FRAMMENTI

da "Il Corriere della Sera", 24 maggio 1988 (pag. 2)


 

Sintomo della crisi di identità dei partito anche l'approvazione
di un documento-scherzo copiato dal PCI

MSI: morto Almirante, è subito guerra

 

ROMA - Secondo Giuseppe Niccolai «il camerata Pino Rauti è molto più a sinistra del compagno Giorgio Napolitano». Anzi, il leader dei cosiddetti filo-craxiani del MSI aggiunge che «io stesso, se mi consente, sono più a sinistra dei comunisti, anche di Ingrao». E sentenzia che «il PCI è il più a destra dei partiti italiani» perchè ormai «è diventato il braccio secolare del neo-conservatorismo americano».
Invece, per illustrare il concetto che «la politica è ambiguità» e per dimostrare che «noi missini non sappiamo ne chi siamo né dove andiamo» Niccolai racconta di aver beffato il suo partito. «Ho preso -dice- un documento del Comitato centrale del PCI, ho cambiato qualche parola, ho aggiunto qualche frase e l'ho presentato alla Direzione nazionale del Movimento sociale». E riferisce che il segretario Fini si è alzato in piedi per controfirmare quel documento «che gli piaceva tanto» e poi la direzione l'ha approvato all'unanimità. Dice: «Controlli pure. Legga "l'Unità" del 29 novembre e il "Secolo d'Italia" del 12 febbraio vedrà subito che si tratta dello stesso documento. E guardi che la questione è importante si parla di alternativa democratica, alleanze politiche, lotta ai potentati economici e riforma delle istituzioni». Morale: «È la prova che Giorgio Almirante è stato un grande propagandista ma un pessimo politico». Lascia infatti «un partito senza linea e senza progetto culturale». E Gianfranco Fini, il segretario «che lui ha voluto» non ha neppure «il fiuto e l'istinto» che aveva il suo «garante». Un esempio? «L'intervista rilasciata al "Corriere" in cui attacca il PSI. È mostruoso Ma come, dobbiamo cercare interlocutori o dobbiamo tornare nel ghetto a cantare eja eja…?»

Dunque fuoco sul segretario. Mentre Pino Rauti dice «Preferisco tacere» e «Ho bisogno di riflettere», il suo braccio destro Giulio Maceratini si appella «all'unità del partito», ma aggiunge subito «Il progetto politico di Almirante? Non vorrei mancargli di rispetto proprio adesso». E su Fini: «Per ora dobbiamo pensare a scegliere la linea politica, a confrontare e a discutere».
Insomma, la morte di Almirante più che «cementare», come dice il segretario e come spera l'onorevole «doppiopetto» Franco Servello, dividerà il MSI. «Il sentimento non è una colla che ci può tenere uniti» dice Staiti di Cuddia E precisa «Siamo abituati ad avere capi carismatici ma per il momento dobbiamo trasformarci in laboratorio politico Solo dopo cercheremo i! vero sostituto di Almirante».
Anche Domenico Mennitti parla di «interessi convergenti con il PSI» di «fase di transizione» e conclude dicendo che «no, il vero successore di Almirante il MSI non l'ha trovato ancora».
Cosi, morto Almirante è subito guerra. Gianfranco Fini viene persino definito un «povero orfanello» e gli oppositori annunciano che alla prossima riunione di Direzione il tema da discutere è «l'identità del MSI».
E Niccolai annuncia che sta preparando un convegno con tutti gli intellettuali di «area», quelli che «sono fuggiti in questi anni» gli uomini della Nuova Destra (e fa i nomi di Marco Tarchi. Piero Buscaroli, Giano Accame, Marcello Veneziani, Stenio e Solinas) per rilanciare l'idea di «un socialismo nazionale e popolare» E Armando Plebe? «No, quello è irrecuperabile».
Cosa pensano i giovani, magma incandescente dove pulsa, nonostante le apparenze, il vecchio cuore eversivo e incendiario del MSI? Dice Gianni Alemanno segretario del Fronte della gioventù: «O si fa la linea o ci spacchiamo». Dimostrando cosi quale è stato il capolavoro di Almirante: tener insieme tutti, rivoluzionari e picchiatori, bombaroli e filo-craxiani, ultra-sinistri e perbenisti, nazi-maoisti e thatcheriani.
Che farà Fini? Dice Mennitti: «La maggioranza che gli si è formata attorno e più variegata e composita di tutta l'opposizione messa assieme». Poi aggiunge profetico «È già in fase di disgregazione».