il  PARTITO

"L'Eco della Versilia", 31 gennaio1986

 

XV Congresso del MSI: una tappa decisiva

 

Allora si va verso il XV Congresso Nazionale del MSI.
Per che cosa fare?
Nell'appunto-bozza sotto riportato cerchiamo di spiegare, in termini politici non certo personali, quali sono gli effetti che una grande personalità può, alla lunga, provocare nel corpo del partito, dal punto di vista politico, organizzativo, umano, quando la gestione della Comunità permanga oltre ogni limite.
Giorgio Almirante è chiamato al suo capolavoro, al suo autentico capolavoro: quello di stabilire i modi, e di attuarli, della sua sostituzione.
A misurarsi con lui, autentico protagonista della vita del MSI, è chiamata la classe politica di vertice e periferica del partito che deve dimostrarsi, soprattutto nelle responsabilità, pari a lui nel compito che le é davanti.
Questi sono i termini della grande questione che il MSI deve affrontare nell'anno che si apre. Abbiamo scritto «grande» perché, a nostro parere, va oltre, e di gran lunga, i confini della nostra famiglia politica.
È stato scritto (Alessandro Barbera, "Intervento", n. 70-71, maggio-agosto 1985) che «insomma il problema della destra si collega alla tenuta ideologica del suo nucleo dirigente all'indomani dei passaggio dette consegne».
Vero. Ma è per questo, soprattutto per questo, perché la classe politica del MSI sia pari al suo Segretario, che Giorgio Almirante deve compiere il suo capolavoro; quello cioè di dimostrare limpidamente alla pubblica opinione che gli «eredi» ci sono: ideologicamente, politicamente, umanamente saldi. Se, fino ad ora, il referente principe è stato, nella sua umanità e nel suo istinto politico il Segretario, d'ora innanzi la classe politica missina deve darsi i referenti, alti e forti, che porta, inespressi, nel suo seno. Una destra che sappia accentuare la sua visione comunitaria, il suo anticomunismo perché anticapitalista, che sappia interpretare nel suo terreno il nazional-popolare, che sappia coltivare le sue istanze di dignità nazionale ed europea contro le superpotenze, ha i requisiti per essere la comunità del cambiamento. In breve incidere, non amministrarsi.
Si, dobbiamo crederci. Il MSI può, con serena fermezza, affrontare i duri problemi che aspettano l'Italia del duemila.


Diritto al confronto

Il «miracolismo dell'uno che pensa per tutti» (Berto Ricci) si addice all'immagine di un partito come il nostro in cui il potere carismatico del capo gioca un ruolo di rilevante importanza. Scrive Francesco Alberoni in "Movimento e Istituzione":
«Il capo carismatico è colui che ha il potere di togliere la colpa. Esso è prima di tutto un capo etico, uno stratega dei comportamento morale. È per questo, prima che per le sue vittorie, che diventa un SALVATORE. Il suo agire produce SALVEZZA e coesione fra i membri del gruppo, e la sconfitta del pericolo esterno».
Alla comparsa dell'autorità carismatica, nella visione weberiana, è attribuito il compito di spezzare la gabbia della burocratizzazione e di liberare la società.
Attraverso il carisma di ufficio (la carica) si tenta di dare una permanente all'autorità carismatica che altrimenti (essendo una soluzione eccezionale per momenti eccezionali) non potrebbe permanere a lungo.
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Ma questa autorità carismatica comporta il rischio, in virtù della sua natura, di appiattire e liquidare qualsiasi possibilità di reale controllo e dissenso.
Le procedure attraverso le quali si manifesta il potere diventano spade nascoste. Ma questa "opacità" giunge comunque ad essere giustificata dalla presenza del carisma. Così di conseguenza gli organi di controllo, cosi come quelli politici, diventano esclusivamente fiduciari e non elettivi.
Il tutto, anche la liceità del dibattito, del pluralismo interno, si riconducono al giudizio insindacabile, perché salvico, del capo.
Laddove il potere carismatico dovrebbe spezzare la gabbia della burocratizzazione, esso diventa in realtà un incentivo alla burocratizzazione stessa.
Si favorisce in questo modo la irresponsabilità ad ogni livello, poiché tutto viene ricondotto al potere carismatico del capo. NON SI DISCUTE, NON SI AFFRONTANO I PROBLEMI, NON PASSANO LE INFORMAZIONI.
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Si afferma retoricamente la presenza di un pluralismo interno (almirantiani, romualdiani, ecc.) senza che questo realmente esista. L'unico pluralismo esistente si traduce in una pluralità di gruppi che si distribuiscono le risone esistenti e su questa funzione di queste cariche distribuite costruiscono l'unità del partito.
In realtà però questi gruppi sembrano non essere in grado di produrre politica, tesi, nuove conoscenze, analisi sociali. Anche al loro interno comunque chiunque discuta, cerchi, magari nuove strade, viene guardato con sospetto come se con il suo atteggiamento mettesse in pericolo il patrimonio di famiglia


Carisma e Autorità

A queste forme di pluralismo fittizio è necessario contrapporre un esercizio più responsabile e trasparente della autorità (vale a dire una autorità che sia disposta ad attribuirsi meriti e blasoni). Per fare questo è necessario dare vita a una profonda revisione culturale all'interno del partito. L'autorità carismatica non può essere al di sopra di tutto e di tutti, decidere su tutto e per tutti
Essa deve essere messa in grado di rispondere del proprio operato ai quadri del partito e questi devono partecipare realmente alla formazione delle decisioni.
Ciò investe il discorso delle informazioni che devono circolare liberamente all'interno. E investe di conseguenza il discorso sulla creazione di nuove procedure di controllo di verifica del consenso di partecipazione reale all'interno del partito.
In questo senso il problema della formazione del Comitato Centrale è di massima importanza.
L'elezione del comitato Centrale, tramite una parte bloccata della Lista significa precostituire maggioranze e quindi inficiare la validità (l'utilità) del Comitato stesso che cosi costituito si limiterà a ratificare decisioni già prese dalla Segreteria.


Un nuovo Comitato Centrale

La lista per l'elezione del CC deve essere di conseguenza completamente libera. Inoltre il numero dei membri del CC deve essere molto inferiore a quello attuale. È necessaria una severa selezione nella formazione delle liste per il CC. ESSA DEVE ESSERE BASATA SULLA PRODUTTIVITÀ POLITICA E SUGLI OBIETTIVI RAGGIUNTI DAI SINGOLI.
Il CC come è concepito ora scade al rango di canea onoraria non impegnativa e non produttiva.
Attualmente il CC ospita almeno una parte di personale politico il cui unico merito è quello di essersi dimostrato passivamente fedele a questo o quel personaggio. Abolire le cooptazioni.
È quindi necessario rivedere la filosofia e i modi di formazione del CC.
II CC deve arrivare a costituire l'ossatura portante del partito ed essere momento propulsivo della produzione politica, organo di controllo (proprio perché in grado di partecipare alla formazione delle decisioni) nei confronti della Segreteria.


Un personale politico selezionato in base alle capacità non alle amicizie

È necessario prevedere all'interno del partito spazi in cui sia regolamentato e garantito lo scontro e la differenziazione dialettica un conflitto cioè produttivo (fondante) di maggiore aderenza alle preferenze collettive derivanti dal dibattito pubblico. Il CC deve essere uno di questi spazi. Anzi lo spazio privilegiato in cui un personale politico professionalizzato discute, approva, può modificare la linea politica proposta dalla Segreteria.
Un CC i cui componenti siano selezionati in base alle capacità, non alle amicizie ma agli obiettivi politici raggiunti, alle tesi espresse e vissute, significa un reale salto di qualità rispetto al presente.
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Si esce cosi dalla logica dell'UNANIMISMO (unità sugli organigrammi), si costringono i gruppi esistenti ad abbandonare la pratica della spartizione (gestione dell'esistente) costringendoli alla produttività politica.


I firmatari del documento congressuale "Segnali di vita"

 

Ritratto degli eroi

In Italia gli eroi fan schifo ai cani.
Non vanno in guerra, non rischian la pelle,
sorridono al nemico e fan fortuna
vendendo i morti per concime ai vivi.
Chi sul campo al nemico offrì la fronte,
chi lottò, chi morì, copron di sputi.
Così salvan l'Italia. Non sul campo,
oh, non sul campo. Sulle piazze dove
da molti anni gli eroi vincon le guerre.
Belle piazze ha l'Italia ove non tira
vento ne piove e ognuno ha il sole in fronte.
Nobil razza gli eroi, razza di schiavi.
Sputan sui vinti, sporcan le bandiere,
fan da ruffiani e drudi ai vincitori,
li accolgono cantando Italia! Italia!
Si fan padroni degli schiavi altrui,
servi si fanno degli altrui padroni.
Libert
à van lordando, ch'è si cara.

(Curzio Malaparte,"II Battibecco" 4.7.1949)

Inviato da Giacomo Mannocci