FRAMMENTI
da
la lettera Beppe Niccolai e la critica del progresso che cancella la comunità
«…. E poi la
"cultura" del progresso illimitato, travolgente, senza legami, senza tradizioni,
senza i ricordi. Che vale oggi la storia di un borgo medievale, nel rispetto di
chi ci ha vissuto, parlato, camminato, prodotto cultura e fiabe per bambini? Che
vale conservare un paesaggio, un fiume, un ruscello? Anche quelli sono valori
della tradizione. L’uomo non è fatto solo per produrre e consumare; l’uomo è
anche pianta, albero-figlio della terra, della sua terra. La città a misura
d’uomo. L’uomo, il rispetto della sua complessa unicità. Beppe Niccolai fu un grande uomo politico, che della storia e della tradizione italiana seppe fare seme fertile per elaborare analisi politiche estremamente lucide e, con il senno di poi, molto avanti rispetto ai suoi tempi. Era un uomo libero, non aveva paura a schierarsi fuori dal coro e dai luoghi comuni di cui era intrisa la politica di allora. Seppe guadagnarsi il rispetto di chi era su posizioni diverse dalle sue, come Leonardo Sciascia che in un’intervista della TV francese ebbe parole di apprezzamento per la sua relazione di minoranza quale componente della commissione parlamentare antimafia. Il brano di cui sopra è di 30 anni fa circa, ma se lo leggiamo alla luce degli accadimenti attuali è evidente quanto le sue parole risultino addirittura profetiche. Viene tratteggiato un mondo, un ambiente, un territorio devastati –penso in modo particolare a quando scrive "Che vale conservare un paesaggio, un fiume, un ruscello?"– e un individuo alienato perché deprivato della sua identità e della sua essenza umana. Mi si perdoni l’accostamento ma a me viene da pensare al tema dell’ecologia. Si potrebbe dire che l’ecologia, intesa nel senso di uno sfruttamento più equo ed equilibrato delle risorse naturali, debba fare rima con la giustizia sociale. Lo sfruttamento rapace e indiscriminato, nel nome del business elevato a nuovo idolo dei giorni nostri, delle risorse della terra si lega in maniera indissolubile alle ingiustizie sociali sempre più macroscopiche.
Quando ero
bambino alcuni di quelle ingiustizie avrebbero detto che gridavano vendetta al
cospetto di Dio. Ma se si parla di ecologia non posso non pensare ad un altro
grande maestro di pensiero e di azione, Rutilio Sermonti, scomparso pochi giorni
fa. Si è giustamente scritto molto di lui; senza fare torto alle molte cose
eccellenti che ho letto il mio spirito romantico mi ha portato a scegliere
questo ritratto. Giovanni Fonghini (1 luglio 2015) |