarchia ma è un problema, che fare?
Un progetto politico serio non può prescindere dall'immaginare un destino, cioè una meta, da dare a un popolo, a una nazione, a uno stato, a una patria. S'usi il termine più confacente alla propria cultura, anche l'incolore «paese», ma se una classe dirigente non si prefigge questi scopi, quel che fa non è politica. E, giova ricordarlo, nell'Atene di Pericle l'«idiota» era colui il quale non faceva politica.
C'è questo progetto? Non c'è.
Per progettare occorre pensare. Servono idee, necessarie soprattutto quando cadono (ed era ora!) le ideologie. Quando però il pensiero è andato in esilio, rimangono solo le lotte di fazione, gli intrighi di corrente, le gelosie personali e la corsa al protagonismo più sfrenato. Questa sterile confusione genera inevitabilmente la cultura del sospetto, il mito dietrologico. Anziché interrogarsi e «farsi male», è più facile prendersela col destino cinico e baro che ordisce complotti tramite i poteri. Usando pure il giornalismo, ch'è «quarto potere». Faciloneria, lardosa tronfiaggine, stupida spocchiosità, inutile «machismo» come l'invocare la pena di morte (ch'è stata cassata dal novero delle leggi italiane, anche con la firma di AN) quando una banda di ammalati di immunodeficienza assalta le banche e la fa franca in nome d'una legge scritta da deficienti giuridici.
Torna, torna sempre, a dispetto dei tanti gattopardismi, dello svestirsi nei camerini della politica «novistica» il rigurgito d'una violenza capace solo di bastonare le idee e purgarle in obbedienza ai «fogli d'ordine» del gerarchetto di turno.
Mostrando i tanti muscoli e il poco cervello non si va lontano. Quel che serve è consapevolezza dei propri limiti e tanta onestà intellettuale.
Allora bisogna chiedersi perché avviene la «diaspora delle intelligenze». Puro capriccio? No, assolutamente. Fu la pena inferta a chi non poteva tollerare, dall'alto dei suoi convincimenti storici e culturali, che avvenisse il mercimonio delle coscienze.
Mennitti enfatizza l'«onestà della classe dirigente missina». È falso, fuorviante e deviante sostenere ancora queste assurde amenità. In Alleanza Nazionale ci sono uomini ricchi, d'una ricchezza sfavillante, maturata negli anni del MSI.
Quando nel remoto 1968 Beppe Niccolai, tutto solo, presentò il Progetto di legge n° 78 sulla creazione dell'anagrafe tributaria dei parlamentari, non ci fu alcuno che gli diede una mano.
Mennitti mente sapendo di mentire. Egli ricorderà sedute di Comitato Centrale e Direzione Nazionale del MSI, anche Congressi, che avevano all'ordine del giorno la «questione morale» del partito.
È l'on. Pasetto di Verona a denunciare ad Almirante che il veronese Franco Franchi, Consigliere attuale del CSM, aveva 600 (seicento) milioni (degli Anni '80) di debiti. Come ha fatto ad onorarli?
È Angelo Cerbone, membro del Comitato Centrale, uomo di cinque lauree buttato fuori dal MSI, a denunciare in due libri ("Scacco al Re" e "Eutanasia di un partito”) le malefatte del vertice missino che con i comunisti napoletani gozzoviglia a tangenti di centinaia di milioni (dell'epoca). Mennitti sa che il finanziamento pubblico dei partiti, il suo liquame, ha riversato la sua untuosa risacca sui vertici altissimi del MSI. Le dichiarazioni congressuali di Tomaso Staiti di Cuddia, unico e primo oppositore di Almirante, sono circostanziate.
Ecco perché c'era la «diaspora delle intelligenze». Chi voleva capire e sapere, chi s'infuriava nel prendere coscienza di questo marciume, veniva sbattuto fuori. E se continuava a gridare, perché si sentiva lordato delle altrui lordure, subiva l'ukase; personalismo e questioni personalistiche.
Anche Mirko Tremaglia... Continua a fare la vittima. Lo sappiamo tutti che c'è stato l'«arco costituzionale». Tanti di noi ne hanno sentito il peso sulla propria pelle. Ma il MSI è stato stampella del sistema democristiano.
La «sindrome democristiana» non nasce con Alleanza Nazionale. Il virus è genetico, era nel corpo del padre. È la spirocheta della vecchia sifilide che aveva messo in arcione Tambroni, Segni, Leone, il peggio (posto che possa esserci un meglio) della DC, con i voti determinanti del MSI. È lo staffilococco che continua a contaminare se l'on. Tatarella Giuseppe, appena insediatosi al dicastero delle Poste, nomina suo consigliere giuridico il prof, Aldo Loiodice, «consigliori» della classe dirigente democristiana di Puglia, finita dietro le sbarre.
C'è un motivo perché Gasparri rifiuta il Ministero dell'Agricoltura (dice lui) e s'insedia al Viminale. L'homo faber costruisce il suo destino. Con Publio Fiori al governo, AN riporta ai vertici dello Stato la P2, contro la quale lo Stato stesso aveva nominato una Commissione d'Inchiesta, la cui relazione di minoranza era stata scritta da Altero Matteoli, Ministro dell'Ecologia.
Chi gridava contro queste porcherie era condannato a subire il pogrom. Chi non voleva saperne di accettare che tre capi dei Servizi segreti (De Lorenzo, Miceli, Viviani), vergogna delle nostre Forze Armate, artefici della strategia della tensione e mandanti del sangue italiano versato nelle stragi, diventassero deputati del MSI, andava impiccato al fico della vergogna.
Chi chiedeva perché Almirante, oltre ad incontrare Sindona a New York, si faceva amnistiare nel processo per la strage di Peteano, andava al rogo. Chi credeva all'identità italiana e voleva per la nostra patria la libertà che meritava, finiva all'indice. Perché il nostro nazionalismo, già di per sé deprecabile, doveva avere per bandiera quella americana.
Beppe Niccolai, che scoprì la sporca storia della lettera di solidarietà scritta a nome del partito da Mirko Tremaglia e inviata a Oliver North, il colonnello contrabbandiere di armi dell'affare Iran-Contras, finirà denunciato e interrogato dall'UCIGOS di Pisa.
Ecco, e per concludere, perché sarebbe da scrivere qualche libro (cosa forse che avverrà a breve) dove nasce la «sindrome democristiana».
Che fare? Non mi riguarda. Dico solo che l'affidabilità di AN è discutibile. Alla luce della sua storia. Se non si aprono gli armadi, gli scheletri imputridiscono. Siccome non si apriranno....
 
 

Vito Errico
dal sito "Aurora" (http://aurora.altervista.org) agosto 1995