FRAMMENTI

Dal libro "il crollo dei miti" di Adalberto Baldoni (Settimo Sigillo, 1996) abbiamo "estrapolato" le frasi che "parlano" di Beppe...


 


Il crollo dei miti

Adalberto Baldoni

 

Capitolo I - L'apertura a sinistra
Paragrafo 3 - La rivolta di Genova


[...]
Polemicamente dura sul Congresso di Genova l'opinione di Giuseppe Niccolai: «Ci facemmo sorprendere. In maniera spensierata. Credevamo tutti, andando a Genova, di avere risolto il problema: ci inserivamo; reggevamo già a Roma, da soli, il governo Tambroni. E lo facemmo, dopo avere costituito, pochi mesi prima, in Sicilia, il governo con i comunisti, esserci fatti poi promotori della caduta di quel governo, ed essere ritornati, trionfanti, in grembo di Santa madre Democrazia cristiana. Ce la fecero pagare. Vai a rileggere le nostre giustificazioni di allora. Tutte addebitabili ai cattivi, ai rossi, ai tremebondi DC».
[...]


Capitolo II - Il Sessantotto
Paragrafo 4 - Il Sessantotto vent'anni dopo


[...]
Tra le sparute voci a favore o quasi del Sessantotto troviamo quelle di Pietro Golia, presidente del circolo "Controcorrente" di Napoli, Giulio Conti, già esponente di punta del FUAN di Perugia negli anni Sessanta, e di Giuseppe Niccolai, dirigente missino eletto deputato proprio nel '68.
Secondo Golia «vanno chiariti i termini della partecipazione della destra al '68, purtroppo non compresi a fondo dalla storiografia prevalente. Ci fu senz'altro una destra che avversò la contestazione richiamandosi all'ordine ed alla conservazione dello status quo, ma una parte consistente di giovani condivideva l'ansia di cambiamento, l'aspirazione ad una politica nuova e più trasparente. L'unità del movimento studentesco non fu possibile poiché la destra inciampò nell'anticomunismo e la sinistra nell'antifascismo, in quell'antifascismo in cui, anacronisticamente, inciampa ancor oggi, quando pretende di contestare De Felice. E proprio per questi limiti destra e sinistra non hanno saputo poi costruire una concreta alternativa al sistema in grado di canalizzare la volontà di cambiamento. Queste cose non sono dette senza una verifica. Ad un certo punto i giovani di destra scendono i piazza e credono di rappresentare la vera contestazione. A Napoli c'è un'autoseparazione tra la burocrazia di partito ed i gruppi studenteschi, nascono organizzazioni spontanee come "Università Europea" e "Giovane Europa". Occorre, tra l'altro, rivendicare al mondo di destra l'originalità di certe idee, successivamente condivise da tutti. Noi, dicevamo, USA ed URSS sono due volti della stessa medaglia, capitalismo e comunismo partono dalla stessa visione materialista. Così per il rifiuto della società dei consumi, occhio ed orecchio si sostituiscono al cervello ed al cuore. E questi sono, dopo vent'anni, i motivi ricorrenti di chi vuole porsi in alternativa al sistema».
A giudizio di Giulio Conti c'era voglia di fare qualcosa, di seguire qualcuno. «C'era bisogno di punti di riferimento e la situazione, che era aperta ad un nostro inserimento -come dimostra la positiva esperienza di Perugia dove i nostri universitari occuparono l'università- consentiva se non di gestire il movimento studentesco, certo di condizionarlo».
Per Giuseppe Niccolai il patrimonio giovanile missino andò in fumo nella giornata del 16 marzo 1968. A seguito di quella incursione «per anni la destra giovane sparirà dall'università e dalle scuole della Repubblica. Cioè veniva sconfitta sul terreno che era sempre stato suo e che avrebbe potuto essere sempre suo. Una sconfitta con effetti devastanti [...] Perché, non solo quella scelta di difendere, contro i giovani, governo e sistema, riportava la partitocrazia là dove era stata cacciata, ma riattizzando i vecchi rancori della guerra civile, le vecchie contrapposizioni fascismo-antifascismo, dava avvio, nelle fila della destra giovane, a quella diaspora che doveva portare tanti suoi giovani, o al disimpegno politico, o, ahimé, alla scelta disperata della lotta armata. Dolore, sangue».
[...]
 

Capitolo VI - Pasolini, la sinistra e la destra
Paragrafo 10 - «Ripensare Pasolini... scandalosamente»


È questo il tema di un dibattito che si tiene il 3 dicembre 1988 nella sezione romana del MSI di via Acca Larenzia con la partecipazione di numerosi esponenti del partito. Alla tavola rotonda che esamina la vita, le opere, il significato politico e culturale di Pasolini, oltre all'autore di questo libro partecipano Lodovico Pace, Stefano Fornai, Remo Cioce e Antonio Fede. È la prima volta che Pasolini viene celebrato pubblicamente dalla destra in maniera ufficiale. Il dibattito, organizzato da Pace, responsabile culturale della Federazione romana missina, con l'avallo del segretario provinciale Teodoro Buontempo che è pure consigliere comunale romano, scatena un putiferio all'interno del partito. C'è chi sostiene che parlare di Pasolini, addirittura in un luogo sacro del MSI come la sede di Acca Larenzia, dove esattamente dieci anni prima erano stati assassinati tre militanti della giovane destra, è uno scandalo. C'è chi, come Beppe Niccolai, afferma che era ora che il partito discutesse sui punti di contatto tra il pensiero pasoliniano e la destra. (39)
[...]

(39) «Abbiamo in comune la critica radicale alla società dei consumi -dice Beppe Niccolai ad un giornalista dell'agenzia ADN Kronos che lo intervista sull'avvenimento (2 dicembre 1988)- poi ci piace del demoniaco ed angelico Pasolini l'interpretazione che dà del nostro tempo, come pure l'esaltazione della povertà, soprattutto della povertà contadina, una cultura certamente più povera in termini materiali rispetto a quella odierna, ma di sicuro più ricca di significato e di certezze».
«Inoltre -continua Niccolai- Pasolini comprese anche, prima di tutti gli altri, che destra e sinistra sono definizioni che non hanno più alcun significato e che bisogna oltrepassare».


Capitolo XI - Acca Larenzia
Paragrafo 2 - Nasce lo spontaneismo armato


[...]
Cruda ma reale l'analisi di uno dei più lucidi pensatori di destra, Beppe Niccolai: «Non giustifico affatto la lotta armata, ma essa fu un'esplosione di follia che ha cause lontane. Bisogna andare molto indietro nel tempo, a quando in parecchi, all'interno del MSI, corteggiavano le forze armate, senza comprendere che le stesse erano ormai inserite nel sistema, anzi ne facevano parte integrante. Quando dico forze armate, intendo riferirmi ai vertici, ai servizi segreti, coinvolti fino al collo nelle stragi fin da piazza Fontana. Noi, purtroppo, e non soltanto noi, dato che le forze armate esercitavano un forte richiamo anche per chi stava fuori dal MSI, siamo caduti nei loro tranelli, ci siamo lasciati invischiare nei loro torbidi giochi che, di volta in volta, favorivano solo gli uomini di regime. Piazza Fontana scatenò l'immediata reazione della sinistra, perché gli autori della strage erano da ricercarsi nella destra reazionaria, quella legata agli ambienti militari. Ecco perché nasce come contrapposizione l'antifascismo militante. Le sinistre vedevano in queste stragi un tentativo degli ambienti più conservatori di impadronirsi del potere. Ci accusarono di essere dei golpisti, degli stragisti, di tenere collegamenti occulti con le forze più retrive del Paese. Il MSI era estraneo a tutto ciò, ma noi sbagliammo quando aprimmo le nostre porte ai De Lorenzo, ai Miceli».
[...]


Capitolo XI - Acca Larenzia
Paragrafo 3 - La cultura della morte
 

Dall'eccidio di Acca Larenzia ai primi anni Ottanta, il terrorismo diffuso sembra non debba più arrestarsi. Non passa giorno senza che si verifichino episodi di violenza. È incredibile constatare come, nel breve volgere di qualche anno, dal Sessantotto inneggiante alla vita si sia passati alla cultura della morte.
La radicalizzazione delle posizioni anticomuniste della destra, nonostante i tentativi operati da alcuni dirigenti missini (Pino Rauti, Beppe Niccolai, per citarne qualcuno) e dei rivoluzionari pentiti della sinistra estrema (vedi Giampiero Mughini), porta ad un scontro cruento con i rivali di sempre. Il terrorismo diffuso sembra non debba più arrestarsi. Dal 1979 al 1983, quando cioè le BR sono ormai in ginocchio, soltanto a Roma vengono uccisi cinque giovani militanti missini.
Tre solo nel 1979 e due, il diciassettenne Alberto Giaquinto ed il diciannovenne Stefano Cecchetti, addirittura nella stessa giornata del 10 gennaio.


Adalberto Baldoni