da "Il Corriere della Sera", 24 maggio 1988 (pag. 2)
MSI: morto Almirante, è
subito guerra
Non si possono tagliare del tutto le proprie
radici. Nemmeno quando si ripensa in modo critico le proprie esperienze. Un
intellettuale può evolversi, mutare, ricercare nuove vie e nuove sintesi, ma la
propria identità riaffiora con forza nella vita quotidiana. Il secondo
appuntamento sul rapporto tra cultura e politica, promosso a Roma dalla rivista
"Proposta", ha affrontato il delicato e interessante tema della «diaspora» a
destra: Giano Accame, Gianfranco De Turris,
Giuseppe Niccolai e Marcello
Veneziani hanno analizzato il fenomeno, sia sul piano storico sia su quello
propriamente politico, giungendo alla conclusione che fa parte della natura
dell'intellettuale mantenere un rapporto critico con le strutture del partito.
«Esistono -ha rilevato Accame- delle differenze di tempi nella fase della
elaborazione intellettuale e in quella politica». Gli uomini di cultura cercano
di prevedere gli scenari futuri, intuiscono il nuovo; sono "sfasati" rispetto al
momento nel quale vivono; i politici, invece, debbono giustamente tenere conto
del comune sentire, debbono rappresentare e interpretare il presente.
La tavola rotonda, che aveva come sottotitolo "Idee e strumenti per ricucire una
comunità lacerata", e' stata introdotta e presieduta da Altero Matteoli e
moderata da Umberto Croppi.
Matteoli ha spiegato le finalità dell'iniziativa, ricordando che il primo
incontro, svoltosi anch'esso all'Hotel Jolly di Roma, aveva come obiettivo
quello di focalizzare il rapporto tra intellettuali e partiti ("Al servizio del
Principe? Cultura e politica nell'Italia di oggi").
Il terzo, che si svolgerà il 19 Aprile, ha come tema: "Il partito aperto. Le
nuove aggregazioni politiche possono rappresentare i bisogni e le speranze di
una società frammentata?".
Umberto Croppi ha posto le basi sulle quali si è sviluppato il confronto: perchè
in questi quarant'anni la struttura del MSI non è riuscita a mantenere un
rapporto attivo con il mondo della cultura di destra? Perchè tanti, tantissimi
giovani sono passati per poi allontanarsi, si sono rinchiusi nel privato o hanno
trovato altrove la possibilità di realizzarsi?
«Il difficile rapporto tra intellettuali e partiti riguarda tutti gli ambienti,
non solo l'area di destra», ha risposto Giuseppe Del Ninno. «La diaspora
rappresenta la imprescindibile esigenza di portare in luoghi sempre diversi la
propria identità pur correndo il rischio di perderla». Ma l'intellettuale è di
per sè un uomo «che deve rischiare: deve difendere la propria autonomia per non
vestire la livrea del burocrate».
L'anno-chiave dell'«atrofia culturale» del MSI è stato per Gianfranco De Turris
il 1974. «E non è casuale». Gli anni di piombo costrinsero il partito a guardare
solo al contingente, trascurando la necessità di formare le nuove generazioni.
«Gli anni Ottanta sono vuoti proprio perchè allora non sì preparò alcuno».
Il problema di ricucire un'area lacerata non può essere risolto con la
riaffermazione liturgica del passato, ha osservato Marcello Veneziani. Non può
essere la soluzione dei "madonnari" davanti alle Chiese. Di fronte alla
laicizzazione della politica, che coinvolge tutti dalla DC al PCI, il MSI
dovrebbe rappresentare la controtendenza: suscitare il polo "caldo" della
politica, rappresentare coloro che non si accontentano del nostro tempo, del
tempo come categoria della politica.
Si tratta di puntare al «reincantamento
della politica, a contenuti di carattere metafisico. lo non mi considero un
intellettuale», ha subito precisato Beppe Niccolai, ma un politico «rozzo». E
come tale sottolineo subito come questo dibattito sia stato possibile
organizzarlo partendo dalla rivista "Proposta". Certo, «non è tutto risolto, c'è
da comunicare ancora, senza secondi fini. Noi non chiediamo abbracci, ma non
vogliamo nemmeno anatemi. Auspichiamo il dibattito, lavoriamo per ricucire,
speriamo di farla finita con i ghetti mentali. Vogliamo battere strade nuove per
giungere a sintesi nuove».
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