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"L'Eco della Versilia", anno XV, n°1, 31 gennaio 1986

 

A Pino Romualdi
Ma, allora, Pino, che si è combattuto a fare?

Giuseppe Niccolai

 

Pino Romualdi ("Secolo", 2.1.1986), scrive che «occorre metterci in testa, finita la sbornia del mondo che doveva andare a sinistra, che solo il concreto e determinante intervento di una vera grande forza politica di destra può portare il mondo civile in equilibrio. Cioè, -continua Romualdi- metterlo in condizioni di affrontare e risolvere con le proprie forze i problemi: di controllare e guidare verso il bene le forze scatenate in ogni continente dal vittorioso dilagare della Russia sovietica e del comunismo, e sapientemente trasformate in forze rivoluzionarie, fanatiche e criminali, permanentemente mobilitate contro la società e la civiltà del mondo occidentale, svuotato di ogni valore politico e di ogni volontà dalla tragica sconfitta dell'Europa».
Ci sono, nella su riportata prosa di Pino Romualdi, affastellati concetti che, dati come dimostrati, necessitano, a mio modesto parere, di un chiarimento.
Innanzi tutto il servirsi di categorie, come destra e sinistra che, oggi, alla luce di quanto accade, non aiutano a capire come stanno le cose. «Darei l'intera Montedison per una lucciola», scrive Pasolini ("Corriere della Sera", 1.2.1975). Chi, da sinistra, ideologicamente, programmaticamente, era attestato sulle illusioni del "progresso" (il fuoco di Prometeo da contrapporsi a Dio), è oggi lacerato dal dubbio. La sinistra diffida adesso persino degli impieghi pacifici dell'energia nucleare. Cioè assume, nei riguardi della modernità, un ruolo frenante, ruolo che è sempre stato tipico del pensiero della destra tradizionale. C'è di più. Si rovesciano le posizioni. La "destra" reaganiana si fa portatrice delle punte più avanzate del progresso tecnologico, fino alle sfide più spettacolari, più spericolate. Vuole strappare agli Dei il segreto dell'energia di cui è fatto il sole. Voglio significare che i ruoli dell'innovazione e della conservazione vengono scambiati. Da destra a sinistra, e viceversa.
La «vera, grande destra italiana», sognata da Pino Romualdi, dove si situa?
Sta con Reagan? Mano libera dunque alla spaventosa dilatazione del potenziale tecnocratico che è nelle mani dell'uomo? O argini, o severi, rigidi correttivi, per cui le lucciole tornino a brillare? Seveso, Bhopal, o le lucciole?
L'energia nucleare, la conquista dello spazio, gli strumenti dell'informatica, i computers sono sulle soglie del 2000 i maggiori attributi del potere. Romualdi deve dirci a quali gerarchie politiche affida questo potere. E con quali regole. Le categorie di destra e di sinistra non lo aiutano a risolvere il dramma di questa domanda. Ha ragione il prof. Antimo Negri: «... i ruoli dipartiti di destra o di sinistra, di conservazione o di rivoluzione, di reazione o di progresso, risultano contemporaneamente in ogni partito che allora, non è mai unicamente sé stesso, ma è sempre, nello stesso tempo, anche l'altro, per lo meno un altro».
E come è possibile, se così stanno le cose, se si è noi e si è altro, mettere ordine, come scrive Romualdi, nel mondo, preda del vittorioso dilagare del comunismo rivoluzionario e criminale, in una Europa, ahimè, ormai svuotata di ogni valore politico e di ogni volontà dalla tragica sconfitta del '45?
Una destra, quindi, quella sognata da Romualdi, unicamente anticomunista? Tutto qui? Ma se è così, è sufficientissima la destra reaganiana, quella del denaro. Basta tuffarcisi dentro e sposare, una ad una, tutte le sue posizioni. E il conto torna. Anche nel Mediterraneo, dove, alla luce di quella scelta, è facile sapere chi sono gli amici e chi i nemici. Un po' più difficile dimostrare dove sta e in che consiste continuare a dire Italia e dirsi Italiani.
Ma se le cose stanno così, Pino Romualdi deve dirci in che consisteva l'originalità dell'Europa sconfitta, quando affermava di essere, al tempo, sì anticomunista ma soprattutto anticonservatrice, in quanto il comunismo aveva potuto concepirsi e svilupparsi proprio in virtù di un'ingiustizia sociale secolare nata dal seno della civiltà del denaro.
Non ha senso una negazione del comunismo che non sia insieme una altrettanto chiara ed esplicita negazione della civiltà neocapitalista.
Romualdi constata: una Europa, un mondo, questo, svuotato di ogni volontà e di ogni valore politico.
D'accordo. Ma i robots reaganiani non sono sufficienti a mettere ordine, nel mondo. Il problema non è quello di battere solo il comunismo, ma è, in primissima linea, quello di abbattere un mondo, una struttura economica e morale che ha reso il comunismo possibile e inevitabile. Perché, altrimenti, caro Pino, che si è combattuto a fare?
 

Giuseppe Niccolai