DICONO

da Ffwebmagazine (31 ottobre 2009): :

http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page.asp?VisImg=S&Art=2655&Cat=1&I=immagini/Foto%20L-N/niccolai_int.gif&IdTipo=0&TitoloBlocco=Politica&Codi_Cate_Arti=27

 

 

A vent'anni dalla scomparsa del leader del MSI

Beppe Niccolai, un eretico per ortodossia

Michele De Feudis  

  

«Una Comunità che si è costruita in quaranta anni di sofferenze è la più vicina a capire la sofferenza di chi, per fame, emigra. Gli italiani, la strada della emigrazione per fame, la conoscono. È lastricata dalle loro lacrime miste a sangue. La dedichiamo a coloro che, nella nostra famiglia politica, per agguantare qualche voto in più, si sono scoperti in questi giorni, dopo avere pochi attimi prima sentenziato sulla "sacralità della vita", paladini dell'anti-immigrazione. "L'Italia agli italiani", hanno gridato. Dimenticando che la filosofia di quel grido gli italiani dell'emigrazione selvaggia se la sentirono buttare in viso, contro di loro. Più di cento anni fa. E furono massacrati, fra sofferenze incredibili. È memoria storica, ed è un delitto dimenticarla. Nell'albero di famiglia degli italiani quel "dolore" è incancellabile»: questa citazione di Beppe Niccolai, riportata su un opuscolo militante del Fronte della Gioventù nel 1990, costituisce una testimonianza di quanto profonda nella destra italiana sia la vocazione solidarista e da dove provenga la sensibilità per l'integrazione mostrata dal presidente della Camera Gianfranco Fini con le recenti proposte sull'estensione del diritto di voto.
Ecco, se il dibattito politico di queste settimane registra una progressiva polarizzazione dello scontro, la ricorrenza del ventennale della scomparsa di Niccolai -parlamentare del MSI eretico per ortodossia, già volontario in guerra e poi prigioniero nel Fascists' criminal camp di Hereford, un lager americano nel quale fu recluso insieme a Giuseppe Berto e Alberto Burri- offre l'occasione per riscoprirne l'attualità insieme al suo sogno di ricomporre «le fratture tra le grandi culture del novecento», volano di una modernizzazione dell'Italia. «Nessuno è erede di un'idea, ma nel filone culturale e politico dell'attuale destra dei diritti rappresentata da Gianfranco Fini, con una vocazione unificante e repubblicana, c'è una conseguenzialità con il pensiero di Niccolai»: Umberto Croppi, assessore alla Cultura del comune di Roma è stato uno dei giovani negli anni Ottanta più vicino al leader missino. E la lezione di Beppe Niccolai è una stella cometa per il "Secolo d'Italia" di Flavia Perina e Luciano Lanna. Sullo sfondo resta, come ben spiegato da Gennaro Malgieri in uno scritto di vent'anni fa, la missione indicata dal parlamentare pisano: «Il "bene comune", quale fine della sua concezione della politica».

«Beppe, per noi un modello di integrità e passione, era stato un eretico -racconta Croppi- ma su posizioni almirantiane, mentre io facevo parte dei giovani della Nuova Destra attivi nel partito. Nel 1983 mi scrisse una lettera, ci fu un incontro e da lì si consolidò una comunanza ideale. L'anno prima aveva assistito al convegno che avevamo promosso a Firenze con Marco Tarchi (ai tempi giovane studioso, espulso dal MSI, ma protagonista della corrente delle "Nuove sintesi" - N.d.R.) e il filosofo Massimo Cacciari. Ne apprezzò lo spirito intravedendo la praticabilità di strade oltre la destra e la sinistra. Con il suo carisma e la sua lucidità contribuì a fornirci gli strumenti per dialogare in quegli anni con i primi interlocutori che superavano l'arco costituzionale, come Bettino Craxi». Alle fanfare della retorica e dell'identità, Niccolai replicava ridicolizzando genialmente la nomeklatura del MSI. Nel 1989 raccontò a Francesco Merlo sul "Corriere della Sera" che aveva fatto votare alla Direzione nazionale un documento politico integralmente copiato da una mozione del PCI di qualche mese prima. Una beffa bella e buona per i santoni dell'anticomunismo...

Fu uno dei maggiori divulgatori in quel periodo (insieme a Marcello Veneziani -curò l'edizione de "Lo scrittore italiano" per le Edizioni Ciarrapico- e Giano Accame) dell'opera di Berto Ricci, lo scrittore fascista eretico che era stato un maestro di Indro Montanelli. Scompaginò le vecchie certezze, riabilitando la centralità della libertà attraverso le parole del fondatore de "l'Universale": «Affogare nel ridicolo chi vede nella discussione il diavolo; chi non capisce la funzione dell'eresia; chi confonde unità e uniformità [...] muoversi, saper sbagliare. Sapere interessare il popolo all'intelligenza [...] libertà da conquistare, da guadagnare, da sudare [...] una libertà come valore eterno, incancellabile, fondamentale». Pietrangelo Buttafuoco ne traccia un ritratto solare: «Era un politico fuori moda e anche fuori luogo, per come possa essere immaginato in un ambito di nostalgia. Rispetto ad altri esempi di probità, come Alcide De Gasperi ed Enrico Berlinguer, Niccolai ci aggiungeva il sorriso. Aveva un amore sincero non solo per il luogo istituzionale della politica, lo Stato, ma anche nei confronti del popolo, al punto che definì la tragedia di Piazzale Loreto, "l'ennesimo atto d'amore degli italiani per Mussolini"».

Antidogmatico, immaginava un "partito dialettico" (un modello per il PDL dei nostri giorni), nel quale il dibattito fosse sulle idee e non su banali schemi correntizi. L'abitudine a scompaginare gli schemi predefiniti lo portava a definirsi «più a sinistra di Ingrao», ma senza mai perdere di vista «la prospettiva di modernizzazione nazionale». Peppe Nanni, intellettuale vicino a Gianfranco Fini, considera eredità di Niccolai anche una educazione alla "mistica della politica", paragonando gli interventi del deputato pisano «alle rappresentazioni di Eschilo nei teatri della Grecia antica». Altro che i dialoghi per slogan dei dibattiti nei talk show politici.
 

Michele De Feudis   

è giornalista e scrittore, redattore di "Epolis" e collaboratore di varie testate tra cui il "Secolo d'Italia". Scrive di libri, cinema, politica e calcio per quotidiani nazionali. Ha curato il libro "Tolkien, la Terra di Mezzo e i miti del III millennio", edito da "L'arco e la corte" (Bari).